PRIMAVERA DEI TEATRI 2mila1
Laboratorio d'arte dello spettatore in rete
diario 080601
     
     
     
 
     
     
   

 

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Oggi si tratta del nostro primo giorno d’incontro emergono le proiezioni di ciascuno e lancio una domanda banale ma non ovvia: "qual’è la tua domanda di teatro?".

Clicca su Laboratorio vi troverai le risposte e una descrizione dell’intero contesto.

PROGRAMMA

Senza di noi niente teatro
Fa caldo, e nella sala multimediale con tutti quei computer, ancora di più.
Ci vediamo così nel corridoio, via dai computers, troppi campi elettromagnetici.
Portiamo fuori le sedie e ci presentiamo.
Illustro le caratteristiche di ciò che definisco "arte dello spettatore", è un concetto semplice, vicino alle domande che in molti si pongono, non solo rispetto al teatro.
E’ un modo per esprimere USI e non solo consumi culturali.
Ci tengo a chiarirlo, con determinazione: è lo spettatore che fa il teatro: lo compie con il suo sguardo. L’azione entra nell’occhio, nella mente e si riflette in noi stessi che concludiamo l’opera.
Senza di noi niente teatro.

Se dietro quella porta, dico, accadesse l’ira di dio d’azione scenica non diventerebbe teatro fin quando almeno uno di noi non vi posa l’occhio. E’così, ne sono convinto.
In che modo però dare luogo e sviluppo ulteriore a quest’arte dello spettatore?
Propongo quindi di misurarsi con quella che io definisco "scrittura connettiva", qualcosa di ancora molto indeterminato ma che in questi ultimi anni ho già attivato nelle situazioni più diverse.
Non mi resta che mostrarle, rientriamo nell’aula, accendiamo il videoproiettore e parte la navigazione guidata nella "piattaforma" di (n’est pas un site: è una piattaforma operativa da cui si parte per le varie progettualità anche in altri server e si torna con link).
Mostro prima di tutto il diario di bordo realizzato con i ragazzi veneziane alla Biennaleteatro99 e poi l’esperienza fatta con il Teatro delle Albe e i ragazzi della "non scuola" di Ravenna e ancora quella avviata nella lontana Valle d’Aosta ma anche la più recente, quella appena svolta a Prato per ContemporaneaFestival con il progetto "danza delle api" che presuppone uno sviluppo metaforico dell’idea-base d’arte dello spettatore.
Non finisce qui, finisce all’Osteria della Torre Infame, dove tra "patane blacchiate" e "mirlingiane ripiene" si chiude la nostra prima giornata di laboratorio. (carlo)

