PRIMAVERA DEI TEATRI 2mila1
Laboratorio d'arte dello spettatore in rete
diario 130601
     
     
     
 
     
     
   


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E’ il giorno di Castaldo e i suoi argonauti, e del Caravaggio del Piccolo Parallelo.

S’apre la fase 2 del nostro laboratorio sullo sguardo: inizia la danza delle parole chiave rilevate nella rassegna. Dopo una dura e ludica selezione 3 di quelle vanno sul forum.

PROGRAMMA

Gli atleti del cuore
L’argonautiche ci mostra lo spettacolo che esalta l’idea di un attore-macchina da guerra: inesorabile dispositivo di visualizzazione creativa con pochissimi elementi, luci niente, men che meno musiche. Solo il corpo.
Ricordo qualche anno fa Domenico Castaldo con un suo Tamerlano: non è un buon ricordo.
Ricordo un attore di grandissima energia, spesa senza risparmio, imposta come un dato incontrovertibile. Troppa bravura, o meglio troppo volume d’energia fisica, sbattuta in faccia in troppo poco spazio. Ricordo che rimasi irritato e in un incontro con lui fui anche aggressivo (ma alla fine feci autocritica, non so lui…).
Lo ritrovo in scena ora, finalmente. E’ ancora più bravo e con lui ci sono degli ottimi compagni di strada-argonauti di un’avventura teatrale che cresce a vista d’occhio.
La qualità ora è nella misura che ha raggiunto, coniugando la fisicità dichiarata ad un metodo di composizione preciso che trova nelle pratiche dell’Odin Teatret il riferimento forte. Opera sul rimo dei corpi che interagiscono serrati, in una molteplicità di micro-controscene che non fanno mai "cadere la palla". L’azione è inanellata in una scansione sincopata, sorretta dai suoni dei corpi e delle voci che concertano suoni e rumori di scena.
Notevole. Ma mi rendo conto che non entro fino in fondo, non scatta quell’empatia a cui ambisco. Riemerge quello sguardo distaccato che vivevo nei confronti di tanto Terzo Teatro e dell’Odin Teatret stesso (una delle poche eccezioni fu il lavoro, intenso e autobiografico, di Cesar Brie). Massimo rispetto per un lavoro dell’attore di straordinaria qualità ma c’è un’eco retorica (certe posture, certe impostazioni vocali, degli stilemi…) ma è come se rimanessi alla finestra e delle loro "Argonautiche" mi rimane più che altro un certa "maschera" marziale (da "atleti del cuore" artaudiani) che si pone tra quello soggettivo dell’attore e quello "oggettivo" del personaggio. (carlo)

Al di qua delle Colonne d’Ercole
Impianto scenico inesistente, sala 14 affollata e afosa, gli Argonauti alla guida del giovane e intraprendente Giasone partono alla ricerca del vello d’oro. Peripezie, tempeste, mostri incontrati e sconfitti, sconforto e amore questo è quello che incontrano navigando sul mare al di qua delle Colonne d’Ercole, che solo Ulisse osò superar. Gli attori usano la voce e i canti come elementi fondamentali della rappresentazione che ci offrono la possibilità di diventare anche noi viaggiatori in cerca di qualcosa, di un elemento qualunque che ci permetta di superare la paura dell’ignoto. La danza fuoriesce dalla scarna scena e per incanto ci ritroviamo anche noi alla fine del viaggio, al ritorno a casa. La mitologia greca, suggerisce Don Manuzzolo, racconta che Medea venne scacciata e i suoi due figli scaraventati dalla rupe. Francamente a noi questo ci interessa poco, ormai il viaggio si è concluso e gli applausi sommergono i cinque argonauti. (michele)

