| PRIMAVERA 
      DEI TEATRI 
      2mila1 Laboratorio d'arte dello spettatore 
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 Si apre con il Teatro Aperto e il 
                  suo "pasto nudo" ; arrivano ancora gli sguardi sulle 
                  repliche di Krypton e di chi ha conquistato il suo posto a tavola 
                  con le nostre carissime Ariette. Il diario segue landamento 
                  degli spettacoli visti anche nel corso delle loro repliche. PROGRAMMA |  Prendete e mangiate il mio corpo
 Oggi vi offro una storia che sarete voi a viverla come verità o 
        finzione, ma sappiate che state per mangiare un pezzetto della mia autobiografia.
 Un giorno mi alzai e decisi di allargare il mio corpo. Incominciai a mettere 
        in bocca, senza fermarmi mai, tutto ciò che questa membrana plastica 
        poteva contenere, allargandosi
 sentivo la mia pancia che piano piano 
        prendeva una forma sempre più sferica, i miei seni si ingrandivano 
        e i miei fianchi si espandevano. Io mi piacevo perché mi sentivo 
        più donna , ma gli altri dicevano che ero troppo grassa.
 Una notte poi , sognai che mi restringevo sempre più , a sottrazione 
        dei miei piani superficiali fino a quelli più intimi. Allora decisi 
        di non mangiare più e di non modellare il mio corpo, ma costringerlo 
        a patire. Io mi sentivo leggera, ma agli altri non piacevo, ero troppo 
        magra dicevano.
 Oggi ho deciso di lasciarlo libero ai suoi bisogni
 chissà 
        che diranno gli altri.
 Adesso entrate nel mio teatro e prendete e mangiate il mio corpo, che 
        qui su questo tavolo vi offro.
 Dimenticavo, tutto questo è liberamente ispirato allo spettacolo 
        " Legittima difesa " di Teatro Aperto.
 Buon Appetito !!! (valentina )
    Lenergia 
        dellattore che schiaffeggia la mia indifferenzaLa guerra, il tema dello spettacolo "Roccu u stortu", si avverte 
        tensione. La guerra è fatta di scontri, contrapposizioni, è 
        orrore permesso e, combattere (qualsiasi guerra anche le private) crea 
        paure, terrore. Si avverte. Non riesco a "entrare" sento confusione 
        nel testo, chiusura nella scenografia. La musica mi prende ma troppo presto 
        mi abbandona. Lenergia dellattore schiaffeggia la mia indifferenza, 
        ma inseguo quella che inutilmente si perde e...lo spettacolo si è 
        concluso. (marialuigia)
    Il 
        tempo sciocco Morbido quel corpo di donna che ci accoglie ricorda la panna, il burro, 
        soffici e gustosi; forse perché una tavola apparecchiata, ai suoi 
        piedi, riporta al cibo e il neon che la illumina ad una discoteca. Silenzio, 
        lungo Silenzio, rotto da una canzone che parla di Milano e di come tutti/o 
        aspiri al perfetto perdendo bellezza, in quella città. Quel corpo, 
        di spalle, inizia a parlare, ed è cura di sé oli spalmati, 
        lenzuola di lino ma anche carne che non può che diventare pezzetti, 
        deve per forza imputridire. Si volta quel corpo, gira su se, e quando 
        si ferma si espande il viso. Un viso espressivo. Parla quel viso, più 
        di tutte le parole che sento. Le sopracciglia esprimono sorpresa, perplessità, 
        curiosità. Gesti minimi e lenergia la senti precisa, ribelle; 
        sa dove mirare quel corpo non si perde, mira e colpisce da ogni suo punto. 
        Sgabello che solleva un corpo, corpo che, per il solo fatto di esserci, 
        sostiene il pensiero. Ricerca di cibo, di nuovi (o vecchi) ingredienti, 
        ricerca di se e degli altri attraverso un invito. Cucinare gli ingredienti 
        "scovati" per offrire, ma soprattutto per affermarsi, per darsi 
        un senso. E ironico il viso e demolisce ogni ricerca di perfezione 
        che costringe il nostro tempo (e Milano), la banalizza, la rende inutile. 
