...spettacoli

DIARIO DI BORDO
Mercoledi 14 marzo 2001
Linfa vitale per il teatro

Ci incontriamo ancor prima di vedere il teatro, in una conversazione preliminare per conoscerci e dare il via a questo “laboratorio d’arte dello spettatore”.

Non voglio dare troppe chiavi di lettura sul prossimo spettacolo, “Acido Fenico”, anche perchè lunedi ci ritroveremo e verrà a trovarci  il regista che abbandonerà il montaggio delle scene per rispondere ad alcune nostre domande. Cerco però di fare quello che definisco “dissodare il terreno delle aspettative”, ovvero (rimanendo nella metafora agricola) girare le zolle, girare intorno alle latenti “domande di teatro” che ci si porta dentro. Non tutti ne hanno, ci sono infatti ragazzi totalmente digiuni di teatro. Ma, niente paura, qui non si fa una lezione di cultura teatrale. Anzi, l’aspetto più interessante è renderci conto che il teatro in fondo non sta al suo posto, attraversa la nostra vita, i nostri immaginari, i  nostri archetipi, e principalmente la contemporaneità. Con i ragazzi parliamo così di hip hop, ovvero quella forma musicale che con il suo “recitar cantando” è parte integrante dello spettacolo con la posse salentina del Sud Sound System. Parliamo quindi di come certi linguaggi e certi comportamenti hanno a che fare con il teatro anche più di tanti repertori drammaturgici. Sullo schermo vediamo in videoproiezione gli “sguardi” di altri spettatori raccolti in occasione della rassegna torinese “teatro e impegno civile”, e si apre il discorso su come la rete possa offrire alla condivisione teatrale un’opportunità in più per circolare. Faccio notare come il web possa essere per quei ragazzi che nella scuola si sentono spesso isolati dal mondo esterno e dalle sue complessità un canale privilegiato per coniugare l’idea stessa di educazione con quella di comunicazione. Il dato principale è quello di agire attraverso la scrittura, scrivere per comunicare, trasmettere senso, pensiero, attivando quel feedback che è linfa vitale per il teatro. Vediamo insieme alcune schermate del diario di bordo on line realizzato con i ragazzi delle scuole veneziane alla Biennale Teatro e quello realizzato per il Cantiere Orlando del Teatro delle Albe. E si riesce ad intuire cosa possa significare quel concetto che sostengo con ostinazione: attivare comunità d’apprendimento on line. Ci lasciamo e li invito a scrivere delle prime note su quella latente domanda di teatro che alcuni si portano dentro o su cosa li incuriosisce del rapporto possibile con l’hip hop. Amsey (io stesso  ho chiesto di firmarsi con pseudonimi, se volevano) tira in ballo gli hooligans e i rave, mentre Stefania confessa che la sua domanda di teatro coincide con la voglia di farlo e Claudio, il professore che ha reso possibile questa esperienza, fa un’analisi illuminante sul desiderio di sorpresa teatrale. (carlo)

La sensazione che brucia

Sono stata  all’ incontro sul teatro allo Scientifico di Aosta. Ci hai chiesto due e-mail, per ora te ne invio una, contenente ciò che io (spettatrice) mi domando dal teatro.

Ci hai consigliato di darci la risposta pensando a cosa ci suscita una rappresentazione teatrale,…

Be’ io è da quando sono piccola che seguo spettacoli (cabaret, commedie, balletti, operette…) e da ormai più di tre anni tutte le volte che mi trovo spettatrice mi rendo conto di stare dalla parte sbagliata. Forse è per questo che seguo sempre di più gli spettacoli e gli incontri a essi connessi.

E’  una “sensazione” che mi brucia e non sapendo bene come orientarmi cerco almeno di seguire dalla parte “sbagliata ma neanche troppo”  il teatro.

Non so quanto mi posso essere spiegata, comunque credo che la mia domanda al teatro è di poterlo fare. (Stefania)

