| PRIMAVERA 
      DEI TEATRI 
      2mila1 Laboratorio d'arte dello spettatore 
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 diario 140601
 
 
         
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 Anche le nostre carissime hostess 
                del protoconvento vengono attratte dal diario di bordo e rilasciano 
                il loro segno. La giornata teatrale è densa e ben articolata 
                tra il "freddo" (ma cè chi non è 
                daccordo su definirlo freddo) della drasticità coreografica 
                di MK e il caldo delloralità di Ascanio. PROGRAMMA |    Gente 
        che pullula, che corre, che pensa, che prega... Nei giorni di primavera dei teatri qui al protoconvento 
        si respira un atmosfera in credibilmente particolare. Attori, tecnici 
        , organizzatori, tutti impegnati freneticamente a svolgere il loro lavoro 
        nel migliore dei modi, a far sì che ogni cosa vada per il verso 
        giusto
 I chiostri pullulano di gente che va e che viene, che corre, che pensa, 
        che prega
, gente che vive una vita diversa dalla nostra e che, forse, 
        solo in questi giorni si lega alla nostra vita , per condividere insieme 
        pomeriggi, serate, nottate, fatte di ore indimenticabili
E si! Il 
        ritmo è intenso, coinvolgente e noi ci lasciamo letteralmente trasportare 
        da tutto ciò che ci accade intorno: una parola cordiale per tutti, 
        un sorriso per tutti, uno sguardo per tutti
 Ma i nostri, forse, 
        sono occhi diversi da tutti gli altri: non sono gli occhi curiosi ed increduli 
        degli spettatori, non sono gli occhi attenti e precisi dei tecnici, né 
        ansiosi e affaticati degli organizzatori; non sono gli occhi instancabili 
        degli attori, né quelli straordinariamente sognanti dei registi
 
        Sono semplicemente gli occhi di due delle hostess che si occupano dellaccoglienza, 
        dellassistenza e dellospitalità nel Protoconvento, 
        occhi presenti non solo nel "durante" di ogni spettacolo, ma 
        anche e soprattutto nel "prima" e nel "dopo". Ed è 
        proprio questo prima e questo dopo il momento più stimolante e 
        più interessante. Gli attori, i registi, i tecnici delle luci e 
        della fonia, gli organizzatori, noi li chiamiamo tutti "ARTISTI"
 
        Già, al di là di ogni compagnia teatrale e di ogni staff 
        tecnico ed organizzativo, loro sono tutti, indistintamente, ARTISTI, per 
        noi, nel senso più vero e speciale del termine. I nostri dunque 
        sono occhi che guardano con gioia, meraviglia, stupore, occhi avidi di 
        sorprese e novità, cose che solo gli ARTISTI sanno dare, cose che 
        solo gli ARTISTI sanno portare in ogni luogo, sempre e comunque! (Ines 
        e Gabriella)
 Sandwich di coreografie drasticheCome in un sandwich (il companatico era Ascanio) le 
        coreografie drastiche di MK hanno circondato lo spettacolo del narratore 
        romano, aprendo e chiudendo la serata.
 Strana combinazione: freddo-caldo-freddo. Sembrava una scelta poetica 
        di programmazione. Mi viene in mente una delle rassegne che Giuseppe 
        Bartolucci  curava a sud (a Caserta, che con Padula, Cosenza, 
        Salerno, Napoli e, ovviamente Roma, fu lepicentro della Postavanguardia). 
        Sintitolava "Freddo/Caldo" e ideologizzava il gioco degli 
        opposti, dei contrasti, di ciò che amo definire "cortocircuito 
        arte-vita" (va a vedere nel forum!).
 Ecco questa serata è stata curiosa, quasi paradossale in questo 
        senso.
 Cerano spettatori che aspettavano un Ascanio empatico e umano (troppo 
        umano?) e si sono imbattuti contro il muro del suono e la danza dura, 
        rigorosa che non concede risoluzione armoniche, di MK.
 Devo dire niente male, proprio per contrasto.
 Del loro lavoro, che io raggancio alla memoria che ho di Karol Armitage 
        e dei muri sonori prodotti dalle decine di chitarre elettriche allunisono 
        di Glenn Branca, riconosco il valore. Ne sono distante (ma è in 
        fondo quello che cercano), le atmosfere troppo "cool" mi fanno 
        troppo freddo. (carlo)
  La 
        danza scoliotica Controimpulsi che reagiscono agli impulsi
 libertà necessaria
 piacevole scricchiolio dossa
 Un piacere fisico
 notevole nel quale mi riconosco
 quando disperata
 do pace alla mia schiena
 (paola)
 