        Si, ci mostra quanto sia sciocco. Brava, veramente brava lattrice 
        (Federica del TEATRO APERTO), che gioca nella sua nudità senza 
        avere sesso. Scende, si veste e diventa donna, e sa tentare. Trasforma 
        il suo nudo, coperto, in sensualità. Diverte, fa sorridere la tagliente 
        ironia che fa riconoscere la stupidità. (marialuigia)
  Non 
        cè possibilità di fingere di far teatro Una bambola nuda in carne e ossa è seduta su uno sgabello con la 
        schiena rivolta al pubblico, sulla scena mezzi busti disposti con una 
        rigorosa geometria, davanti a lei fino a raggiungere la platea una tavola 
        apparecchiata.Una canzone che parla di Milano fa da cornice a questo scenario. 
        Così si apre lo spettacolo "legittima difesa" di Teatro 
        Aperto.Lo sgabello inizia a ruotare e la bambola si anima. Corpo e cibo 
        occupano la prima parte della performance. Zuppe insipide e carni stracotte.Seguo 
        con fatica la descrizione di alcune ricette, la deteriorizzazione degli 
        elementi che le compongono. È il tabù del cibo è 
        il tabù del corpo.È forse un pretesto?
 Il gioco diventa più esplicito e coinvolgente quando una voce fuori 
        campo, tipica espressione del critico intellettuale,inizia a porre una 
        serie di interrogativi riguardo il teatro allattonita fanciulla.
 Esce fuori la bravura dellattrice, che senza proferir parola , accennando 
        una leggera mimica facciale densa di risposte riesce a spiazzare il suo 
        interlocutore e le forme di teatro convenzionale.
 Il gioco ricomincia, avviene la rottura. La bambola si alza dal suo sgabello 
        e tira fuori da una borsa dietro di se una enorme sfera luccicante che 
        inizia a ruotare seguendo il ritmo incalzante di Rockn roll robot. 
        Luci da discoteca circondano il palcoscenico. La candida bambolina indossando 
        un abito rosso fuoco si trasforma in una ironica e sensuale Madonna stile 
        anni ottanta che inizia ballando ad occupare lo spazio circostante . La 
        rigidità della scena prende vita, le sculture vengono distrutte 
        dalla bravissima attrice con irruenza e delicatezza assieme. Continua 
        a ballare con fare ammiccante la rossa Francesca invadendo anche la platea 
        che divertita assiste alla liberazione giocosa dellartificio per 
        arrivare alla sincerità con cui si devono dire le cose. (ivana)
 Un perfetto incrocio tra arte 
        e vita.Sin dalla prima lettura del programma degli spettacoli del Festival, ero 
        rimasta incuriosita dal Teatro delle Ariette , Teatro da Mangiare? Incontro 
        gastronomico, prenotarsi per pranzo o per cena.
 Beppe ci ha accompagnati a villa Ilva, dove una tavola imbandita ci aspettava. 
        Si è subito creato un clima conviviale , buon vino, pomodori con 
        salsa alle erbette, pane fatto in casa. Siamo ospiti in casa loro, preparano 
        il nostro pranzo. Incomincia con una sferzata che colpisce allo stomaco 
        (come il cibo) il monologo di Paola, di come abbandonando il teatro delle 
        "convenzioni" sono arrivati alla vita vera. Ma il teatro non 
        li ha abbandonati, è andato da loro. Si capisce subito che ciò 
        a cui stiamo assistendo è la storia di ognuno di loro.Mentre la 
        pentola bolle , la musica di Edith Piaf accompagna tra gli sguardi divertiti 
        e curiosi il nostro pranzo. Stefano ci parla in modo anche ironico della 
        genuinità dei loro cibi. Le musiche si susseguono , Paola con una 
        parrucca biondo platino atteggia ad una femme fatale un po sguaiatella. 