Come in un cartone animato
Stanza vuota, solo i nostri posti a sedere: quello spazio ci invita a rimanere, qualcosa sta per succedere, ma lui non ci anticipa nulla. Un’unica indicazione: la scena sente l’urgenza di prender vita; neanche un oggetto la rende determinabile all’occhio dello spettatore.
Entrano dalla porta gli attori che chirurgicamente iniziano ad operare sullo spazio, lo mettono in vita, lo fanno palpitare, visitandolo nelle sue varie parti e forme. Lo mettono in vita e lo mantengono in vita alimentandolo di chiaroscuri vocali, fisici, spaziali. Aiutati da poveri e "magici" oggetti (grucce e stampelle in legno) fanno esplodere il livello creativo dell’immaginazione. Grida che nascono come echi lontani, cinguettio di uccelli, rumore di acqua che sgorga da una fontanella, suoni intimi che si accoppiano formando litanie quasi rituali, ancestrali, che delicatamente ti sollevano trasportandoti nella soffice fluidità del suono. Corpi che si muovono con una dinamica corale, che li allontana dal "personaggio"prediligendo un "accento" di personaggio, fatto di vibrazioni vocali, di giochi del bacino, di movimenti serpeggianti del tronco. Parlando Caterina ha detto che aveva avuto l’impressione di vedere un cartone animato. E’ vero, le do ragione; e poi…a me piacciono i cartoni animati! Peccato solo che non c’era la mia piccola Gaia…(paola)

Corpi che producono suoni
Il viaggio incomincia... si parte. Riconosci subito da dove, lo vedi da che porto si muove la nave. Attori tecnicamente perfetti, ma che hanno perso l’anima. Corpi sudati, concentrazione che diventa distacco di occhi. Imponente ma freddo, lo spettacolo "Le Argonautiche" di Domenico Castaldo allievo di Grotowskij. Fatica, impegno, movimenti precisi che riproducono navi, isole, dialoghi, approdi. La potenza l’ascolti è vero, come dice Dario, "I corpi producono suoni ininterrottamente" le poche sospensioni di silenzio creano quasi fastidio. Ogni pezzo di corpo diventa una cassa per far emergere suoni. E’ fatto da uomini il viaggio, ma ciò che cattura è la precisione di attori divenuti macchine per la scena. Si resta inchiodati a guardare, ma poche volte senti così chiaramente il distacco tra ciò che avviene e quello che sei, anche quando ti diverti come se guardassi un fumetto, è sottile l’ironia che accompagna tutto il lavoro. Non ci sono eroi, i personaggi sono fragili uomini, costretti a portare a termine l’impresa, ma che più volentieri si perderebbero o tornerebbero a casa. Puoi parlare per ore dello spettacolo, ma una cosa, ad un certo punto, devi dirla "Porca miseria che Bravi". (marialuigia)

L’uomo al limite della deriva
Caravaggio, uomo al limite della deriva. Gianmarco Zappalaglio per la regia di Enzo G. Cecchi di Piccolo Parallelo, ci mostra la sofferenza di un uomo che ha scandalizzato il suo tempo perché, per primo, ha reso i Santi uomini immersi nelle brutalità.Gli uomini delle bettole, le donne "baldracche" diventano Santi, Madonna , lo stesso Cristo. Questa la supplica dello spettacolo; tra chiaro — scuro, rossi drappeggi, un attore/Caravaggio, costruisce/mostra quadri forti di dramma. Inseguito da madrigali, un uomo chiede al suo Dio di accompagnarlo nelle sofferenze, nel puzzolente squallore e trasforma questo in colore.In alcuni momenti è un movimento di mani, in altri un corpo contorto e rivedi in scena ciò che il pittore ci ha lasciato su tela. Forse lo spettacolo si perde in troppi particolari biografici a volte non necessari. (marialuigia)

L’uscita dal tunnel
I colori del sangue nelle tende di velluto raccolte negligentemente. Le luci che rendono livido il volto, colmano di nero ovattato il palcoscenico. L'ultima scena, col Caravaggio morente, richiama i toni crepuscolari tanto amati dallo sfortunato pittore.
Roboante la musica; il canto eccelso apre e chiude il monologo che a tratti raggiunge alte vette di drammaticità, a volte scende sconfinando nel piatto riscontro di eventi terribili ma già noti ai più. La morte come liberazione da una vita divenuta incubo, l'uscita dal tunnel verso la luce. (ginestra)

