...spettacoli

DIARIO DI BORDO
Lunedì 7 maggio 2001
La memoria emozionale di spettatori contagiati

E' l’ultimo incontro e avviene dopo “I Polacchi” del teatro delle Albe (www.teatrodellealbe.com), spettacolo che ha entusiasmato, come previsto, i ragazzi. Gran bella botta di vita teatrale qui ad Aosta, grande breccia nel sentimento teatrale alpino sin troppo granitico.

I ragazzi, purtroppo, erano meno dell’altra volta; si è alla fine dell’anno scolastico, le gite... e tutto il resto.Ma il dato più importante è che ho colto dell’amarezza in quei ragazzi che ieri sera si sono persi lo spettacolo.

Chi lo avrebbe mai detto che il teatro sarebbe diventato una “cosa da non perdere”?

La voce girerà e non escludo che alcuni dei ragazzi e delle ragazze (fortemente attratte dai “palottini” più esuberanti) non vengano a Torino a seguire lo spettacolo programmato dal Teatro Stabile al Teatro Erba.

Attivo subito il confronto: voglio farli parlare, fargli tirar fuori le loro visioni, i loro stati d’animo, l’evidenza soggettiva di alcuni dettagli teatrali che si sono portati a casa (nel cuore), nella memoria emozionale di spettatori contagiati.

Su “I polacchi” uno degli spettacoli teatrali più importanti degli ultimi anni c’è molto da dire ma ancor più da tirar fuori. Faccio riferimento al fatto che da anni il Teatro delle Albe promuove con gli studenti di Ravenna la nonscuola una molteplicità di laboratori teatrali che rappresentano una radicale risposta postpedagogica alla scuola istruzionista. E’ da quel bacino di esperienza che arrivano i “palottini”, banda di masnadieri estremi, coattissimi (come avevamo già rilevato qualche anno fa, in una delle prime repliche al Festival di Polverigi. Grandi artefici di un’orgia teatrale che ha fatto dell’”Ubu roi” di Alfred Jarry da cui è tratto lo spettacolo un emblema dell’attacco teatrale al potere.  E’ proprio su una delle scene “topiche” dello spettacolo che si posa l’attenzione. E’ il “decervellamento” che di fatto vince il nostro referendum delle scene madri.

Vai a vedere come hanno “votato” al referendum che ho indetto lì per lì con questo quesito:  “Descrivete il momento dello spettacolo, scena madre o visione  che vi è rimasto più impressa”.

La lotteria ludica del senso teatrale

Un altro esercizio. Diavolo è tempo d’esami... no, che dico, non credo negli esami. E’ solo un esercizio, anzi un gioco, una semplice pratica di rilevamento di quegli sguardi, la memoria e la visione di cui lo spettatore è autore.

Dico infatti se un attore è autore dell’azione teatrale lo spettatore è autore della sua visione. Chiaro, no?

Mi viene in mente di aprire una finestra sulla comparazione, sul confronto con l’altro spettacolo su cui abbiamo basato il nostro laboratorio d’arte dello spettatore in rete.

Domando: Quali solo le due “cose” che avvicinano,ovvero gli aspetti di similitudine che intercorrono tra i due spettacoli, questo de “I polacchi” e l’altro “Acido fenico” di Koreja  di cui abbiamo trattato ampiamente nel diario precedente. E poi, insistendo (anche perchè sono consapevole del fatto che con la fine dell’anno scolastico sarà difficile farli “produrre” fuori di qua...) li invito ad indagare su quali sono gli aspetti (almeno due) che li distanziano, che li rendono diversi.

Gli chiedo di scrivere separatamente (anche se qualcuno fa comunque comunella) perchè è curioso vedere cosa spunta dal “segreto” dello sguardo soggettivo. Gianluca con il suo portatile prepara una tabella, uno schema funzionale per elencare i punti vicini e quelli lontani, in cui  ribatte tutti i fogliettini che arrivano sul tavolo, sembra una riffa, una lotteria ludica del senso teatrale.