        Ci lasciamo andare , le risate spontanee escono dalle nostre bocche. Ma 
        non è solo questo. I racconti prendono altra forma. Maurizio ci 
        racconta, mentre apre una buona bottiglia di vino , di sé.Legge 
        delle poesie, si tocca il tema della morte. Stiamo entrando tutti di più 
        nel loro mondo. Paola si appresta a leggere un diario , parla della propria 
        madre, si commuove. Qualche lacrima incomincia a rigare il nostro viso. 
        Arrivano le altre pietanze, frittate alle erbe, formaggi e salumi , si 
        riprende a sorridere . E la volta di Stefano che con una chitarra 
        in mano, interagendo con noi, canta una canzone d amore dedicata 
        alla moglie. Latmosfera è allegra, vien voglia di accompagnare 
        a suon di mani la performance di Stefano. E un inno allamore.. 
        Ci passiamo i piatti, le tagliatelle son quasi pronte .Scherziamo con 
        loro, con Paola che vestita da clown ci passa le foto dei suoi animali. 
        La musica imperversa , e le tagliatelle sono a tavola. I nostri amici 
        si cambiano e ci raggiungono. (ivana)
 Evviva il teatro 
        evviva mangiareGiorno 12: lo spettacolo delle ariette è stato, forse, uno degli 
        spettacoli più belli a cui abbia assistito.
 Nuotando nellaria calda e densa, come se fosse per l'appunto acqua, 
        ci affrettiamo ad arrivare, incuriositissimi, in una villa di campagna 
        dove ci attende lo spettacolo delle ariette. Arrivati ci sedemmo subito 
        a tavola e dopo un trionfale buon appetito ci vennero serviti ogni genere 
        di ben di Dio. Tra una portata e laltra, naturalmente, gli "attori" 
        ci recitavano passi della loro opera scritta proprio da loro.
 Dico che forse è una delle più belle opere che ho visto 
        perché in tutta allegria e disinvoltura riesce a farsi piacere. 
        Rimane solo un problema però: capire se lo spettatore è 
        interessato al cibo che sta mangiando o allo spettacolo che sta vedendo. 
        Indipendentemente dal fatto che le due cose erano ben amalgamate tra di 
        loro il problema può sorgere comunque, uno degli attori precisamente 
        la cuoca raccontava di persone che sono arrivate attratte dallo spettacolo 
        e poi sono andate via impressionate solo dal cibo. (giovanni)
 Un sogno ammazzato.Il teatro ti distrugge per farti rinascere rinnovato.
 In modo quasi divertente in dialetto cosentino very doc.
 Il dialetto si sa è la lingua che va diretta allo scopo e al cuore 
        di chi lascolta, riesce a dare immediatamente il senso di quello 
        che si vuole rappresentare, ottimo mezzo teatrale. La compagnia dei Cauteruccio 
        è bravissima a fare questo.
 "Rocco u sturto", sturto perché è morto 
        prima del tempo, sturto perché è stato uno sbaglio
 
        non doveva morire, ci aveva creduto veramente nella promessa di un pezzo 
        di terra tutto suo da coltivare, finalmente la sua lotta verso i padroni 
        poteva fermarsi, perché lui stesso sarebbe diventato un padrone. 
        Non più miseria, non più umiliazioni e sfruttamento, avrebbe 
        accettato qualsiasi cosa per riuscirci anche la guerra!
 Lorrore generato da una pratica così aberrante è raffigurata 
        da tre soggetti che lui chiama re maggi, ma non portano oro, 
        incenso e mirra, ma ferite putrolente, sputi sul mondo e nudità. 
        Uomini trasformati in bestie che reagiscono alla prepotenza dellufficiale 
        con altrettanta violenza accompagnata dallodio, quellodio 
        di cui è capace solo chi è stato usurpato e privato da ogni 
        forma di umanità dalla violenza omicida altrui. Rocco, un ragazzo 
        come tanti, con i suoi sogni, la sua simpatia nel godersi la vita e la 
        sua ignoranza imposta dallo stato di povertà che lo affliggeva, 
        i suoi sentimenti di figlio che invoca la mamma, unica vera fonte di amore 
        puro, è morto come tanti altri, senza lasciar traccia di sé.