 Non ho paroleMk 1^ - 3^ .Vorrei iniziare dicendo semplicemente "non ho parole", 
        ma mi rendo conto che corro il rischio di essere fraintesa. Nei due diversi 
        significati. E allora, senza nulla togliere alla indiscussa e indiscutibile 
        bravura del team, debbo tuttavia confessare la mia assoluta estraneità 
        allevento. Dopo gli innumerevoli dibattiti sulla sacralità 
        della condivisione teatrale, resto incerta, confusa, e riconosco che il 
        termine "perplessa", da solo, non mi basta. Allora mi lancio 
        in un ballo un po bizzarro, da discoteca, e buonanotte! (ginestra)
 MK O dello spiazzamento corporeo?Amo questa scena "fredda" appena entro in sala.
 Il suono è dei miei preferiti quelli che sanno emettere bene solo 
        i vecchi frigo, quello elettronico da impianto sopravvissuto col suo rantolo 
        industriale.
 Ricordo la stanza elettrica di Amleto della Raffaella Sanzio.
 Il seguito di Zero Moses è una sperimentazione di narcisismo dall 
        inorganico che esplora nei flussi energetici sonori la carica bioelettronica 
        dei corpi nello spazio. Freddo impasto di pelle muta tridimensionale con 
        suoni industriali nei cui flussi si spostano e si spiazzano atletiche 
        bianche membra di corpi maschili, uomini che si sfuggono e danzano avvolti 
        in pareo nero e torso nudo.
 Il doppio scenico-energetico arriva in carne ed ossa come solista, piccolo 
        Narciso ammirato da sè che volteggia seminudo il corpo bianco e 
        infantile della scena come suo specchio sordo totale.
 A parte il tentativo estetico riuscito passa poco altro. (kore)
  Anche 
        quando non cè il movimento continua M.K.è ancestrale che non si perde in un mondo di tecnologia pur 
        riconoscendolo. Le musiche di Paolo Sinigaglia in "Zero Moses" 
        sono quelle di altri luoghi, di luoghi che verranno. I corpi di chi danza 
        incontra lantico, lessenziale nellantico, quello che 
        non deve perdersi, nellanticipo in un mondo dove si parla con extraterrestri. 
        Siamo, entrati in contatto con mondi lontani. Movimenti che attraversano 
        lo spazio, il tempo; movimenti sospesi nello spazio e nel tempo, movimenti 
        che non appartengono e per questo rapiscono. Intrecci di linee, incrociate, 
        spezzate. I corpi disegnano quando scompaiono. Attraversano per non fermarsi, 
        non invadono lo spazio, lo superano.Non leggerezze che appartengono a 
        "questo" mondo ma evoluzioni di altri mondi. Corpi nutriti dalla 
        energia della terra, colmi della densità della conoscenza . Anche 
        quando non cè movimento, il movimento continua. A volte si 
        scende e si compiono i riti degli inferi, si riemerge per compiere i riti 
        dei vivi, a tratti si sale su venere o marte per frequentare lo spazio 
        sapendo che altri universi ci attendono. I contrappunti di ritmo nelle 
        musiche indicano come procedere e non cè una volontà 
        che decida, è necessario . Le asperità ottuse della non 
        comprensione non hanno la forza di arrestare energie. Misteriose geometrie 
        nello spazio fuori dal tempo.
 E  Ultra, evoca congiunzioni che vanno oltre sé. Aderire 
        e più in là. Si svuota il "tuo" senso del mondo, 
        per inseguire fili, suoni, si arriva dove non si sperimenta ma si partecipa 
        allo svuotamento. Insieme, i corpi diventano incavi per accogliere corpi, 
        si trasformano in forti bastioni per difendere/ci, si "afflosciano" 
        fragili per consentire il sostegno, insieme. Precisa se perdi rigidità 
        arriva la musica, e  oltre. Non riesce a star fermo segui i movimenti 
        di scena ma non lo sai. Congiunzione per aderire che trapassa lè 
        che vuole affermare. Destabilizzati i sensi fluiscono in una danza priva 
        di sé. Non trovo ci sia esibizione di stile ma preciso rigore. 
        Straordinario sono ancora in movimento, sento fili che tirano per farsi 
        seguire. Grazie. (marialuigia)
  Il 
        cantastorie che svela Come matrioscha la vita di ognuno contiene altre vite. Parla di eventi 
        brutali, delleccidio delle fosse Ardeatine la "Radio Clandestina" 
        di Celestino Ascanio eppure la semplicità con la quale le cose 
        vengono narrate fa pensare che possa essere una storia a lieto fine. Lo 
        sai cosa è accaduto ma la bravura di Ascanio lo fa dimenticare, 
        storia narrata cogliendo i racconti di madri, sorelle, padri fratelli, 
        mariti, mogli. Storie narrate da chi quei corpi li ha cercati e trovati 
        privi di vita. Mai retorico(il rischio era fortissimo) Ascanio ci commuove 
        con dolcezza, ci fa sorridere su ciò che la storia non può 
        dire. 335 uomini , non mandria indistinta è stata uccisa, e il 
        cantastorie svela questa umanità che contiene anche altre vite. 
        Una domanda rimane sospesa : i figli, le mogli
che fine hanno fatto? 
        Come hanno vissuto?. E delicato Celestino nel toccare vite private 
        ed eventi che fanno la storia, svelando bugie. (marialuigia)
  Liberare 
        pensieri con discorsi semplici Ne scrivo parlando, o scrivo per parlare? Ma come scrivo? Con la penna. 
        No un attimo, ci stiamo incartando con le parole!! Ma su cosa scrivo?
 