Ma non basta gli chiedo anche di dare nome, descrivere, una loro particolare emozione, uno stato d’animo, quel “brividino” (di cui abbiamo ampiamente parlato la volta scorsa) provato durante lo spettacolo. In ogni caso arrivano anche contributi via email come quello di Gilles, che esprime anche  qualche disappunto.

Il referendum delle scene madri

  • Ciò che più ho apprezzato è che il pubblico entrava nello spettacolo, ad esempio quando Mamma Ubu guardava sotto e diceva: “Il nostro popolo sottomesso…” indicando il pubblico. (Fabienne)
  • La scena della battaglia dei polacchi contro l’esercito russo; in particolare la “danza tragica” dei palottini nel coro  (alternarsi di suppliche/ richieste prima di morire…) mi ha colpito molto il ritmo dato alla scena, gli assoli e le richieste tipiche della cultura giovanile contemporanea, e soprattutto l’ironia: “C’è uno spacciatore in sala?…” (wolf)
  • La scena in cui i Palottini pensano a come uccidere il re di Polonia/ La morte (finta) dei Palottini (Marco)
  • Complotto contro il sovrano (Robertino espone in maniera molto diretta la sua idea a riguardo (Sabina)
  • La scena che mi è piaciuta di più è stata quella in platea dove i palottini  proponevano a papà Ubu i vari modi di uccidere l’imperatore. (Stefania)
  • La scena della nave e quella in cui era da decidere il modo in cui uccidere il re. (Loredana)
  • La scena circense degli “assegnino”: lo sguardo dello spettatore non sa dove posarsi, le figurine degli attori, sparpagliati nel teatro, ripetono gesti folli (mi ha fatto pensare a un quadro di Bosch). (Claudio)
  • Mamma Ubu nel confronto con gli altri al momento della cena.
  • Mi è piaciuto il momento in cui i ragazzi erano sdraiati sul palco e si agitavano, dicendo cose senza molto senso.
  • I Palottini che rantolavano ai piedi di papa Ubu a cavallo (Shiftx Box)
  • L’immagine che più mi ha colpito è stata quella in cui il papa Ubu ha ucciso il re di Polonia.
  • La polka – perfetto inserimento della tradizione romagnola nella ricerca (contemporaneità del gruppo). Agnese

Punteggio

  • mamma Ubu – cena  (1)
  • mamma Ubu dall’alto (2)
  • polka – scena degli “assegnino” (2)
  • Salottini rantolanti (3)
  • Morte del re (1)
  • Decervellamento del re (3+1)

La tabella delle comparazioni teatrali tra “Acido Fenico” e “Polacchi”