La meraviglia e le differenze anestetizzate

Che mi aspetto dal teatro?
Mi aspetto che mi sorprenda (me lo aspetto, a dire il vero, anche da un libro, da un film, da un quadro o dalla musica). In generale, preferisco essere sorpreso che essere rassicurato (se dovessi quantificare, la proporzione ideale per me spettatore/lettore/ascoltatore è di 70 % di sorpresa contro 30 % di rassicurante prevedibilità). E a teatro, prediligo i tentativi di mescolare, di contaminare forme espressive diverse, o toni diversi: la danza che è anche parola, la musica che è anche gesto, il tragico che è anche comico (consapevole), e viceversa; in un certo senso, trovo che la combinazione di questi elementi eterogenei risulti alla fine comunque superiore alla semplice somma, produca qualcosa di più, nasconda altro.
Amo perciò quel tipo di danza che combina l'accademia con la break-dance con le arti marziali, la musica in cui la colonna sonora per cartone animato fa i conti con Boulez o con il rock rumoristico. A teatro è lo stesso. Per questo la rassegna "Lo scenario sensibile" mi ha da subito (e quasi sempre)
coinvolto. Va bene contaminare, ma - come dire - mi rendo conto che amare le commistioni oggi fa un po' troppo trendista in leggero ritardo. In realtà detesto quel mettere insieme per conciliare il tutto, anestetizzando le differenze, quella specie di volemose bene estetico che inquina ad esempio
la world music. Preferisco le botte agli abbracci, i conflitti alle riconciliazioni (solo in arte, beninteso, solo in arte): per rifarmi alla musica, preferisco Zorn a Laswell (d'accordo, anche Zorn è alquanto trendy).
A teatro detesto:
* le rappresentazioni filologiche (di quella filologia posticcia che costringe a sorbirsi le tirate dei classici come se si assistesse a una messa di anniversario);
* le scenografie fatte solo di tre sedie: che ci vuole a tirar su un fondale, a inventarsi un particolare che dia un senso a tutto il resto, a studiare una combinazione di luci e di colori? Per che paga il biglietto, le tre sedie sono troppo poco, a meno che non si trasformino, a metà spettacolo, in tre automobili, o navi, o personaggi, o catafalchi, o altro;
* il pubblico degli abbonati (di cui, per la verità, faccio spesso parte), soprattutto quell'esemplare particolare di spettatore che commenta ad alta voce certe presunte audacie della realizzazione come se fossero un'offesa alla sua personale concezione di cultura ("Amleto donna?" "Si è mai visto?"
"Le Baccanti nude, ma nude davvero?" "E Sofocle, che direbbe?");
* essere fisicamente coinvolto nello spettacolo: quando gli attori scendono dal palco e si aggirano tra il pubblico in cerca di vittime, io ho voglia di scappare.
A teatro amo:
* gli spettacoli brevi, concentrati, senza intervalli che distraggono e intorpidiscono;
* l'ironia, che però sia di genere poco definibile, non ben afferrabile, ambiguo - un'ironia troppo scoperta limita, deprime, puzza di spettacolino televisivo, e mi fa sentire trattato da spettatore poco intelligente e bisognoso perciò di aiuto;
* i bei teatri, puliti, spaziosi come cattedrali, ma anche quelli piccoli e raccolti, purché comodi, acusticamente studiati;
* il movimento in scena, una certa dose di atletismo e di versatilità;
* gli spettacoli che fanno pensare (ripensare è meglio ancora) senza averne l'aria, che si fanno guardare con piacere e su cui, dopo, si può trovare qualcosa da dire;
* e, come dicevo, quel 70 % di "meraviglia" che forse fa un po' barocco (marinista) ma che per me è fondamentale. (Claudio)

Gli attori tromboni nelle insulse trasmissioni

Le scrivo per rispondere alla sua richiesta a proposito della nostra domanda di teatro: devo dirle che effettivamente non conosco il teatro personalmente, il mio sguardo non è quasi mai stato partecipe di una rappresentazione. Quel poco di teatro che ho conosciuto paradossalmente l’ho incontrato in televisione: gli attori ‘tromboni’ ospiti di insulse trasmissioni, l’imitazione di Carmelo Bene a Mai dire Gol, ecc…rappresentano (insieme a qualche lettura, da Shakespeare a Baricco ) l’unica mia esperienza di teatro, un’esperienza pressocché nulla; mi aspetto molto però dalla rappresentazione di lunedì. Il lavoro di Acido Fenico mi incuriosisce, spero che mi stupisca come piace al Prof. Morandini. (uddì - shiftyboy)

Hooligans,rave e hip hop

La mia domanda di teatro: Conoscerlo, il nuovo teatro.

Linguaggio della violenza? Conosco gli  Hooligans e i rave ma me li hanno sempre fatti notare in modo negativo.

Hip Hop, reggae, ragamuffin: Conosco il nome di questi generi ma di fatto non sconosco bene il tipo di musicalità. Mi interessa questa iniziativa (Amsey)

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