 Lo spettatore quasi si affeziona a questo personaggio coinvolgente, così 
        da ridere e piangere insieme a lui e al momento della sua morte la sensazione 
        di morte ingiusta.
 Riflessione unanime sugli orrori della guerra che a volte sembra un tema 
        trattato e scontato, ma che mai abbastanza ci appartiene. (francesca)
 La vita involontaria nelle trincee 
        scavate nel fangoSpettacolo di Krypton in piazzetta scavata tra due case, "Ruccu u 
        sturtu". Linfame tragedia della Grande Guerra vista attraverso 
        gli occhi di un contadino assetato di terra. I musicisti del Parto delle 
        Nuvole Pesanti issati su tralicci di ferro attori nella vita involontaria 
        in trincee scavate nel fango, echi della rivoluzione bolscevica in lontananza. 
        Lironia del protagonista serve a sminuire la tensione del dramma, 
        musiche a sottolineare i passaggi cruciali della rappresentazione. Finale 
        apparentemente ambiguo che induce alla confusione tra la morte o il continuare 
        a vivere di Rocco. Musiche esaltanti, suggestive, trascinanti, noto marchio 
        delle Nuvole Pesanti. Linguaggio a metà tra il dialetto calabrese 
        e la lingua del fiorentin poeta. Unico assente dellevento: il neotecnico 
        del suono, le Petit Beret a passeggio insieme al Giovane Martini. (michele)
 Che bellAriette 
        che cè sta sera.Come può associarsi la gastronomia con il teatro? Un binomio che 
        solo pochi eletti forse possono capire andando al di là del cibo 
        stesso. Una tavolata enorme ben preparata in un giardino da favola, ci 
        ha accolto ieri sera per cena, in un luogo suggestivo sulla via delle 
        vigne qui a Castrovillari. Indaffarati, come in una locanda tra pentoloni 
        e pomodori, i protagonisti dello spettacolo ci hanno aperto le porte della 
        loro storia personale, della loro vita quotidiana. Tra una portata ed 
        unaltra gli attori, marito e moglie, ci hanno servito i più 
        delicati sentimenti che caratterizzano la vita di un uomo, tutto condito 
        dalla loro unione, un amore così grande che riusciva a manifestarsi 
        anche fuori di loro divenendo per i commensali vibrazione inconscia.
 La difficoltà della vita, le scelte drastiche per perseguire un 
        sogno, per essere fino in fondo coerenti alle proprie idee. La scelta 
        di questi signori di abbandonare il teatro di mestiere e le futilità 
        di cui è vittima luomo di oggi, labbandono di un mondo 
        fatto di economia, per ritirarsi in campagna e produrre da sé tutto 
        ciò di cui si ha bisogno per vivere, è un teatro di vita 
        vissuta.
 In un alternarsi di toccanti pagine di diario, canzoni e considerazioni 
        sulla vita, mi sono commossa nel rivedere una parte della mia storia, 
        tanto difficilmente rimossa, rivivere insieme a loro, insieme agli odori 
        ai sapori che portavano con sè.
 Negli occhi dei nostri ospiti ho rivisto la mia sensibilità, lamore 
        che ho dentro, lo sguardo di mio nipote, la memoria di mia sorella, le 
        mie scelte mancate.
 Potrei continuare ancora per molto lelenco delle emozioni suscitatemi 
        da questo incontro che è stato cura e dedizione verso i commensali 
        nutrendo insieme corpo e sensibilità dellanima. (francesca)
 La-sessualità del 
        nudoUn corpo seminudo su uno sgabello al centro della scena, che contrasta, 
        con la sua chiarezza, il buio del fondale nero. Voltato di spalle. Solo 
        un paio di stivaletti rossi.
 Si comincia a parlare di cibo,di carne, di sangue, si vede la carne, la 
        sua nudità che domina dallalto, dietro una tavola imbandita.
