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 Saverio e Dario portano nella cornice del paesino 
                di montagna la loro stagionata "Stanza della memoria", 
                mentre appare uno strano cubo con del "teatro genitale" 
                dentro. Nel pomeriggio incontro ravvicinato con Ivanov, 
                esperto di teatro russo. PROGRAMMA |    Le 
        lotte sponsorizzate dai santi Una stanza che è una piazza. La memoria che sono racconti.
 Nel cuore del paese di Civita, in uno scenario naturale perfettamente 
        azzeccato, è stato presentato lo spettacolo di Scena Verticale 
        "La Stanza delle Memoria".
 Racconti, o meglio memorie, dei tempi che furono(dalla guerra alla conquista 
        della Luna). Memoria narrata nei ricordi di chi ha avuto la capacità 
        di "conservare" e tramandare gesti semplici, vicende vissute 
        che hanno fatto la storia.
 Memoria che diventa patrimonio di tutti in una piazza(luogo di condivisione 
        popolare per eccellenza- è questo che mi ha maggiormente impressionato) 
        dove a volte la "memoria" viene indegnamente "calpestata" 
        da una 126 che arriva incurante di ciò che avviene in quel momento, 
        o di pacchi di patatine rumorose agitate dai bambini non per niente abituati 
        alla "conservazione della memoria".
 Lo vivo così lo spettacolo, tra rabbia interiore, voglia di urlare 
        per il fastidio che provo nel poco rispetto di me che voglio ascoltare, 
        della memoria che passa sotto gli occhi di tutti ma che molti preferiscono 
        non guardare.
 Poi una nota positiva. Sfinito dalle continue distrazioni alzo la testa 
        e mi godo il cielo stellato che fa da tetto naturale alla rappresentazione. 
        Stelle luccicanti, testimoni di storia passata, presente e futura. Affido 
        a loro i pensieri di questa notte di memorie.
 Dario e Saverio raccontano, dalle feste paesane alloccupazione delle 
        terre, dalla guerra alla malattia di una nonna, alle lotte politiche "sponsorizzate" 
        dai santi "locali". Rivedo tutta una terra, la mia terra, che, 
        come in un libro di fiabe, viene fuori da un baule(dal quale si tirano 
        fuori gli oggetti utili per la caratterizzazione dei personaggi). Il baule 
        contenitore di memoria, la mia memoria. E ripenso a quello grande di mia 
        nonna, nella casa vecchia, ancora lì nellingresso a custodire 
        la storia di una famiglia, la mia famiglia. Penso a mia nonna, simbolo 
        vivente di una storia narrata attraverso vecchi racconti, aneddoti, dicerie 
        che diventano realtà. E la rivedo con la sua faccia segnata dagli 
        anni nei racconti che Dario e Saverio continuano a sfornare per il pubblico. 
        Poi mi guardo in giro e vedo unanziana donna appollaiata sul balcone 
        di casa sua intenta quasi a "vigilare" sulla veridicità 
        dei discorsi di Dario e Saverio. Che bel quadro a guardarlo da dove sono 
        io, se solo non ci fossero tutti questi rumori a sporcarlo. Memoria
 la memoria
.
 la mia memoria
.
 Lanima del mondo, da conservare, da difendere, da cercare, da fare 
        propria. Tutto si consuma velocemente. Non so spiegarlo. Mi disinteresso 
        dello spettacolo a tratti per guardarmi dentro. Riguardo il cielo stellato, 
        la gente che ho accanto, loro recitano ancora
.E io mi sono perso 
        nella mia testa. (vincenzo)
 La poetica genitale 
        di De SadeQuel cubo sarebbe stato un figurone in mezzo ad una piazza. Di quelle 
        con gente e bambini scorazzanti di giorno.
 Circondato dalla vita quotidiana. Così come un oggetto alieno caduto 
        lì in mezzo alla vita terrena.
 Sarebbe stata unoperazione geniale e coraggiosa. Così sul 
        palco, invece, troppo pacifico.
 Avrebbe esaltato la dimensione aliena, astratta, che si coglie in questo 
        "Quartetto" di Heiner Muller che Vesuvioteatro ha avuto laccortezza 
        di metter inscena in quattro spicchi di pochi metri, in un incontro ravvicinato 
        con gli spettatori seduti sui quattro lati del cubo.