Tradurre la propria irregolarità
in risorsa vitale

Tecnologia? Unire l'idea al corpo
Come al solito ieri presa dalle mille cose da fare in città ho fatto tardi all’incontro di presentazione del Laboratorio sull’arte dello spettatore. Bè, poco male, per fortuna l’ambiente è rilassato e c’è nell’aria quasi un’atmosfera di familiarità. Tutti seduti in circolo nel corridoio del Protoconvento, ambiente austero, ma la conversazione è sciolta. Dopo qualche minuto riesco a capire di che cosa si parla, sono temi che m’intrigano molto. In circolo ognuno si presenta agli altri per cercare di conoscersi, può essere divertente o anche imbarazzante, comunque ti presenti ed è un vero aiuto per sciogliere il ghiaccio. Tra una presentazione e l’altra già capisco che non tutti sono animati dal mio stesso intento al laboratorio, io vorrei imparare a scrivere meglio, imparare nuove tecniche, per gli altri non è così, ecco che appena arrivata mi stupisco. Incominciamo ad entrare nel vivo della discussione e Carlo ci parla di una marea di cose, poi si sofferma sulle tre componenti della rete:interattività-ipermedialità-connettività., ovvero la tecnologia della comunicazione.
Stavolta mi stupisco sulla definizione di tecnologia "tutto ciò che unisce l’idea ad un corpo", un concetto che pare quasi scontato, perché sentito ripetutamente, ma io non ci avevo mai pensato. E’ molto più semplice rispetto all’idea che ne avevo, però è proprio così. Allora penso che l’informazione, il bombardamento d’informazione a cui siamo sottoposti non ci da la conoscenza, non ci spinge a pensare per arrivare all’origine delle cose, siamo abituati ad avere l’informazione e non ad elaborarla, ci accontentiamo di questo. Ecco perché vedo nella ‘scrittura connettiva’, altro tema trattato durante la nostra chiacchierata di ieri, un modo per fare sì che anche se siamo "vittime dell’informazione" la mente deve sempre girare a 360°, rimandi ed innesti da un tema ad un altro, da un personaggio ad un altro è fondamentale. D’altronde è un processo naturale del ragionamento che trova nella parola la sua migliore espressione. Si sa che il testo scritto è sempre limitante del pensiero. Ricordo quando avevo studiato a scuola gli "Scapigliati", mi è rimasto impressa la rivolta del foglio bianco e mi sono immediatamente identificata. Trovare una forma di scrittura, che sia informazione ma interagente, cioè di scambio e di rimando trovo che sia bellissimo.
Quando poi si è comincia a parlare di spettacolo e di come noi ci approcciamo ad esso, si aprono dei veri dibattiti. Carlo è contento di questo, perché la discussione sta diventando interessante, troppe cose vorrebbe dire, ma il tempo è tiranno! Si parla di proiezione di se stessi in ciò che si guarda, si parla di sofferenza e di creatività, per poi passare a discutere sulle compagnie che usano nei loro spettacoli disabili Si accenna ad alcune compagnie come la Raffaello Sanzio, Delbono, ecc.
Carlo ci fa vedere nel web una pagina del diario alla Biennale veneziana che lo riguarda le opinioni sono discordi c’è chi come Ivana non riesce a sopportare emotivamente un simile sforzo, c’è chi, come Paola, invece ne apprezza il tentativo di rinserirli in una vita normale. Allora emerge una contraddizione: dov’è la sofferenza provocata in scena?
Con questo ‘pensierino per la notte’ si conclude questo nostro primo giorno di lavoro. (francesca)

Le potenzialità della rete antropizzata
Lui arriva e si presenta. Mi tende la mano e mi mette subito a mio agio.
E’ questo l’inizio di un pomeriggio afoso sulla porta dell’aula multimediale.
Lui è Carlo Infante, la guida del gruppo, che premette subito di non gradire l’etichetta di critico teatrale. Lui si definisce uno spettatore. E mi chiarisce in maniera semplice quello che lui chiama il "punto di vista" che è ben altra cosa- aggiunge- dal "punto di vita". Ma di questo parleremo un’altra volta. E mi lascia così a mezz’aria concedendomi il lusso di "volare" da solo.
C’è una fase di conoscenza. Tutti ci guardiamo, lo guardiamo. Lui parla e descrive in maniera quasi disarmante, imbarazzante le potenzialità della rete solo se "antropizzata".
Sembra strano, per me che ci lavoro, concepire la rete come un luogo in cui "lasciare la mia impronta" ma poi la soluzione me la offre lui stesso, e io già me lo godo per questo.
Un cammino fatto di tre tappe, connettività, ipermedialità, interattività. Tre parole, buttate lì, che mi aprono gli occhi su cosa può essere questo laboratorio.
Mi fermo e penso. Sto già "sporcando" questa pagina con il mio pensiero. Un pensiero rubato al tempo veloce che diventa in un certo senso già informazione. Ecco la mia "impronta" di oggi, di questo giorno. Uno di tanti altri che verranno dove il mio pensiero si incontra e si scontra con quello degli altri"diaristi". Carlo e sempre lì tra di noi, messi in circolo, a boccheggiare per il gran caldo. Ci presentiamo, ognuno dice la sua. Il suo perché è seduto lì. Diversità a volte profonde che Carlo riesce a raccordare e mi sembra di capire che saranno queste la forza di questo gruppo. Non giornalisti, non critici, ma spettatori. Guardare e raccontare, è questa l’idea che mi piace avere, per ora, di questo gruppo. Raccontare alla nostra maniera(carlo dice <<non mi interessa tanto la forma>>), con le nostre parole.
Scrivere per raccontare di se, per raccontare a se, per raccontare agli altri.
Scrivere perché se <<dietro quella porta succede qualcosa e nessuno la vede…non accade teatro>>…beh ognuno alla fine tragga le sue conclusioni. (kenzo)