 Si parla di teatro, di finzione, di come "rubare un po di tempo 
        allo spettatore per regalarne un po del proprio".
 Si parla, anzi LEI parla, con parole, sguardi,con pochi, ma precisi, minimali 
        ed energici microgesti.
 Utilizza le mani, le braccia, solo di rado le spalle. Ha LEI in mano il 
        potere sulla scena; non un oggetto, non una luce.. tutto riconduce a lei. 
        Le luci azzurre che addobbano la tavola rendono quasi fosforescente la 
        carne bianca del suo corpo; le strutture in gesso, distribuite sulla scena, 
        sottolineano la posizione dominante della nostra lei.
 La nudità, che solitamente mi infastidisce sulla scena, adesso 
        non mi ha disturbato. Era un nudo asessuato, naturale, che con calma si 
        è proposto a noi; prima di spalle, poi frontale, poi lateralmente, 
        e ancora in posizione eretta; per finire si è proposto come nudo 
        vestito, molto più erotico e invadente e che stranamente solo adesso 
        si appropria della sua sessualità. (paola)
 Raggia e taranta.Ieri sera esordio alledizione 2001 di Primavera dei Teatri. Terza 
        fila posti a sedere in piazzetta Civitanova, sono di scena i Kripton con 
        Roccu u stortu di Francesco Suriano con Fulvio Cauteruccio e Luca 
        Rennis. Roccu (Fulvio Cauteruccio), energico e dirompente come lo scoppio 
        di una granata, Roccu sanguigno eroe tragicomico travolto dagli eventi 
        di una guerra troppo grande per lui, Roccu, povero in canna, spirito libero, 
        che anela a divenire proprietario terriero per essere poi egli stesso 
        uno di quei ricchi che tanto odia. Lenfasi della narrazione viene 
        ora interrotta, ora accompagnata dai ritmi forsennati dei musicisti del 
        Parto delle Nuvole Pesanti (qui in formazione ridotta arroccati sulle 
        torrette anti-austriaci): raggia e taranta, grida e azione, sangue e sudore 
        stemperati nelle esplosioni di comicità, ancora più incisive 
        per la recitazione in dialetto calabrese, che riportano lo spettatore 
        in sintonia con lessere "stortu" di Roccu, sottrattosi 
        dal crudele destino che si è abbattuto sui suoi compagni di trincea 
        della "Brigata Catanzaro", che ha tante cose da raccontare, 
        da gridare, lui che ne ha visto di cose... (mimmo)
 Gli orpelli dellanima e 
        del teatroLa Fracassi, al secolo Federica, è rossa lentigginosetta e richiama 
        pippi calzelunghe della quale riprende le mossette. Come Babette, ci presenta 
        il suo menù con varianti e invarianti, comunicandoci le strategie 
        attuate e da attuare dal corpo per coprire i guasti dei cibi e della carne 
        e chiedendo quasi timidamente cosa fare con quelli dell'anima.
 Cosa che fa scaturire riflessioni sugli orpelli dell'anima oltre che del 
        teatro. Specie quelli che coinvolgono nudità asettiche e perciò 
        candide contrapposte a scarpette rosse e vestiti con le frange tivedonotivedo, 
        per non parlare dei tubi fluorescenti o dei 14bicchieri14 di carta posti 
        geometricamente sulla tavola imbandita. Ma il monologo, mi chiedo, sarebbe 
        stato più/meno/ugualmente incisivo se l'attrice fosse stata infagottata 
        in pesanti vesti di lana? E se si fosse vestita come le persone comuni? 
        Ai posteri, con quel che segue..!(ginestra)
  Le 
        idee iniziano ad incontrarsi E il quinto giorno che scriviamo a ruota libera, ognuno riporta 
        le sue riflessioni, la sua idea di teatro, le sue impressioni sugli spettacoli. 
        Siamo arrivati ad un punto che necessita di un incontro. E indispensabile 
        adesso fare il punto della situazione, tracciare dei concetti che ritornano; 
        quei concetti che hanno più di tutti sorretto ed edificato queste 
        cinque giornate.