La parte malata della società
Nel pomeriggio summit con Carlo, Claudio e gli altri, argomento di discussione, tre temi da individuare per aprire dei forum on line, tante le proposte e molto ardua la scelta. "Teatro e Alterità", "Il Teatro da Mangiare", "Teatro e realtà virtuale" ognuno perora la propria causa, a denti stretti e con valide argomentazioni. Alla fine escono tre titoli: "Il rito della condivisione"; "Corto circuito teatro - vita"; "Il suono come drammaturgia". Poi andiamo a fare il nostro rapporto quotidiano sul diario di bordo sugli spettacoli visti il giorno prima. In serata con Max, Edoardo, Clint andiamo a vedere lo spettacolo "Caravaggio...i furori" dei Piccolo Parallelo con GianMarco Zappalaglio, premio vetrine E.T.I. 1996. La vicenda ha inizio quando il grande Michelangelo Merisi detto Caravaggio fu costretto a rifugiarsi presso i suoi protettori napoletani, in attesa di ritornare a Roma, dopo aver ucciso incidentalmente Ranuccio Tommasoni. La narrazione ci riporta le fasi salienti della vita dell’artista con un monologo intenso, di grande impatto emotivo, accompagnato dalle musiche di Emilio De Cavalieri e dai madrigali di Lassus e Arcadelt, con l’apoteosi finale dei Talking Haeds. Sulla scena il rosso è imperante, i tagli di luce seguono sapientemente l’azione scenica, ogni posa di GianMarco Zappalaglio è a suo modo un ritratto "caravaggesco", che fa riemergere dalle nebbie del passato da un lato la grandezza dell’artista e dall’altro la triste condizione di un uomo che si considerava una parte malata della società da eliminare. Naturalmente tutto questo Eduardo e Clint non lo hanno visto. (michele & mimmo)

Cosa ho fatto per meritare questo?
Già nei giorni scorsi spesso nelle nostre riunioni ci eravamo trovati imbrigliati nelle diverse visioni riguardo ad alcuni argomenti. Il teatro è finzione? Arte e vita nel teatro, Il teatro è preghiera, Teatro come necessità……..
Posizioni diverse hanno animato la discussione, a volte anche con toni accesi.Ma il senso sta proprio in questo., alimentare i temi di dibattito.
Carlo ci invita a formulare e individuare cinque parole chiave o cinque temi che secondo noi sono emersi nei giorni del festival con più forza o di cui più semplicemente ci piacerebbe parlare e confrontarci.
Il caldo pomeriggio è impegnato nella ricerca degli argomenti del forum. Io ,Paola e Marialuigia ci spostiamo nel chiostro in cerca di un angolo silenzioso dove poterci concentrare. L’appuntamento con gli altri è alle 18.00. I primi argomenti escono velocemente dalla mia testa , al quarto mi blocco, , mi alzo,cammino per il chiostro,fumo , chiedo a Carlo: Ma devono essere per forza cinque?
Risponde inesorabilmente di si. Mi risiedo e inizio a buttare giù un po’ di cose,ma nessuna mi soddisfa.Intanto inizia a ronzarmi nella testa un interrogativo…… Ma cosa ho fatto per meritare questo? Decido di inserirla ironicamente negli argomenti di discussione. Finalmente dopo un po’ arriva anche l’ultima frase chiave.
E’ giunta l’ora di incontrarsi con gli altri. Prepariamo il tavolo attorno al quale ognuno di noi si siede. Carlo con sguardo divertito presiede l’incontro. Non sono arrivati tutti i partecipanti , ma iniziamo lo stesso. Di tutti i titoli che ognuno di noi ha scritto ne verranno scelti tre che formeranno il forum. E qui arriva il bello!
A rotazione si leggono i titoli che Marialuigia trascrive su un foglio. Emergono subito alcuni temi comuni e altri che ci sembrano interessanti. Intanto arrivano anche gli altri e si rimette in campo il tutto. I punti di maggior forza sono tre sui quali non tutti siamo d’accordo . Il teatro come preghiera, sostenuto fortemente da Marialuigia, nel quale possono confluire anche altri temi , come il teatro delle alterità , delle necessità. Si apre una discussione accesa sul termine preghiera, a molti di noi non piace , non da il senso di cui vogliamo discutere. Carlo a questo punto propone come alternativa il termine condivisione che convince tutti. IL primo topic è approvato.
Si passa al secondo argomento . Nel festival abbiamo assistito a diversi spettacoli dove la musica ha avuto un ruolo importante. Esempio lampante è Roccu u sturtu dei Kripton dove le musiche originali sono eseguite dal vivo dal gruppo Il parto delle nuvole pesanti. Ma è il caso anche del teatro delle Ariette, di Teatro Aperto dove tutti abbiamo notato il ruolo narrativo dei pezzi inseriti. Inoltre Carlo sottolinea come è importante avvicinare le nuove generazioni al teatro attraverso l’elemento musicale.Operazione a volte furba, ma non necessariamente intesa in questo senso. Anche questa volta si inizia ad infuocare la discussione sui termini più efficaci da adottare. Musica e teatro è il tema. Si propone il suono come drammaturgia , il suono che fa scena , il suono che fa teatro. Si passa alle votazioni dove gli accaniti sostenitori del ruolo drammaturgico della musica hanno la maggiore.
L’ultimo punto di discussione è riguardo ad un tema che ci ha profondamente colpiti in questi giorni e che è prepotentemente emerso dopo essere stati ospiti dello spettacolo proposto dalle Ariette , Teatro da mangiare?Si tratta del binomio arte- vita.Nei giorni scorsi molti di noi anno esposto il proprio punto di vista riguardo all’argomento. Paola propone come titolo La vita nel teatro, si rianima la discussione riguardo all’ambiguità che può generare quest’affermazione.si propongono altre possibilità , Checca e Giusy suggeriscono Teatro di vita, Carlo all’improvviso esce fuori con un termine che troviamo efficace, Cortocircuito teatro vita. Io mi associo convinta a questa possibilità ma si crea nuovamente un clima di polemica ,molti lo trovano eccessivo. Si ripassa alle votazioni, vince l’ultima possibilità , quella indicata da Carlo. Finalmente ce l’abbiamo fatta.
Un po’ stanchi ci alziamo… Intanto ripenso , ma cosa ho fatto per meritare questo?( ivana)

