Il Laboratorio d'arte dello spettatore
alla scuola civica magistrale "Monti"
Cosa cerchi nel teatro
Leggiamo i materiali prodotti nelle sessione precedenti del Laboratorio d'Arte dello Spettatore, li commentiamo e giungiamo alla conclusione che il teatro, coinvolgente o meno che sia, ci contagia sempre un po', ci lascia un segno.
Riapro il gioco dicendo: "ragazze, rilanciamo al teatro un nostro segno, l'impronta della nostra esperienza di spettatori".
Perché questo possa accadere dobbiamo prima interrogarci su cosa cerchiamo, cosa desideriamo.
Prima del teatro, prima dello spettacolo, ci siamo noi con le nostre aspettative e le nostre domande personali di mondo e, entrando nello specifico, di teatro.
Scrutiamo le nostre sensibilità, diamo una definizione della nostra domanda di teatro.
O, per rendere tutto più esplicito, rispondete a questa domanda che vi rivolgo di petto:
"Cosa cerchi nel teatro?".
Conoscere altre mentalità
Vado a teatro perché amo tutto ciò che è arte, tutto ciò che è una rappresentazione del nostro estro.
Mi piace leggere il carattere degli attori attraverso il lavoro che fanno sui personaggi.
Ogni personaggio ha il suo ruolo e la sua personalità scritte da un'autore, ma è solo attraverso l'azione dell'attore e la sua recitazione che, a parer mio, viene fuori il vero "essere" dell'attore, dando anima e corpo al personaggio e rivelando la sua qualità di persona..
Per me assistere ad uno spettacolo teatrale significa quindi conoscere la psicologia umana, altre mentalità, con cui confrontarmi. (Sara)
Per correre via da voi
Non vago nel vuoto della monotonia della giornata. Cerco qualcosa di me nel teatro, altrimenti mi sentirei uguale a ieri, quando tutto era una proposta, quando il mio "io" era smarrito.
Con il teatro arriva qualcosa di sconosciuto per me, una profonda novità che io voglio incontrare per correre via dalla quotidianità oppressiva e magari lì ritrovare il mistero e la voglia di fare esperienze uniche… (Marzia)
Esprimersi senza cadere nel retorico
Sinceramente le mie frequentazioni teatrali sono molto limitate. Il contatto con il teatro l'ho sempre e solo avuto attraverso la scuola, non è mai stato una mia iniziativa.
Tra tutti gli spettacoli a cui ho assistito solo alcuni mi sono piaciuti. Con questo non voglio dire che non amo il teatro, perché penso che sia molto utile per acquisire nuovi modi di esprimersi senza cadere nel retorico.
Ammiro molto gli attori di teatro per le loro interpretazioni di stati d'animo che possono essere a volte divergenti da quelli dei personaggi. (Annalisa)
Esternare sentimenti segreti
Cosa è il teatro se non una rappresentazione a volte drammatica, a volte sarcastica, a volte comica dell' "essere" che predomina la nostra anima? L'occhio di chi scruta una rappresentazione teatrale, estrapola quella parte ignota di noi, rispetto al temperamento esteriore. l'inconscio viene messo in gioco dagli attori e dalle loro emozioni. Colui che produce un testo per poi manifestarlo attraverso il teatro, a parer mio esterna sentimenti, emozioni, pensieri che tiene "prigionieri" dentro se stesso. Nel teatro cerco il modo di esternare anche i miei sentimenti "segreti", cercando nel rapporto con gli attori lo stimolo per farlo accadere.
Ecco cosa è per me il teatro, un palcoscenico ove si alternano degli input che richiamano a volte ansia, e altre volte gioia, o divertimento, o…(Fanny)
Vedere qualcosa che va oltre
Perché vado a teatro? E' una domanda che ancora non ha una risposta ben chiara.
In effetti a volte vado per vedere qualcosa di diverso che magari non viene proposto in TV o al cinema, altre volte, invece, vado per comunicare con gli altri. Altre volte per conoscere delle nuove metodologie da "sperimentare" con i bambini. Normalmente adoro gli spettacoli sentimentali e le commedie, ma vedere qualcosa che "va oltre" fa sempre bene. La cosa più bella delle caratteristiche del teatro, secondo me, è il contatto che noi spettatori possiamo instaurare con gli attori e il non essere separati e ostacolati dallo schermo. (Francesca)
Uscire dalla routine quotidiana
Ciò che mi spinge ad andare a teatro è, probabilmente, oltre la voglia di divertirsi, la possibilità di provare emozioni, immedesimandomi nei personaggi messi in scena. Penso che ciò capiti perché ogni tanto si ha voglia di uscire dalla routine quotidiana provando ad immaginare una vita diversa dalla nostra. Penso che qualsiasi spettacolo, bello o brutto che sia, lasci qualcosa dentro di noi. Ciò che amo del teatro è la possibilità di "uscire dalla propria identità" come se ci togliessimo una maschera e ne indossassimo una nuova. (Annalisa)
Il messaggio di riflessione personale
La voglia di andare a teatro?