Il ritmo degli accadimenti e il ricordo che perde la complessità
E’ il primo incontro con Carlo Infante e Massimo Ciccolini, è tardo pomeriggio, fa ancora caldo, siamo nel protoconvento (cosa vorrà dire?) uno stabile silenzioso, colmo di energie, non mi riferisco a quelle non proprio salubri dei P.C. che saranno nostri compagni-alleati in questi giorni di lavoro con Carlo Infante.
Non ero mai stata a Castrovillari dai ragazzi di Scena Verticale, ho sentito dire che avessero bei luoghi di lavoro, che il "clima" di collaborazione fosse sereno, pieno di entusiasmo, che loro fossero bravi e diciamolo pure coraggiosi, ma come dire? Quando la realtà supera la fantasia?
Carlo dice: "punto di vita" che lo spettacolo crea nello spettatore. Cosa vuol dire? Mi viene in mente trasformazione. Il "punto di vista" si ricongiunge alla struttura già costituita di te stesso, mi sembra sia uno sguardo verso le cose avendo la volontà di ritornare a ciò di cui hai gia esperienza, un modo di decodificare i sensi cercando ciò a cui sei già abituato. "Il Punto di vita" a volte in teatro accade, ed è trasformazione. Non riesci più a mettere in relazione ciò che "Vedi" con niente, ma entra nella tua vita e crea un nuovo punto di vista , una nuova domanda, una nuova relazione tra te e con ciò che è altro da te (avrò realmente capito?) Approfondiremo. Ancora Carlo dice: "Mi interessa la scrittura — Barbara-" Scrittura Barbara intesa come istintiva contrapposta alla dotta strutturata e costruita? Mi piacerebbe scrivere ciò che non viene filtrato da inutili censure, ma è ciò che Carlo intende? Ne sono veramente capace? Di abbandonarmi così ?
Ancora parla del momento di crisi nella vita questo momento racchiude sempre nuove possibilità pur essendo pericoloso, in teatro? Si risolve? Il punto di crisi sospende, crea il filo tra spettatore e attore. Come si tende il filo? Come si sbroglia il nodo?Si spezza creando allontanamento? Cresce creando ingolfamento?Sospende fino a provocare vertigine? Attrae fino allo svuotamento? Abbandona senza risoluzione? E ancora come? Riconoscere nello spettacolo questo momento comprenderne la risoluzione significa saperlo leggere o anche saper leggere se.
Ancora connettivo interconnettivo dice Carlo. Ho sempre pensato che internet dividesse, ora C. mi dice che un modo nuovo di condividere se "antropizziamo" la rete e sono d’accordo a cosa serve rifiutare un mezzo che esiste rendiamo umano ciò che non deve diventare vuoto di uomo ma riempirsi di esso per proiettarci nel mondo. Teatro per internet? Teatro arte insieme, internet proiettati al di-fuori nel mondo- Parlare di teatro su internet è un bel modo di socializzare emozioni che prendono forma. Ancora potrei parlare di ciò che C ha stimolato ma le cose avvengono devo sentire e scrivere d’altro e mi piace pensare che la serata si è conclusa con vino e risate tra vecchi amici che si sono conosciuti un po’ di ore prima. (marialuigia)

Il vissuto che emerge nelle parole
Arrivo in ritardo, ma dovrei dire meglio che "riarrivo" perché ero già pronta per questo laboratorio alle prime ore del pomeriggio, quando, inconsapevole di spostamenti / slittamenti, mi aggiravo nella calura opprimente tra i chiostri caldi e ocra. Risalgo e ridiscendo; finalmente trovo il gruppo: facce note e non, che con Carlo stanno predisponendo un calendario di massima per i prossimi giorni. La cosa che mi colpisce che un rincorrersi di "oggi manco io…domani manchi tu..ma io vengo più tardi però ci sono!". Il colloquio si apre su Delbono e sulla sofferenza portata in scena. Ivana ne è disturbata, io aggiungo che m’intristisce, Paola invece coglie la gioia che c’ è in una simile scelta. E’ il nostro vissuto che emerge nelle parole… (ginestra).