Ho sentito il rumoreggiare del mare
Caldo soffocante, assenza totale di scene. Attrezzi multiuso: stampelle e appendini diventano remi, lance, spade, fiori. Torna l'assenza/presenza come immagine.
Suoni per musica che evocano spiagge lontane, antichi villaggi persi nell'azzurro oceano dei primordi.
Figure a un tempo maschili e femminili, intercambiabili, mobili, in divenire continuo, incessante. Personaggi che rotolano con gli attori sull'impiantito, si capovolgono e si raddrizzano, si rincorrono, onde sulla battigia/platea fatta dagli spettatori estatici.(In antitesi al teatro degli orpelli). Dire che mi è piaciuto, mi ha emozionato, mi ha avvinto con le sue trame cangianti, è dir poco.
Riconosco d'essere stata trascinata sulla nave degli Argonauti e di aver combattuto per la conquista del Vello d'oro da una conchiglia opalescente di madreperla: se la porto all'orecchio, sento il rumoreggiare cupo del mare. (ginestra)

Diario delle danze delle parole
Incontro importante oggi pomeriggio alle 18.00, ci riuniamo intorno ad un tavolone che sembra quasi quello di re Artù, ovviamente Carlo è il re e noi altri i cavalieri della tavola rotonda. Siamo tutti impegnati a cercare delle parole chiave che possano meglio rappresentare le idee che abbiamo raccolto sul teatro visto in questi giorni trascorsi da spettatori.
Carlo ci tiene molto a questo tipo di ricerca e lì per lì non ne capisco l’importanza.
La riunione deve terminare con tre frasi compiute e definitive.
Ancora non ci siamo molto sciolti e Carlo ci aiuta proponendo due parole chiave:

