UN DATO STORICO
Il teatro balinese, in vari momenti del nostro occidente, ci ha influenzato molto nell'espressione teatrale. Non intendo privare di identità particolari la nostra produzione di "teatranti", tra l'altro radicata in un passato decisamente lontano. Invece quello che intendo è proporre all'attenzione l'elemento fisico della rappresentazione balinese. Infatti lo stesso movimento delle mani, in corrispondenza a quello degli occhi, determina in sé un particolare linguaggio: il mudra. La componente fortemente fisica è tipica di questo teatro ma col tempo lo è diventata anche di quello occidentale. Soprattutto negli anni '60-'70 si ha assistito ad una estremizzazione del linguaggio corporeo sulla scena, portando il risultato nell'ambito del "sperimentale". Ecco è proprio questo il confronto che voglio proporre dall'inizio. (Rosa D.S.) <back

 

COME È POSSIBILE PER NOI GIUDICARE LORO?
Lo spettacolo non era certamente uno spettacolo "facile": la musica, le danze, il ritmo interno erano veramente "stirati" in lentezza. Infatti gran parte del pubblico, un po' per questo e un po' per la difficoltà di vedere, ha progressivamente abbandonato il teatro Verde. Una volta concluso, quelli rimasti hanno giustamente espresso il loro parere, ma ho ritenuto impossibile "dire" qualcosa. Non mi sembra infatti possibile giudicare uno spettacolo del genere. Non stiamo sentendo persone che "suonano", non stiamo vedendo persone che "ballano", non stiamo seguendo una "storia". Tutto quello che ci è di fronte è la tradizione di 500 anni di un popolo, la musica è creazione ordinata di armonia, il ballo è ritualizzazione del comportamento, la storia è l'evoluzione, la conferma che ci sono stati altri di noi anche nel passato. Quello di ieri sera non era folklore, era tradizione. Per questo è difficile dirne: sarebbe come criticare i Romani perché erano schiavisti, non avrebbe alcun senso, non ci si può porre con una coscienza moderna di fronte ad ogni situazione. E invece tutti pronti a macchinare con i ragionamenti, a giudicare, a darsi spiegazioni. Ed è un a cosa che facciamo spesso. Di fronte ad un'esperienza, ci poniamo spesso troppo criticamente, dobbiamo al più presto possibile dare un giudizio per classificarla e poterla riporre in un qualche "raccoglitore" dentro la nostra testa. Dobbiamo sempre dare una definizione. Dobbiamo sempre porci in qualche modo. A volte bisogna solo osservare e rimandare a molto dopo l'analisi, questo perchè, non classificando, rimaniano "ricettori" di ciò che le esperienze ci vogliono dire.
Nel nostro percorso evolutivo non facciamo che introdurre continuamente informazione nel nostro cervello, ma spesso tutta questa cultura che ci siamo creati, ci vizia. Diventiamo più bravi da una parte a capire le cose, ad elaborare ragionamenti, a parlare, ma dall'altra ricadiamo nel vizio del definire. Giudichiamo in base alla nostra esperienza, tutta, facendo sempre più fatica ad accettare un'esperienza diversa. E' una cosa in cui tutti incappiamo, io certamente compreso, ma sicuramente la vera comprensione può derivare solo da un atteggiamento vergine nei confronti di ciò che ci accade.(Michele D.) <back

 

DANZA GIAVANESE
I gesti sono stilizzati ed eleganti e mimano classiche leggende delle quali gli spettatori conoscono la trama e sono quindi in grado di apprezzare le sfumature più impercettibili ai nostri occhi di occidentali. Più affini all'antico spirito giavanese sono le danze che si eseguono durante il uaiang, tipica forma di teatro indonesiano, recitato il più sovente, secondo schemi tradizionali, da burattini ma anche da uomini. Durante la recitazione costoro eseguono balli di carattere cerimoniale e magico, di d'ispirazione induista nella posizione delle mani, ad esempio, ognuna delle quali significa un elemento preciso, un particolare atteggiamento dello spirito. In una variazione dello uaiang, il cosiddetto uaiang uong, si trovano danze a gruppi di donne e uomini. Nelle donne, la grazia controllata e armoniosa dei gesti fa contrasto con movimenti più veloci, complicati e vigorosi degli uomini, che spesso rappresentano diavoli o spiriti divini. (Eugenio D.) <back