        domanda finalmente precisa: delloralità. Allora non cè 
        bisogno di scriverne? Dobbiamo parlarne
ia chi casinu!!! Per dire 
        due concetti scriviamo quattromila parole, ma sarà possibile; dovè 
        la forza evocativa e la purezza che solo i grandi oratori sapevano esprimere( 
        che retorica )? Eccolo qua, è arrivato il maestro, che gioca con 
        le immagini ed evoca emozioni, Ascanio Celestini ( messaggio pubblicitario 
        )!!!
 Vedete quante parole ho sprecato per dire che Ascanio è una persona 
        che ha forza di liberare pensieri con discorsi semplici e coinvolgenti, 
        portandoli in scena con pochi mezzi, solo se stesso e quattro lampadine.
 Adesso solo 28 parole, prima mi sono aggrovigliata. (valentina )
 Gusto agrodolce Una sedia, quattro luci, tre assi di legno, un corpo, una storia.
 Tante storie dentro una storia.
 Tanti corpi dentro un corpo.
 Tanto terrore in una risata.
 Sapere di sorridere su stragi reali. Strana possibilità di potere 
        credere che si tratti di teatro, di finzione.
 Sorridi.
 Capisci che non puoi prenderti il lusso di un distacco così gratuito.
 E tutto vero e lui è lì per raccontarci queste verità, 
        rimanendo sotto la luce fioca delle lampadine.
 Assaporo questo prelibato piatto dal, mantenendone il sapore in bocca 
        . (paola)
 La pietas che aleggiaCapita ben di rado sentire rievocare in modo così lieve le pagine 
        più amare della storia italiana del Novecento. Un narrare dolce 
        e misurato apre squarci di verità sui rioni di Roma, con lartificio 
        di una " bassetta" che ansiosamente cerca casa e la cerca, chiaramente, 
        dove non può acquistarla né affittarla: nel cuore della 
        città. Arruffata dalle unghie del gatto, la matassa della memoria 
        comincia a dipanarsi in tanti fili che, come nel labirinto di Minosse, 
        finiscono col convergere nelle fosse Ardeatine. Ascanio sottolinea lassoluta 
        imprevedibilità degli eventi, lo scatenarsi di una follia lucida, 
        mentre la collettività affonda la testa nella sabbia. In un gioco 
        privo della pietas che aleggia invece nelle parole, le lampade vengono 
        accese sulla faccia del narratore, poi scambiate, quindi rese intermittenti 
        per natali e compleanni scomparsi, come il grasso di foca che gli esquimesi 
        non vendono più all Italia: perciò le candeline non 
        si possono fabbricare e le torte non si possono cuocere. E non si possono 
        esprimere desideri: bisogna aspettare la fine della guerra per ricominciare 
        a desiderare le feste, i matrimoni, le case del centro. (ginestra)
 Spezzare la drammaticitàAscanio Celestini in "Roma, le fosse Ardeatine, la memoria" 
        regala una bella pagina di coscienza civile al pubblico presente nei chiostri 
        del Protoconvento Francescano. Attraverso larte antica dellaffabulazione, 
        nel senso più largo del termine, è raccontato lattentato 
        dei Gap in Via Rasella e leccidio delle fosse Ardeatine che ne fu 
        la conseguenza. La capacità di Celestini è quella di trasportarci 
        in quei giorni del 1944, di saper offrire delle note ironiche su piccoli 
        episodi opportuni a spezzare la drammaticità dellevento. 
        Roma città aperta che non esiste, i manifesti che non furono mai 
        stampati, il nonno dotato della capacità di saper leggere in una 
        società dalla bassa scolarizzazione, le crepe di fascismo. Commovente 
        è il racconto delle donne che cercarono i 335 uomini scomparsi, 
        la sorte delle famiglie dopo la guerra, il ricordo della tragedia che 