  • Teatro e musica
  • Uno sguardo come una preghiera

Si apre il dibattito, su queste parole formulate da Carlo, la discussione diventa sempre più accesa . Il punto di maggiore polemica e speculazione logica è sullo "sguardo come una preghiera", che vuole raffigurare il Teatro dell’alterità. Iniziamo a pensare a tutte le valenze che può avere questa parola, valenze anche, anzi soprattutto, personali.
Francesca non è d’accordo con questa parola perchè pare esprimere un’approccio a questo teatro con uno sguardo compassionevole quasi di ‘pietas’ e secondo lei non deve essere visto con questi occhi, ma come una delle tante forme di teatro, con le loro trovate geniali o non entusiasmanti ecc.
Altri nella preghiera vedono introspezione di sè e momento meditativo, perchè il teatro è questo ricerca dei valori, ricerca dell’amore. A questo proposito Giusy riallacciandosi allo spettacolo di Dario ‘Pinocchio’ e al teatro delle Ariette propone la sua parola chiave ‘Il teatro è amore’. Da qui la discussione cresce, il teatro quando è fatto con amore riesce a comunicare sentimenti ed insegnamenti, riesce ad essere sociale, producendo qualcosa di buono e condividendo con gli altri dei momenti molto forti. Carlo, illuminatosi improvvisamente propone un nuovo titolo: ‘Il rito della condivisione’, a questo punto siamo quasi tutti d’accordo, questa frase riesce a racchiudere in sè un po’ le idee di tutti, tranne quelle di Marialuigia. Per lei il momento della preghiera è uno svelare ed uno svelarsi, momento molto intenso, quindi, che non ha a che vedere con la condivisione. Sostiene con forza la sua tesi anche se in minima parte nella condivisione ritrova parte della sua preghiera, ma alla fine la maggioranza vince è stato raggiunto il primo obiettivo il titolo è stato scelto: vince per otto voti su dieci ‘ Il rito della condivisione’.
Ora tocca al tema della musica che abbiamo notato come sia filo conduttore in tutti gli spettacoli visti. L’importanza della musica è tale da divenire protagonista indiscussa di ogni forma di spettacolo avendo la capacità di rendere tutto più fluido. C’è chi non ritiene opportuno usare la parola scelta da Carlo: ‘Teatro e musica’ in quanto si vuole dare una troppa specificità , una connotazione rigida, qui l’obiettivo è evidenziare l’importanza della comunicazione delle note musicali e l’impatto con la sfera emozionale di ogni singolo individuo. Ecco apparire di nuovo quella strana lucina negli occhi di Carlo e propone un nuovo titolo messo ai voti: ‘ Il suono come drammaturgia’. Figuriamoci se possiamo essere tutti d’accordo! Dopo un’altra mezzoretta di discussioni in cui molti, tra cui Claudio Facchinelli, affermavano l’importanza della funzione della musica come momento drammaturgico del teatro, drammaturgia parola antica che non è presente nel vocabolario di qualche anno fa, è diventato un concetto ormai imperante nel teatro ed associarlo alla musica è un ottimo lavoro d’interpretazione. Non c’è dubbio, la proposta di Carlo messa ai voti passa il turno.
Senza darci tregua, passiamo alla trattazione di un altro tema: il teatro e la vita. Questo tema che pare riallacciarsi ai due temi precedenti, ha una connotazione tutta sua. Quando parliamo di questo argomento la maggior parte di noi pensa al teatro delle Ariette ed alla vita portata in scena. Non è solo questo il senso. Il teatro è, forse, un momento di crisi della vita. Che cos’è che c’induce a fare teatro se non aprire o smuovere delle tematiche di crisi o di conflitto del pensiero umano e vivere una catarsi emozionale? Ivana allora propone il suo titolo: ‘cortocircuito teatro-vita’. Stupore, iniziale. Discussione accesa per circa una mezz’ora sulla parola "cortocircuito", alcuni sostengono che sia un punto di contatto, d’incontro, anche se d’urto della vita con la sua rappresentazione scenica; altri sostengono che l’urto è contrasto. Il cortocircuto è l’incompatibilità dei poli elettrici che genera lo scoppio, quindi c’è l’idea d’incompatibilità, mentre noi vogliamo rimarcare la perfetta intersecazione della vita con il teatro. Il cortocircuito però se lo intendiamo come rappresentativo del momento di crisi della vita di un uomo si concilia perfettamente con l’idea di teatro. Allora non c’è dubbio vince la proposta di Ivana, quasi pari voto con quella di Francesca che propone ‘teatri di vita’, ma visto che il termine è un po’ logoro soccombe per un punto.
Siamo arrivati finalmente alla fine del forum, luogo di diatriba virtuale e luogo molto caro a Carlo.
Siamo stremati ma ne è valsa la pena, perchè oggi abbiamo imparato a creare un titolo. Ho capito il lavoro enorme che ci può essere dietro la creazione di un titolo. Esso deve contenere tutte le nostre considerazioni sul tema trattato, sul genere di cui stiamo scrivendo, deve arrivare direttamente all’attenzione di chi legge, è un codice di riconoscimento di ciò che vogliamo comunicare. Ho imparato l’importanza della comunicazione che attraverso il forum che si rivela con tutta la sua forza d’insegnamento. Punti di vista messi a confronto, urti e coincisioni, crescita individuale. (francesca)


