giovedì 8 luglio, sono arrivate le sorprese

Poltiglia di senso con humor
(...) Lo spazio scenico è delimitato da un quadrangolo regolare evidenziato da segni bianchi sul pavimento. Per isotropia, la forma della scena si estende alla platea creando un corpo unico all'azione teatrale. Un tavolo rotondo e sedie con rotelle stile anni Venti per i sei attori-danzatori che, con la millimetrica precisione tipicamente statunitense, orientano persino lo sguardo. Dal testo di uno dei padri del movimento dada scaturiscono le relazioni fantastiche tra i personaggi che programmaticamente perdono la loro stessa definizione di occhio, bocca, parola o sopracciglio. Ruoli sregolati, privi di fissità, secondo i canoni del dadaismo in dialettica opposizione al rigore formale di uno spettacolo confezionato ad arte. Di aristocratica eleganza, in bianco e nero, donne puledro o megafono e autori alle macchine da scrivere producono poltiglia di senso con humour e disinvoltura di passi (talvolta molto complicati) su dialoghi improbabili e incomprensibili detti tra l'inglese e il francese. In programma di sala consiglia di affidarsi al ritmo senza sforzarsi di comprendere le parole. Il risultato è notevole ma soffriamo un po' l'incapacità di ascoltare il non sense di una commedia che si apre con "Clitennestra moglie di un ministro, guardava alla finestra" per chiudersi con l'invito al pubblico di andare a dormire. (...)(maria manganaro, estratto dal Corriere Adriatico del 8 luglio'99)
Dopo aver visto "I polacchi"
E' valsa la pena di vedere "I polacchi" del Teatro delle Albe a dimostrazione che il teatro quando c'è, resta una delle esperienze più incredibili che si possa fare.
Fare il teatro con la pancia, il cuore, la testa implica una percezione del tutto diversa per noi voyeurs che guardiamo inesorabili.
Io spettatrice che ho assistito alla fisicità de "I polacchi" , ho sussultato, goduto, sudato con i palotini. Uno spettacolo che trasuda emozioni (c'erano 35° al Teatro Cinema Italia e gli attori indossavano paletots e colbacchi) che non insegna, ma mostra ciò che il teatro non deve essere: finzione, bella mostra di sé, mera operazione concettuale.
Originalissimo l'uso del dialetto portato ad essere quasi sublime. Soprattutto se ad utilizzarlo è Mandiaye N'Daye che ha fatto propria una tradizione reinterpretandola.
Spero che il coro - massa dei palotini continui a scatenarsi e a scatenare energie perché la loro adrenalina è irresistibile. (agnese molinaro)
Papa Ubu e Signora
Cori, grida, frasi moderne, modi di parlare dei giovani d'oggi, dialetti che tutti riescono a capire, risate che coinvolgono ogni spettatore, luci e una scenografia molto calda, personaggi simpatici che sprizzano allegria soltanto se si guardano, questo è lo spettacolo più simpatico a cui ho assistito. Il gruppo si chiama "I Polacchi" gli attori sono tutti ragazzi di Ravenna. Spettacolo molto divertente, una rappresentazione dove nessuno se la sarebbe data a gambe se non ci fosse stato un caldo soffocante nel piccolo "Cinema Italia". Papa Ubu e Signora, i due personaggi principali dello spettacolo, si sono rivelati secondo me dei veri attori, i quali mi hanno saputo trasmettere la loro voglia di recitare, la loro vita per il teatro. Ci voleva proprio uno spettacolo come questo!!! (alessandra)
Pienone in platea
Una platea piena di persone che ridevano; e si divertivano; che battevano le mani a ritmo di musica; e questo è l'effetto che ha fatto al pubblico lo spettacolo teatrale "I POLACCHI". La scenografia semplicissima, le battute divertenti e tanta musica; lo spettacolo è stato caratterizzato però dall'uso del dialetto. L'interpretazione degli attori (che avevano quasi tutti la mia età) è stata determinante. I ragazzi simpaticissimi che gridavano da una parte all'altra del palco; che a volte dicevano anche parolacce; e l'attrice principale Ermanna Montanari che parlava così veloce che ci ha lasciato tutti a bocca aperta; ha reso così bello, simpatico e giovanile lo spettacolo; che è stato apprezzato da tutti, e si è capito alla fine quando li abbiamo applauditi entusiasti. Questo spettacolo è l'unico che dopo aver visto "KUNG FU-BEST OF" mi è veramente piaciuto e che mi ha entusiasmato. Tantissimi complimenti al regista Marco Martinelli che è riuscito a catturare l'attenzione del pubblico e che è riuscito a farmi rimanere incollata alla sedia; e complimenti a tutti gli attori.. (micaela .c)
Il potere sporca
Mamma Ubu è bianca bianca, papà Ubu nero nero, sono nitidi e forti. L'esercito intona canti ultrà.La guerra è grottesca. "Il mio cuore sanguina per te". (lk-g)
L'ironia
Una storia giocosamente narrata dove il riso invita lo spettatore all'attenzione. I Polacchi congiungono il passato con le sue tradizioni e le sua leggende popolari al moderno presente, e il dialetto romagnolo al gergo giovanile. Questi accostamenti sono mirati a creare un divertente viaggio nella finzione dove l'ironia fa da padrona.(sonja)
Merdrazza
Padre Ubu è laido, ciccione, cattivissimo e ipocrita. Lo sapevamo. Ma ci mancava un Ubu negro. Eccolo con I Polacchi del Teatro delle Albe che da anni lavorano con attori senegalesi. Eccolo così dramatis personae talmente azzeccato da valere di per sé un colpo di teatro. Ubu negro che blatera in romagnolo, merdrazza.
Eccolo in uno spettacolo memorabile, bello perché diretto, come un colpo in faccia.
Viene da dire che vale la pena considerarlo come un evento spartiacque, che segna cioè un punto di svolta determinante nella scena contemporanea, un po' come furono a loro tempo spettacoli come "Cuori Strappati" de La Gaia Scienza o "Rasoi" di Teatri Uniti.
Questo perché da una risposta forte a quella domanda di "teatro popolare" che molti si portano dietro (esausti o ignari dei cicli dell'avanguardia) pensando ciascuno a una cosa diversa. La risposta del geniale Martinelli è proprio nel concepire il "popolare" non come vincolo alle tradizioni ma come energia vitale che l'uso delle lingue minori e dei dialetti esprime. Con il dialetto romagnolo il regista declina quindi anche quello slang giovanile da stadio che i Palottini parlano come linguaggio tribale, talmente carico di toni da non aver bisogno di registri interpretativi.
Quei ragazzi sono veri e fanno per davvero, coatti come pochi. Lanciano slogan lapidari "… devi morire,… devi morire" scanditi come ritmi di guerra. Palottini per davvero.
Emerge quella virtuosa dimensione teatrale diretta di cui parlavo sopra, pop più che popolare viene da dire, un'energia che passa, arriva addosso, che contagia, accalora (caldo su caldo del teatro riovente) ed esalta la risorsa vitale dei giovani e giovanissimi guerrieri teatrali. (kain)