 Detto questo rimane la bellezza dellattrice (Imma Villa), e la presenza 
        di spirito di Paolo Coletta, agili in questo gioco di massacro, erotico 
        e psicologico, che dallevocazione del Marchese De Sade e della sua 
        poetica genitale arriva a sfiorare registri ancora più morbosi. 
        Bellezza e morbosità che sommati al buon stile interpretativo e 
        allambientazione scenica danno come risultato un teatro che piace 
        ma non resta. (carlo)
 La razionalità labirintica 
        del cubo di RubikDopo "Quartett": Il cubo (rivisitato) di Rubik. Del piccolo Flavio, come 
        da programma, nessuna traccia. In compenso, la piccola Claudia, in vestito 
        blu con le gale proprio della festa, ci introduce -l'ideale sarebbe una 
        lunga catena di mani ma, tant'è!, nessuno è perfetto!-, 
        e all'interno, troviamo lo spazio suddiviso in quattro parti grazie a 
        pannelli di cellophane trasparenti e a un'asse che, girando su sè, 
        permette la comunicazione degli ambienti; su di essa è appesa una 
        forbice fatta a metà, fondamentale in finale per la risoluzione 
        del dramma. Anche l'anima dei personaggi appare in sprazzi incompleti, 
        sempre in bilico tra realtà e finzione. Valmont diventa mantenendo 
        la propria voce la presidentessa, mentre la bravissima Merteuil si trasforma 
        nella fanciulla oggetto di scontro e -udite!udite!- in Valmont. Entrambi 
        credibilissimi in ogni ruolo recitato. La poca distanza ci permette di 
        cogliere gli ansiti, i sopprassalti, le gelide chiusure, la labirintica 
        razionalità mentre le battute ci inchiodano ai nostri seggi, avvinti 
        forse pù dell'edera dai continui cambiamenti di "fronti"(ginestra)
 Quel dialetto soave e lievePer la terza volta rivedo "La stanza della Memoria" di Saverio e Dario. 
        Siamo a Civita, in una suggestiva piazzetta che sembra avvolta a spirale. 
        La gente, quando arriviamo, ha già occupato le sedie disponibili, 
        ma altre ne arrivano; dalle loggette che si aprono come fiori nel buio, 
        occhieggiano le chiome bianche di qualche signora in età, troppo 
        stanca per scendere; le stelle ci sorridono dall'alto dei cieli, ma qui 
        vicino a noi pestiferi bambini gridano incontrollati. Mentre il pensiero 
        vola a Erode, i nostri - professionali che di più non si potrebbe!-, 
        sciorinano la saga di nonna Francesca, che passa dall'abbandono alla malattia, 
        forse sorte ria per chissà quante vedove bianche al di qua e al 
        di là del Pollino. Intanto, la vita passa al lato del tranquillo 
        paesetto, colorato da personaggi-macchiette che ne ricordano altri. Forse 
        per i miei antecedenti e discendenti di pari suono, questa volta il dialetto, 
        soave e lieve, me gusta (come direbbe Manu Chao). Ho un dubbio: ch'io 
        sia un'inguaribile romantica? (ginestra)
 E solo primo morsoAppunti sullincontro con Valentina Valentini.
 Ho poco tempo per parlare di un evento speciale, lincontro con Vladislav 
        Ivanov storico di teatro russo. "La Formazione dellattore e 
        del regista nella Russia Sovietica" coordinato da Valentina Valentini.
 Non posso esaudire gli stimoli, i chiarimenti che Ivanov ha generosamente 
        regalato. Questione di partenza che la Valentini pone è la diversità 
        della relazione che cè tra Russia e occidente con Giganti 
        (notato giganti, scritto con la maiuscola? esagerata? No e lo rivendico) 
        del teatro. Vakhtangov, Stanivslaskij, Meyerchold, da noi rappresentano 
        rottura, riformano, rifondano lidea del teatro; in Russia non cè 
        stata un? avanguardia teatrale, è una tradizione che si evolve. 
        Tradizione che continua, germi ed evoluzioni che trovano allievi pari 
        ai maestri. Ivanov ci parla di episodi di vita, del regime comunista che 
        influenza il suo ruolo di studioso, ma anche necessità di uomini 
        e artisti. Con una semplicità straordinaria espone poetiche complesse. 