La ricombinazione delle parole chiave
Dopo la riunione preparatoria di ieri, dove abbiamo seminato idee e tempeste, iniziamo oggi a raccogliere i frutti, ovvero le parole chiave di Primavera dei teatri.
Gran bel tavolo (si fa per dire, anche se questo scricchiola meno di quello di ieri), voglio dire che è bella la tensione che il gruppo esprime e che traduce su tanti foglietti dove vengono scritti le parole chiave raccolte da ciascuno vedendo gli spettacoli e partecipando alle discussioni
Ecco l’elenco

VALENTINA

  1. mangiare insieme, condivisione
  2. offerta di me, anima e corpo
  3. giocando al limite tra realtà ed invenzione
  4. ma come scrivo, ma cosa scrivo
  5. ricordare

PAOLA

    1. il teatro nella vita la vita nel teatro
    2. "la diversità" nel teatro
    3. tecnica o emozioni
    4. nel guardare rivedere
    5. la motivazione


GIOVANNI

  1. teatro come preghiera
  2. teatro e realtà virtuale
  3. i punti di crisi aiutano

 

 

 

 

IVANA

  1. teatri necessari ma il teatro è necessario
  2. la funzione del critico
  3. il sottile limite tra realtà e finzione
  4. arte e vita nel teatro
  5. teatro portatore di nuovi valori?
  6. cosa ho fatto per meritare tutto questo

CARLO

  1. la vita nel teatro, il teatro nella vita
  2. lo sguardo teatrale come preghiera
  3. dal punto di vista al punto di vita
  4. i teatri dell’alterità
  5. il senso della misura

MARIALUIGIA

  1. "tornare" nel mondo
  2. teatro preghiera che svela
  3. costruire il viaggio
  4. avere presenza
  5. sogno necessario
  6. accompagnare la "svolta"
  7. ritmo di teatro

MIMMO E MICHELE

  1. teatro e alterità
  2. teatro classico e teatro contemporaneo
  3. il teatro è in crisi?
  4. il teatro e il nuovo linguaggio
  5. il ruolo attivo del pubblico nella domanda di teatro
  6. musica e teatro

FRANCESCA

  1. socialità e teatralità chi la dura la vincerà
  2. pensiero del teatro e proiezione del teatro
  3. gastronomia teatrale alimento dello spirito
  4. teatro di ricerca nel teatro dialettale
  5. il teatro dello spettatore professionista

GIUSI

  1. teatro è diversità
  2. reclusione e libertà nel teatro
  3. creatività e innovazione
  4. il teatro: globale la rete e il teatro
  5. lo sguardo come potenza dello spettatore

PIA

  1. il teatro da mangiare
  2. gli orpelli del teatro
  3. teatro come ben di consumo

Da questo catalogo di parole e concetti, più o meno saturi, inizia il gioco del discernimento.
Non è solo una selezione ma una ricombinazione delle parole stesse.
Lo "sguardo come preghiera" viene votato ma messo in crisi: lo si ricombina in "rito della condivisione".
E va sul forum
Tocca poi a "musica e teatro" da tradurre in titoli come: suono che scena, suono che fa teatro, suono come drammaturgia.
Passa quest’ultimo.
Infine il concetto più gettonato: la vita nel teatro/il teatro nella vita. Viene riformulato prima newl pasoliniano Teatro di vita e poi in: cortocircuito teatro-vita. Buona la seconda che hai detto.
Ognuna di queste parole chiave lancerà un forum, che alcuni di noi apriranno con un primo intervento e poi si vedrà.
Abbiamo invitato anche gli altri spettatori, più o meno complici, a dire la loro. Dai!
Claudio clicca qui. (carlo)