Ubu negro che blatera in romagnolo, merdrazza.

esalta la risorsa vitale dei giovani e giovanissimi guerrieri teatrali

Balli proibiti
Grandi ballerini, quelli di
Quat' Zarts, movimenti eccitanti, che ti fanno sentire il desiderio del corpo, il desiderio dell'altro dalla seduzione reciproca attraverso la danza, attraverso i movimenti delicati, quei movimenti che "istigano" il calore umano ad azioni passionali. Un intreccio di enfasi che scaturisce a noi spettatori dolcezza, una voglia incontrollata, un'esplosione di intimità. Uno spettacolo senza parola, dove il corpo è l'unica via di comunicazione, dove tu ti senti dentro. Valser, è il nome di questa rappresentazione teatrale che attira anima e corpo. (alessandra)
Ballo sensuale
"VALSER" una danza sensuale; il desiderio del corpo; una seduzione gioiosa è questo che hanno interpretato gli attori di questo spettacolo. Lo spettacolo che ieri sera ha fatto innamorare il pubblico di questo ballo. Una scenografia semplicissima; formata solo da pareti di legno e da terriccio sulla scena. I ballerini hanno sedotto il pubblico ballando il valser; il tango ecc… con dei ritmi sfrenati e tanta grinta. Mentre ballavano ci hanno fatto salire l'adrenalina alle stelle e ci hanno emozionato; invogliandoci a imparare a ballare come loro. Catherine Berbessou la coreografa dello spettacolo; e ballerina professionista è riuscita nel suo intento; grazie però anche ai ballerini molto ben preparati. (micaela c.)
Le donne, la terra e altre cose pericolose
C'è un modo di dire aborigeno secondo cui, in una sorta di classificazione, le donne, il fuoco, l'ornitorinco e altre cose pericolose vanno insieme, accomunate. Non so perchè, ma mi viene in mente ripescando nella memoria alcune immagini di quell'intenso spettacolo di Quat'Zarts, insidioso, pericoloso come ogni atto seduttivo.
Le donne ,e gli uomini (quattro su quattro, in un corpo a corpo continuo), danzano, anzi si approcciano in modo animale, si guatano, si rincorrono, si percepisce la loro adrenalina a fiotti quando si scontrano e la loro endorfina quando si accucciano, a terra, abbracciati.
La scena è cosparsa di terra e questo accentua quella dimensione selvaggia che avvolge l'azione pervasa da una sonorità sapiente, tribale (arrivano anche i clamorosi drummings del Burundi). Una colonna sonora che cita costantemente tangos ma li destruttura, li ammala con pattern iterativi, modelli sonori che sanno di trance. E' qui: in questa condizione estatica che è possibile trovare la chiave di questa bella esperienza teatrale, una chiave che trova una sua conferma nella citazione di Jorge Luis Borges sul programma di sala: "il tango esprime direttamente quello che i poeti hanno spesso cercato di dire con le parole: la convinzione che il combattimento può essere una festa". (kain)
Rumori di opificio e terra rossa.
Danzano e si sbattono sui pannelli di legno da magazzino di fabbrica in disuso. I colori della fiumana. Un po' civiltà industriale, un po' archeologia: dal suono del grammofono al dub di una danza tra uomini e sudore. (lk-g)

