FRAMMENTI DI UN INCONTRO CON PUNZO

Qual è il punto di partenza della tua ricerca? Sappiamo che hai condiviso il percorso con il gruppo de l'Avventura, reduce di un progetto come quello del Teatro delle Sorgenti di Grotowski.
Grotowski mi sembra un nome grosso da usare come riferimento. Credo però che vada rivendicata sicuramente l'esperienza del gruppo de L'Avventura.
Ma credo che il mio percorso si debba farlo partire principalmente con l'esperienza che si è sviluppata all'interno del carcere di Volterra. Negli ultimi 10 anni ho fatto esperienze, in cui c'è anche quella de L'Avventura con quella "cultura attiva", vivente, che non è stata direttamente teatrale, ma che interviene molto più sui meccanismi, sui rapporti tra le persone ancor prima che su quelli del teatro. Oggi per me questa è una sorta di regola per avvicinarsi al teatro, per dare uno sguardo a quelle che sono le abitudini, i cliché, in cui sono imprigionati i nostri comportamenti.
Infatti, il lavoro che abbiamo fatto qui è un po' tutto in questa direzione, abbiamo fatto un lavoro sui limiti, anche se lo abbiamo dichiarato solo alla fine:
Avevamo un tema di lavoro che riguardava la Cattiveria, ma molto in generale, un'idea legata all ' immagine di vittima e carnefice, un ' immagine di degenerazione…

Cerchi quindi un teatro fuori dal teatro?
Quello lo è stato fino ad oggi, sicuramente; adesso il tentativo è di uscire anche fuori da quella cosa lì, per andare verso proprio il teatro.
In questi giorni abbiamo creato soltanto atmosfere e situazioni, dove i ragazzi potessero tirare fuori qualcosa che non fosse legato ad una didascalia, ad un testo.
Abbiamo scelto la strada del "non spiegare mai": non abbiamo mai parlato.
Gli esercizi venivano portati alle estreme conseguenze, creando poi scene che potrebbero servire anche per un testo successivo ma che a loro non è ancora conosciuto. Questo è necessario per spiazzare, perché non si preparassero, e non arrivassero a dire "ho capito" per poi tirare fuori le cose più banali.

Credi che il lavoro teatrale sia principalmente quello di creare un campo di forze in cui catalizzare le energie dei protagonisti?
Si, il lavoro che abbiamo fatto in questi giorni è cercare proprio queste situazioni , infatti, quando ho detto che non ero contento della qualità del lavoro d'oggi. mi riferivo alla poca energia che risultava.
Ieri invece ci siamo raccontati i segreti di questo lavoro, è stato intenso.
L ' attenzione: ecco è questo che cerchiamo. L'attenzione come cura dell'altro, è la qualità del guardarsi tra loro, ma loro non come persone, bensì come capacità, come energia.
A questo punto le possibilità teatrali si possono trovare; secondo un'idea che può andare verso uno spettacolo.
Questo metodo sembra non centrare niente con il teatro, ma all'improvviso, come ieri, escono fuori quattro o cinque situazioni che per noi sono già molto teatrali.
Questo è lo stesso modo con cui lavoriamo con i detenuti. Loro hanno una facilità: non gli interessa sapere immediatamente il perché si crea una situazione e dove si vuole arrivare; cioè non hanno il problema di capire il "perché" che invece è un grosso limite degli attori. Se ti metti lì e spieghi il significato e lo scopo di quello che fai, la cosa in se diventa sempre molto, troppo artificiale.
Prima infatti li ho fermati perché tutto era diventato estetico, era diventato artificiale ciò che in questi giorni non lo era stato.
Ieri abbiamo creato una situazione simile: era una sorta di discoteca (tutto nasceva da una ricerca sui Sette Peccati Capitali) ed è diventato un insieme di perversioni abbastanza terribili, proprio per le azioni concrete che hanno trovato. Ed era semplicemente una discoteca. Avevamo delle immagini , delle indicazioni che erano già materiale che si poteva usare per un futuro lavoro di teatro.

Quelle parole che dici all'orecchio cosa sono? Delle istruzioni?
In alcuni casi sono cose molto semplici, dei compiti, altre volte cose che partono da una sfera personale.
Partono da immagini, temi personali che io gli do e che gli permettono di partire dall'interno, per superare il problema della poca concentrazione.
Parto da un'immagine o un fatto reale, concreto; così possono mentire solo a loro stessi.
Il modo in cui ci arriviamo non è diretto: non chiedo mai a qualcuno di fare qualcosa direttamente, bisogna che ci si arrivi con le proprie improvvisazioni; guidate anche, ma improvvisazioni.

Tutto questo lavoro è fondato sul cortocircuito teatro-vita-teatro?
E' difficile poter tenere la vita fuori dal teatro, anche perché in tal caso dove si va a pescare il materiale?
Il problema è se lo si trova in maniera formale o vuota, quindi ricorrendo a cliché, a linguaggi falsi, a modalità a cui non credi; o se proponi te stesso, aiutato dalle situazioni vissute.
Il problema è che non c'è una regola, uno deve fare di tutto affinché possano essere abbastanza forti come attori, per presentarsi davanti al pubblico e quindi avere un percorso forte, con cui loro possono riconoscersi.
Se riusciamo a fare questo con i detenuti che non vogliono fare gli attori, evidentemente un modo c'è.
Qualcosa che si sedimenti, situazioni che tu ricrei, accogli e proponi da tanti punti di vista diversi. Lentamente questo si sedimenta.
Se noi abbiamo fatto questo lavoro su vittima e carnefice, o sulle cattiverie, è evidente che ne abbiamo fatte tante in questi giorni, che lentamente sono venuti fuori i caratteri personali: alcuni vittima, altri carnefice.. Lo spettatore poi non sa se io gli ho dato indicazioni o se l'attore ci è arrivato da solo. Arrivandoci con un percorso suo l'attore, anche se guidato, sedimenta e questo ha un impatto , una forza; e anche l'insieme dell'azione acquista forza.

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