VICINI

LONTANI

  • violenza
  • contemporaneità (temi attuali… vicini alla quotidianità di tutti noi)
  • musiche (importanza data alla parola nell’uno, uso di una colonna sonora nell’altro)
  • forma narrativa (spettatori nell’uno, magistrati nell’altro)
wolf
  • il concetto in un modo o nell’altro di violenza
  • la presenza in entrambi gli spettacoli di elementi del giorno d’oggi
  • il movimento
  • la musica prendeva un ruolo predominante in “acido fenico” piuttosto che ne “i polacchi”. Le canzoni erano parte integrante dello spettacolo, mentre nel secondo caso è solo una colonna sonora.
fabienne
  • tema della violenza
  • luce fioca tra la nebbia e il telo-schermo inviano al pubblico un senso di immagine in una realtà lontana distaccata come in un sogno
  • si parte da una trama iniziale e si arriva ad una conclusione (i polacchi); in “acido fenico” contrariamente il protagonista e i sud sound sistem narrano una parte della vita di un mafioso e basta.
sabina
  • in acido fenico l’attore si rivolgeva ad una persona immaginaria ma era come se parlasse ad ogni persona del pubblico; nei polacchi i ragazzi erano spesso a contatto con il pubblico per esempio quando chiedevano i biglietti o quando puntavano la pistola e quindi rinforzavano il contatto con il pubblico  
  • entrambi gli spettacoli erano recitati con molto sentimento
  • in acido fenico c’era un monologo accompagnato dai sud sound sistem che facevano da colonna sonora invece nei polacchi c’erano i due attori principali accerchiati dai ragazzi che però avevano un ruolo molto importante
  • in acido fenico viene raccontata una storia già accaduta invece nei polacchi la storia si sviluppa durante lo spettacolo
joa grip
  • tema della violenza
  • ruolo fondamentale della musica
  • coinvolgimento con il pubblico
  • staticità/dinamicità
Loredana
  • il coro          
  • febbrili, nervosi entrambi
  • i vissuti “in gioco” dei protagonisti
  • il concepimento del testo (nei polacchi scritto sui corpi, in acido fenico dal magistrato)
agnese
  • il registro linguistico: nel senso che in entrambi gli spettacoli il linguaggio è quello di tutti i giorni, senza ne censure né ritocchi         
  • due realtà molto attuali: da una parte la storia schietta del camorrista dall’altra la presenza di Palatini che rendeva l’ambiente molto scolastico
  • per i polacchi c’è una presenza femminile essenziale (quella di mamma Ubu) assente nell’altro spettacolo esclusivamente maschile  
  • per i polacchi la storia è una metafora, una “fiaba”; mentre per acido fenico è un racconto “biografia”
Stefania
  • utilizzo dei linguaggi moderni e spesso volgari      
  • presenza di violenza anche se in modo diverso
  • immobile uno, l’altro movimentato     
  • passivo/attivo nei confronti degli spettatori
marco e valerio

Quel brividino.

Dai un nome, descrivi, lo stato d’animo più particolare che hai provato durante lo spettacolo.

  • L’impertinenza (agnese)
  • La disciplina / l’abnegazione dei Palotini e il contrasto rispetto ai miei studenti (wolf)
  • Il modo che adoperavano gli attori per interpretare i fatti mi portava emozioni continue: dal senso del panico al senso dell’umorismo (fabienne)
  • La richiesta della candela verde (il biglietto) da parte dei Palotini al pubblico in modo autoritario e forse provocatorio (sabina)
  • L’emozione più forte non me l’ha data la scena in particolare, bensì il fatto di essere lì seduta e in un certo senso di far parte dello spettacolo stesso sempre in attesa di un colpo di scena (Loredana)
  • Sorpresa (marco)
  • Il fastidio che mi davano i Palotini e che facevano i cani intorno a madre Ubu (shift boy)
  • Il riconoscere in certe battute o in certi sguardi dei Palotini quello con cui mi scontro nel quotidiano mi ha lasciata quasi sconsolata (Stefania)

Il linguaggio portuale e la fine elle ideologie

Partendo dal presupposto che, personalmente, ho trovato la prima parte dello spettacolo leggermente scollegata con il resto della rappresentazione e che non ho compreso la necessità di un linguaggio per così dire a volte un po' "portuale", sento di non aver potuto apprezzare a pieno lo spettacolo.
Sottolineo la genialità del regista per quanto riguarda l'ambientazione
scenica, davvero ben riuscita; il pubblico infatti si sentiva così più "calato" nella rappresentazione. L'immagine principale che mi ha evocato lo spettacolo è quella del dialogo o discussione che si svolgeva sempre tra due singoli personaggi, anche se in scena apparivano spesso molti attori; in questa rappresentazione il presonaggio non si identificava ecessariamente con l'individuo (Papa Ubu), ma molte volte con un gruppo o popolo (i soldati in guerra) che parlano con una "sola voce".
Per quanto riguarda gli attori, penso che i due personaggi principali siano stati nettamente all'altezza della situazione e che tutti e due abbiano una grande espressività. Infine credo che in parte lo spettacolo richiami un po' il tema delle ideologie (che qualcuno sostiene siano morte con la fine dei regimi totalitari) con una insistenzamarcata al comportamento di massa, pienamente evocato dai molti cori presenti nella rappresentazione.

(Gilles)

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