 Carlo ci manda ad ispezionare il Proto-Convento alla ricerca di un posto 
        fresco dove rifugiarci per sfuggire al caldo soffocante del nostro "bunker".Lo 
        troviamo e predisponiamo lo spazio per un primo incontro di coordinamento. 
        Sistemiamo un lungo tavolo che costituirà il nostro punto di raccoglimento 
        ideale, vista la sua enorme instabilità. Comunque ci sediamo intorno 
        alla nostra idea di tavolo e iniziamo ad esaminare alcuni potenziali Forum 
        per il nostro lavoro.
 Introduce Carlo descrivendo la sua idea per procedere. Creare dei Forum, 
        appunto, che riassumano gli argomenti trattati in questi giorni e sui 
        quali poterci confrontare.
 Inizio a proporre una prima idea: il teatro nella vita, la vita nel teatro, 
        che scatena subito reazioni contrastanti tra me e Ivana. Cosè 
        il teatro e cosa la vita, cosa la finzione e cosa la realtà. Insomma
.. 
        tutto è relativo. Carlo ci invita a riprendere il confronto utilizzando 
        le pagine del forum. Maria Luigia propone lidea della crisi nello 
        spettacolo, come punto di risoluzione, come momento di svolta.
 In questincontro preparatorio si iniziano a proporre e discutere 
        le prime idee e ci si da appuntamento alle ore 18:00 del giorno successivo, 
        con un preciso compito da svolgere a casa: trovare cinque topics, come 
        li ha definiti Carlo. Il giorno dopo ognuno indicherà i suoi per 
        arrivare a selezionarne solo tre. Ma questo lo faremo domani. (paola)
 La pasta è 
        in tavolaIn netto ritardo scrivo le mie impressioni sul Teatro da mangiare delle 
        Ariette.
 Finalmente si mangia!
 Sì proprio così, ho esclamato; dopo tanti discorsi, convegni, 
        spettacoli, forum e tavole rotonde....alla buonora una bella tavola 
        imbandita, ho pensato.
 Ci siamo ritrovati, tra amici e non, commensali, "invitati" 
        a cena da Paola, Stefano e Maurizio, nella splendida villa Ilva nelle 
        Vigne di Castrovillari, fra gli odori e i sapori della buona cucina emiliana. 
        LInternazionale apre la cena, basta un buon bicchiere di vino color 
        rubino, una chiacchiera e il primo morso alla piadina con lottima 
        salsa di yogurt per sentirsi a proprio agio, in un clima dassoluta 
        serenità.
 Stefano racconta: "Nel 89 decidemmo, Paola ed io, di lasciare 
        il teatro e di ritornare alla vita, ma la vita ci ha fatto rincontrare 
        il teatro". Ed è stato un felice ritorno, mi viene da pensare, 
        Eduardo mangia e non commenta (meno male), mentre Max non riesce a staccarsi 
        dalla salsiccia. Autobiografia e poesia, storie e sogni ci rapiscono, 
        accompagnati dai rumori della cucina, Maurizio che rompe le noci, Stefano 
        che taglia la sfoglia, lacqua che bolle, rumori che diventano momenti 
        dimpatto scenico. Riempiamo i bicchieri e mangiamo scalogno e parmigiano 
        mentre Paola (a Carlo gli ricorda Annie Lennox, a me Liza Minnelli) ci 
        mostra le foto dei suoi amici animali. Calano le luci, Maurizio con i 
        suoi versi crea latmosfera giusta e in un crescendo di emozioni 
        arriva la pasta in tavola: tagliatelle alle noci. Superlativa! Tutti facciamo 
        il bis, Gulliver il facinoroso fa il tris e anche il poker. Brindiamo 
        col Librandi, Stefano ci regala unultima canzone, accompagnandosi 
        con la chitarra, la cena è finita.