        Svela relazioni importanti. La natura sperimentale di Stanivslaskij trova 
        coincidenza con quella di Vassilev, coincide la loro capacità di 
        rimettere in discussione tutto, Vakhtangov maestro di NeKrosius. Nella 
        Russia di Gorbaciov la acquisita libertà crea disagio, prima cera 
        un nemico da combattere, i registi erano abituati a vivere in una situazione 
        di lotta.Il regime comunque controllava e commissionava il lavoro "Per 
        un regista, per un attore fare spettacoli così è come montare 
        cessi". Necrosius era stato fortunato viveva fuori da Mosca e in 
        una città che è una capitale. Non mostrava il suo lavoro 
        ai critici di Mosca, aveva paura, il regime non poteva accettare ciò 
        che proponeva. Caratteristica comune degli spettacoli di Nekrosius è 
        di rappresentare uomini vivi ma che hanno già visto la morte, come 
        se avessero attraversato la morte. Morte come presenza, come luce e buio 
        non esistono luna senza latra, esiste una fonte del buio per 
        Nekrosius, la morte nel cerchio delle rappresentazioni mitologiche. In 
        me avviene qualcosa, mi emoziono, ho la pelle doca, rivedo tutte 
        le morti di Nekrosius che ho visto a teatro, rivivo le sensazioni. Hamletas 
        mi ha fatto star male per tre giorni, era un male sano però, sensazione 
        nella quale mi perdevo con dolcezza. Ofelia moriva mentre la vita la chiamava, 
        e più la chiamava battendo le mani e più lei si abbandonava 
        alla morte. I morti non se ne vanno, si avvicinano, è leucaristia 
        della morte, in Nekrosius. Nello studio (presentato lanno scorso 
        alla Biennale di Venezia) su Otello ho visto morire Desdemona in una danza 
        di resurrezione e ancora
 Le sento ancora le emozioni provate con 
        la stessa violenza, durante la pausa parlo con Ivanov è mi spiga 
        come la genialità di Nekrosius riproduca esattamente questo, lo 
        definisce "La metafisica a distanza" ed è importante 
        capire cosa avviene nel corpo perché la sua metafisica è 
        reale concreta, la senti la vivi. Lo so dovrei a questo punto parlare 
        di Vassilev, Dodin e ancora di questo incontro che vorrei non avesse mai 
        fine (ormai poche volte accade). Concludo invece perché voglio 
        perdermi in ciò che sento e come ci ha lasciato Ivanov "Non 
        abbiamo mangiato la mela, abbiamo solo dato il primo morso". (marialuigia)
 Un baule in una 
        stanza Un baule (quello dello spettacolo "La stanza della memoria") 
        che racchiude cappelli, fazzoletti rossi, scialle della nonna, scarpe... 
        ricordi.
 Chiusi, conservati, custoditi dalla macchina annientatrice del tempo.
 Personaggi che prendono forma, che ritornano tratteggiando i colori antichi 
        della nostra terra, i nostri suoni, le nostre posture, il nostro modo 
        di giocare con la vita.
 Un fluire di personaggi che risveglia la memoria ( dove questo è 
        fattibile) o che comunque da la possibilità ( ai più giovani 
        o agli "stranieri" nella nostra terra) di assaggiare ingredienti 
        essenziali della nostra bella Calabria.
 Un baule carico di magia evocatrice, in un angolo di una stanza, "la 
        stanza della memoria", con una sua notevole valenza storico-antropologica, 
        che narra della nostra terra, delle sue credenze, delle sue fissazioni, 
        delle sue paure, della sua ignoranza, della sua comicità.
 Una concentrato di caratteri che vivono nel nostro passato, appartenendoci.(paola)
 La scatola dei 
        giochi.Si tratta di un gioco, ma crudele . E il gioco della seduzione , 
        del potere, dellimpossibilità di relazionarsi con laltro. 
        E la messa in scena e la rivisitazione del testo di Heiner Muller 
        Quartett, da parte di Carlo Cerciello di Vesuvio Teatro. Entriamo a gruppi 
        allinterno di un grosso cubo, la scena è occupata da quattro 
        pannelli trasparenti che la tagliano diagonalmente. Non cè 
        possibilità di contatto tra i due bravi personaggi che si aggirano 
        allinterno di questi spazi vuoti, come vuote di emozioni e sentimenti 
        risultano le loro parole. (ivana)
 
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