PRIMAVERA DEI TEATRI 2mila1
Laboratorio d'arte dello spettatore in rete
diario 170601

     
     
     
 
     
     
   


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Ultimo giorno, ultimo pranzo rituale sul Pollino, ultimi fuochi di Primavera dei Teatri.

E fughe. La "caienna posse" (quelli della sala macchine del festival) si disperde. E le scritture anche, ma qualcosa arriva, e arriverà via email.

Qui si tratta delle due narrazioni teatrali di segno diverso e dell’Amleto campale di una bella tribù teatrale cosentina. E alla fine di tutto, dopo le nominations raccolte durante l’ultima cena: i premi.

PROGRAMMA

L’ultimo diario della caienna posse
Gli ultimi giorni è andata meglio, si rischiava l’ammutinamento: troppo caldo. Ma poi è arrivata, finalmente, l’aria condizionata nella sala macchine (computer) del festival. Ci siamo redenti dal caldo infernale, è per questo che ci siamo chiamati "caienna posse".
Così per gioco. Come un gioco è stato, e voleva essere, questo nostro laboratorio d’arte dello spettatore in rete.
Abbiamo espresso qualcosa che non va certo nella direzione delle analisi critiche degli spettacoli, anche se ogni tanto è scappata qualcosa che sembra una recensione, scusate, non era negli intenti. A fare quel lavoro di stampo giornalistico o propriamente analitico sono invece i critici, con cui questa pratica dello "spettatore attivo" intende inventare forme d’interazione. Vedremo.
Bisogna inventarci qualcosa. Qualcuno ha interagito ma in fondo crede poco a questa pratica espansa di scrittura emozionale, in cui emergono diverse contraddizioni e senza dubbio dei "rumori". Ma crediamo che sia opportuno selezionare le informazioni dopo e non prima, per pregiudizio.
Crediamo che sia invece necessario per un ecosistema teatrale creare condizioni di partecipazione dinamica, allargando e qualificando la base dell’accesso, procedendo però per molecole (uno studente, un’insegnante, un’organizzatrice,...) che possano poi coinvolgere altre molecole simili a loro, dopo aver vissuto un’esperienza, magari positiva. Procedere per connettività, per contagio. Come quello che sarebbe virtuoso attivare portando l’esperienza di Giovanni, 14 anni, il più giovane della caienna posse, dentro la sua scuola presentando l’esperienza di questo diario di bordo on line. Ecco, solo il fatto di dimostrare ai ragazzi che tra internet e teatro possa esistere un’interazione va considerata come un’opportunità da interpretare.
In questo diario emergono così gli sguardi soggettivi delle diverse "molecole" di società teatrale che ha vissuto questa esperienza, amplificandola nel web, costruendo la memoria in progress di un festival che forse proprio a partire da questi elementi (l’invenzione di forme di partecipazione attiva degli spettatori, a partire dai più giovani) potrà rilanciarsi nel futuro. (carlo)

Le pratiche del narrare
Ecco , questo, sarebbe stato un buon titolo per un argomento da lanciare nel forum.
E’ curioso rilevare le diverse forme di narrazione che vengono attivate a teatro e in particolar modo in questa rassegna che trova nelle diverse pratiche del narrare una delle sue chiavi di volta.
In quest’ultima giornata ne abbiamo almeno due. Una è quella del Tib Teatro, agile e abile nel ripescare le modalità del "cunto" siciliano, evocando le gesta dell’Orlando furioso con tono più comivo che epico.
L’altra è quella di Stefano Angelucci, giovane maestro della via abruzzese al teatro di narrazione, che si cuce addosso il personaggio dell’emigrato ma che ad un tratto riesce, cambiando radicalmente registro, a sprofondare ( e noi con lui) in una surreale metamorfosi uomo-donna che è difficile spiegarsi. Una situazione simile a quella del film "La moglie del soldato", ricordate? Bravo, proprio per il radicale cambio di registro. E poi, bravo per aver inverato uno stile interpretativo che ancora non avevo visto fuori del corpo di Eugenio Allegri, con quei passettini e l’aria svagata. (carlo)