        gli altri vogliono cancellare dopo la guerra, lieve accostamento alla 
        "Napoli milionaria" di De Filippo. Uno spettacolo necessario 
        da riprendere e da diffondere nelle piazze e nei teatri italiani, che 
        spezza il mito di "italiani brava gente", dei "morti comuni" 
        tra le due parti in un periodo di forte revisionismo storico. Perché 
        se è vero che molti uomini morirono da una parte e dallaltra, 
        bisogna saper distinguere chi morì per a libertà e chi per 
        loppressione come ha affermato Noberto Bobbio. (michele & mimmo)
  La 
        storia non si spegne Una piccola luce si accende, si intravede una sagoma sul palco. La luce 
        passa ad illuminare il volto dellattore, inizia lo spettacolo. Un 
        flusso ininterrotto di parole incomincia ad animare la scena . Si tratta 
        infatti di uno spettacolo basato sul racconto diretto delleccidio 
        del 44. La bravura di Ascanio Celestini consiste proprio nella sua capacità 
        orale di rendere visibili e vivi ,come se tutto ciò si presentasse 
        davanti ai nostri occhi, i luoghi e le persone del racconto .Prende vita 
        Roma che diventa capitale, si vedono i colori e si sentono gli odori dei 
        quartieri di Tastevere ,delloccupazione,degli uomini sepolti nella 
        cava delle Ardeatine. Piccoli cambiamenti di luci, fatte da lampadine 
        normalissime e una lanterna segnano i vari passaggi del racconto che si 
        conclude con il soffio stesso del protagonista su delle candeline accese 
        nelle mani . Ma la Storia non si spegne , la portiamo con noi dopo lo 
        spettacolo. ( ivana )
    Quando 
        non cè tempo per soffrire Il titolo è duro, saturo, mi è scappato. 
        Lho messo prima di scrivere, in genere non lo faccio in questi diari 
        di bordo.
 Li metto dopo, rileggendo il testo.
 Ma mi dà la chiave per parlare del lavoro di Ascanio (Celestini). 
        Lui stesso ieri sera a cena me lha suggerita.
 E una chiave per entrare dentro lepos tragico di Roma Città 
        Aperta e delleccidio delle Fosse Ardeatine, considerando che in 
        tempo di guerra non cera tempo per soffrire: la ricerca di tutte 
        le forme possibili di sopravvivenza non fa trovar luogo al dolore.
 Ascanio riesce proprio a rendere questo paradosso: narra dei conflitti 
        e delle infamie ma in un contesto che a volte rasenta il tragicomico. 
        E veloce, narra senza ritmi apparenti, incalza, ti fa appena visualizzare 
        la situazione e va oltre, in un immaginaria controscena che ti fai nella 
        mente solo con una sua battuta in un romanesco che non si sentiva sulle 
        scene da tempo.
 Dal tempo del mitico Victor 
        Cavallo.
 Ascanio ci porta lontano, ci porta dentro la memoria (cosè 
        la memoria se non vita vissuta dopo ?) di quel popolo romano in guerra 
        (subita ed agita) che ha il pregio dessere autoironico come pochi 
        altri. E il teatro "grado zero", quello che non ha bisogno 
        di rappresentazione, quello che si attesta al di qua della composizione 
        scenica per sviluppare la tensione orizzontale delloralità. 
        Si, orizzontale: senza verticalità interpretative.
 Quel teatro che una decina di anni fa (ma che esiste da sempre, chi ha 
        presente il narratore Leskov evocato da Benjamin?) Marco Baliani, più 
        di tanti altri, è riuscito a inverare. Ascanio va oltre, grazie 
        alla sua semplicità e a quellaria scanzonata che non si pone 
        su quei livelli di taumaturgia e che per altre vie minchioda alla 
        sedia. (carlo)
   
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