 Ci congediamo da loro salutandoli affettuosamente, i corpi sono sazi, 
        le menti e i cuori anche. (mimmo)
  Alla 
        ricerca dei topics-argomenti-parolechiave Facciamo il punto della situazione. Fuori dal bunker multimediale dove 
        proprio non cè aria e fa caldo. E la caienna della 
        sala macchine. Cè da fare vertenza sindacale: attivare laria 
        condizionata!
 Sistemiamo un tavolone in una delle stanze fresche del protoconvento e 
        impostiamo la discussione sullo "stato dellarte". A che 
        punto siamo? Buon punto, risponde lequipaggio. Bene. Predisponiamoci 
        ad un salto di qualità. Andiamo ad individuare per il forum 
        i topics-argomenti-parolechiave della rassegna. Inizia il lavoro più 
        arduo. (carlo)
 A livellaA dirla tutta sono andato a vedere "Rocco u sturto" solo 
        per la presenza del "Parto delle Nuvole Pesanti". Mi interessava 
        vedere come la musica di un gruppo rock emergente potesse coniugarsi con 
        uno spettacolo teatrale. Esperienza nuova, inconsueta, almeno per me.
 Col senno di poi dico che è stata una figata.
 Il Parto non mi ha deluso, ma neanche la performance teatrale. Anzi appena 
        finito ho pensato<<ce ne fossero tante di esperienze così>>.
 La guerra, lodio, la <<raggia>>, come cantano i musicisti 
        calabresi, vista con locchio di chi ha perso la sua gioia, la sua 
        spontaneità, la sua terra, la sua libertà, la sua vita per 
        il sogno di avere tutto quello che aveva sempre desiderato: la terra.
 Un pezzo di terra idealizzato, sognato..mai trovato. O meglio trovato 
        al momento della morte. Perché "Rocco u stortu" 
        il suo pezzo di terra alla fine, e dico alla fine, lo ha avuto
 ma 
        solo per essere seppellito. Forse non era proprio quello che sognava, 
        sicuramente non era quello per cui ha "combattuto" e sacrificato 
        la sua vita, ma paradossalmente un pezzo di terra tutto suo alla fine 
        glielo hanno dato ..per forza. E questo la drammaticità della 
        storia che più mi ha colpito di questo spettacolo. E mi sono venute 
        alla mente in un flash tutti i più recenti conflitti della nostra 
        storia più recente. Lodio di "Rocco" per gli austriaci 
        simile alla guerre fratricide interne alla Jugoslavia..perché si 
        può arrivare a uccidere tra fratelli. E lodio che in un senso 
        divide le "etnie" di ieri e di oggi accomuna tutti sotto un 
        cumulo di terra. Azzardo un paragone alla Totò: a livella.
 La musica del Parto, sospesa in aria in tutti i sensi(chi ha visto si 
        ricorderà dei musicisti su alte torri di ferro sulla scena dazione), 
        accompagna, sottolinea, sconvolge gli attimi di un racconto drammatico, 
        a volte ridicolo. Giochi di emozioni che raccontano i momenti, le tappe, 
        di un sogno inseguito, coltivato, quasi raggiunto e finito in una fossa. 
        Forse troppo presto, forse troppo malamente. Ma la guerra, nella sua drammaticità, 
        riserva anche questo. Come si fa a sognare in trincea, pensavo durante 
        lo spettacolo. Io sarei troppo impegnato a guardarmi la vita per conservarla 
        e renderla capace di farla sognare ancora..ma dopo la guerra. Forse è 
        questo che ha ucciso "Rocco u stortu". Forse è 
        lodio che lo ha reso cieco davanti allarrivo delle bombe? 
        Forse, ma. La storia fa solo da sfondo alla vicenda di un uomo del sud 
        come tanti, partito per inseguire un sogno(anche andando incontro alla 
        guerra) e tornato con la amara conquista di un pezzo di terra..dove essere 
        seppellito
chi sa se almeno sotto terra smetterà di inveire 
        contro il suo nemico, che paradossalmente, e comunque un suo fratello, 
        almeno nella morte. (kenzo)
 
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