Gli uomini preferivano le bionde?
Perchèl' "Hruodlandus" del Tib Teatro non è presentato con la stessa cura di opere meno meritevoli? Ai posteri, forse... oppure allo staff di Sav&Dar la risposta. Con un buon ritmo di scorrimento, all'arte dei cantastorie si sono aggiunte un gran senso di scena, capacità gestuale, il narrare fluido eppur vario tenendo sempre presente il poema, le corti, i cristiani e i musulmani contrapposti ma accumunati dall'amore, questo sentimento irrazionale che, seppur ricorrendo alla magia, fa innamorare dei cinghiali di passaggio o delle bellissime figlie (bionde..!) del re del Katai-  pure all'epoca dell'Ariosto gli uomini preferivano le bionde? -. Come dicevo a Carlo ieri sera, il teatro deve "anche" raccontare storie, che possibilmente incantino. Il resto è noia. (ginestra)

L’amleto posse
Bella coralità e di conseguenza buona regia di contrappunti (di maximilian mazzotta), per uno spettacolo che dimostra come si può valorizzare l’energia desiderante di chi vuole giocare il teatro come presa di possesso dello spazio. Il fatto di misurarsi con Shakespeare può a qualcuno apparire come il tentativo di revisionare gli esercizi di stile drammaturgico delle tante consuetudini che l’irruenza giovanile vuole scompaginare.
Io invece vi trovo quel principio "barbaro" che in fondo la compagnia dello stesso Shakespeare esprimeva al suo tempo. Aggredire lo spazio fisico e mentale, conquistarlo con energia, in un mondo in cui non esisteva non solo la televisione ma neanche la letteratura (il 95% della popolazione, forse più, non leggeva) per creare visioni e narrazioni.
Oggi l’Amleto posse cosentino con la sua freschezza riattiva quel principio, e bene. (carlo)

In scena per com’è?
La prima parte de "La roccia", con i suoi riferimenti all'emigrazione, ha tenuto desta l'attenzione degli spettatori. Poi, con il dipanarsi della matassa, i fili sono risultati assai ingarbugliati: si voleva dire troppo, il tempo si è allungato quasi a dismisura, la tensione è caduta e anche il colpo di scena finale ha appesantito l'equilibrio e la tenuta del lavoro: dalla realtà all'irrealtà, senza legami. Il freddo mi ha impedito, come a molti altri che alla spicciolata abbandonavano le postazioni, di assistere fino in fondo alla rappresentazione dell'"Amleto". Ma se il buongiorno si vede dal mattino- ah, la saggezza dei popoli! -, credo di non aver perso troppo. Ci vuol altro che corse e scale e assi di legno, per "rivedere" un classico! Nel dubbio, per favore, astenetevi, e mettetelo in scena per com'è! (ginestra)

 

Appunti di un viandante di passaggio al festival
Attento alle nuove generazioni che si affacciano sui palcoscenici italiani, dichiarando una precisa predilezione per la "nuova drammaturgia", sottolineando la sua vocazione di "cantiere creativo delle giovani formazioni" Primavera dei Teatri alla sua terza edizione richiama attori, registi, musicisti, ballerini, studiosi di teatro e ne mette a confronto le differenti poetiche. Per dibattiti, incontri e laboratori con gruppi di giovani entusiasti. Progetto promosso dal Ministero per le Attività Culturali, finanziato dall'ETI e dal Comune di Castrovillari, organizzato da Scena Verticale. Nello splendido chiostro del restaurato Protoconvento Francescano, sul palcoscenico del teatro Sybaris, nelle suggestive piazzette di Civita e di Frascineto, piccoli centri della provincia, il teatro dell'ultima generazione dilaga e diverte, incuriosisce e appassiona. Una quindicina di spettacoli, con le suggestioni di Domenico Castaldo per le sue Argonautiche, coi brandelli di verità ed i ricordi appassionati ed ironici di una Calabria scomparsa proposti da Saverio La Ruina e Dario De Luca, autori e protagonisti de La stanza della memoria. Passando per le complesse architetture di Heiner Muller nel Quartet che Carlo Cerciello firma per Vesuvioteatro, affidando ad Imma Villa e Paolo Coletta il complesso e sensuale gioco di scambi e confusioni, il pubblico incontrerà il divertito gioco di Rosaspina Teatro nell'ironia ottocentesca de L'Aida, ovvero tragicomiche Egitto-Padane, una sarabanda d'attori-clown per un melodramma casereccio. Fino al tragicomico Trinciapollo giallo con divertiti brividi psicologici scritto e diretto da Fausto Paravidino. Dal mattino a notte inoltrata, per la delizia di un pubblico "da conquistare al teatro". (giulio baffi)