Brainstorming Su Kung Fu Best of
Uno dei picchi più alti dello spettacolo, tra quelli rilevati dalla "SCATOLA NERA POSSE" (da quattro su sette), è quello del Ragazzo che Ride con Aria Malefica dopo aver raccontato del grave incidente del suo amico.
CARLO: Cè una scelta precisa della regia sui contrasti, su quegli strappi di umore decisivi per intervenire sul nostro nervosismo.
LAURA: Per me invece ci siete cascati: è troppo facile provocare le nostre sensibilità con l'accostamento di una risata ad un handicappato.
DANIELE: Non è vero che ci siamo cascati, perché nella scena era evidente che quello che si è rotto l'osso del collo era un suo amico: ed è proprio per questo che quel cinismo fa incazzare.
CARLO: E' buffo stare qui a parlare come se fossimo di fronte ad un fatto di cronaca. Non è un paradosso che a teatro ci si debba misurare con la vita quotidiana, con i casini di quei ragazzi confessati su una passerella ?
SONIA: Si, ed è proprio per questo che mi piace.
DANIELE: Si, perché ti ci ritrovi dentro anche te.
LAURA: Si, trovo che quel paradosso arte-vita sia interessante perché non vorrei mai vedere qualcosa che non ha niente a che fare con la vita.
Su On ne peut pas...
CARLO: A differenza di "KUNG FU" questo spettacolo del gruppo svizzero ci fa scattare degli stati d'animo completamente diversi. Se nel primo c'è un coinvolgimento nervoso nell'altro ci troviamo di fronte ad una spettacolarità di visione particolarmente congegnata , le immagini prendono forma attraverso la danza, e questo ci invita a lavorare di più con lo sguardo.
DANIELE: Si, però non mi soddisfa la completezza delle immagini, la scenografia non è curata, è vuota, mi sembra uno spettacolo incompleto.
LAURA: E no. Anche nelle cose non finite si può trovare del bello.
SONIA: Certo, quel modo di usare la scena a me è piaciuto proprio perchè era così sporco e così vuoto.
CARLO: Ragazzi, questo è uno dei punti cardine del nostro laboratorio sullo sguardo. E' necessario imparare a vedere anche quello che non c'è: pensate che in fondo la cultura figurativa procede per sottrazione, come nella scultura dove si toglie materia fino a raggiungere la forma. E pensate come negli incompiuti michelangioleschi alle Cappelle Medicee la forma possa essere solo rivelata come potenzialità.
In secoli di esperienza visuale siamo in grado di accettare ormai figure che non devono per forza essere copie del reale. Gli Impressionisti all'inizio del secolo, per non dire poi i Cubisti, iniziarono a destrutturare la visione, esaltando le straordinarie capacità della percezione umana che tende a colmare, a completare, ciò che vede.
Scusatemi, mi sono buttato troppo sul teorico, ma può servirci per procedere in questo nostro lavoro sullo sguardo teatrale.

Scene imprevedibili:La rappresentazione teatrale del "KUNG FU,BEST OF", è quella che tra le altre mi ha colpito di più. La scena del ragazzo che parla del suo amico che ha avuto un incidente ed è rimasto paralizzato; ad un tratto si mette ha ridere malignamente mentre per lo sfondo appare l'immagine del ragazzo paralizzato. Un'altra scena è quella del ragazzo che si faceva "bucare" da due ragazze; dietro di loro una ragazza francese ed una italiana che la traduceva; avevano entrambe delle voci pulite; delicate che mi sono entrate dentro fino all'anima. Come sottofondo una bellissima musica soft. L'ultima scena che mi ha colpita è stata quella del ragazzo che ballava da solo sul palcoscenico; la musica era altissima e l'effetto delle luci era straordinario. (micaela c.)
Brividi piacevolissimi
Grandi stacchi improvvisi, luci forti, musiche tecno che si trasformano in lievi mormorii, ragazze che sfilano come se fossero in passerella, ritmi improvvisi poi il silenzio più assoluto, questo è il "kung fu best of" lo spettacolo più interessante che abbia visto fino ad ora in questo Festival.
Un cast teatrale dove recitano tutti miei coetanei; italiani ,belgi e francesi.
Ci sono stati dei fastidiosi colpi di scena; come il ragazzo che si mette a ridere malignamente dopo aver raccontato della tragedia del suo amico rimasto paralizzato però c'è stato anche un momento dove la voce di una ragazza che cantava una canzone della famosa Withney Houston ha saputo aprirmi il cuore facendomi rimandare con la mente a momenti dolcissimi che avevo già vissuto, dandomi dei brividi piacevolissimi. E' stato uno spettacolo fuori dalle regole e dai canoni di sempre ed è per questo che ha attirato la mia attenzione. (alessandra)