Bella domanda, non saprei da dove iniziare, forse scoprire un mondo diverso dal mio può aiutarmi a vivere meglio, o semplicemente scoprire qualcosa di nuovo. Comunque tutto sommato non mi dispiace, anche se molte volte non riesco ad essere obiettiva con me stessa sul giudizio da dare allo spettacolo. Mi piacciono di più le commedie allegre, ma anche quelle un po' tristi nel loro complesso possono trasmettere un messaggio di riflessione personale. Forse la cosa più bella del teatro sono gli attori, quando li vedo recitare mi tocca una corda che mi crea un'emozione che non so definire. (Simona)
Una voglia d'imparare che nasce dalla curiosità
Cosa mi spinge ad andare a teatro?
Mi spinge la voglia di imparare qualcosa accostata ad un momento di ilarità o ad un momento di riflessione.
Una voglia di imparare che nasce dalla quasi ossessionante curiosità. (Rosaria)
Le nuove emozioni danno energia
Perché scelgo il teatro?
Per uscire dalla realtà, per scoprire cosa c'è al di là di tutti i giorni.
Ogni spettacolo suscita un'emozione diversa che è difficile provare in un'altra situazione.
Mi piace provare queste nuove emozioni, mi danno energia, anche se a volte queste emozioni possono essere negative. (Carmen)
La passione trasmessa dagli attori
Cosa mi trasmette il teatro?
Forse emozioni forti paura, gioia, o meglio di qualsiasi film visto alla tv per la voce, musica, il calore e la passione che trasmettono gli attori.
Ti coinvolgono, ti travolgono, e tu puoi lasciarti dondolare da questa energia… (Manuela)
La continua scoperta delle emozioni
Non so ancora cosa cerco nel teatro, perché tutto è iniziato per curiosità, per vedere cioè cosa poteva suscitare in me. Fino ad ora, ho visto un solo spettacolo ("Death and Dancing") e ciò che mi ha trasmesso è una forte energia, forse grazie alla bravura dell'attrice. Forse è proprio questa continua scoperta di emozioni, che mi vengono trasmesse, che mi hanno spinto ad interessarmi al teatro. (Nicoletta)
Trovare me stessa in una via nuova
Che cos'è per me il teatro?
Il teatro è per me un luogo in cui ho l'opportunità di ritrovare me stessa, perché tramite l'espressione dei personaggi e la storia stessa ho la possibilità di riflettere e trovare una via nuova per procedere nella vita. (Elisa)
Un'esperienza più bella di ciò che ti da il mondo
Secondo me il teatro è Realtà, ciò che ci circonda è come un teatro dove si recita la propria vita, perché secondo me recitare non è finzione ma sentimento.
Andare a teatro mi apre le "porte" della realtà.
Il teatro, in modo divertente o tragico, presenta una verità che ci educa, e andandoci spesso ti diverti o ne rimani sbalordita, per il tema o per la bravura dei personaggi.
Sono sempre stata restia nell'andarci, ma appena ho potuto provare questa esperienza nuova mi sono buttata ed ora, vorrei continuare, perché mi lascia una sensazione diversa, più bella e approfondita di ciò che ti lascia il mondo. (Valentina)
Il desiderio di partecipare
Come insegnante responsabile del Laboratorio di metodologia della Scuola Civica "Monti" ho voluto questo progetto Teatron proprio perché indaga sulla domanda che stata posta. Cosa cerchiamo nel teatro?
Il lavoro che facciamo qui tutti i giorni, ruota intorno al principio pedagogico dell'animazione per l'educazione e quindi credo che la consapevolezza teatrale sia importantissima. In questo senso, il progetto di comunicazione ON LINE che si sta svolgendo nel nostro laboratorio sta evidenziando il desiderio delle allieve di partecipare agli spettacoli teatrali e poter riflettere su questi.
Da questi incontri è emerso un altro aspetto che non avevo considerato: ovvero come sia possibile, su indicazione di Infante, dare luogo all''interazione stretta tra il pensiero teatrale e un atto di comunicazione come la scrittura, facendolo diventare un grosso momento di maturazione culturale che possa addirittura favorire l'approccio con l'ambiente digitale di Internet che ciò sembra così distante. (Ausilia Ferraris)

Animare l'inanimato
Ragazze, alcune di voi hanno visto spettacoli e hanno scritto della propria esperienza, altre ancora hanno però partecipato a queste nostre riflessioni sulle pratiche e le poetiche dei teatri possibili.
Lo immagino: uscire la sera e non avere la patente per guidare un automobile, è un problema.
Ma ogni tanto la soluzione si trova, vale la pena cercarla.
Sapete quanto trovo importante mettere in relazione la teoria con la pratica del teatro.
Ehi, attenzione, non dimenticate che per me pratica del teatro è anche il lavoro dello spettatore: andare a vedere il teatro e cercare di condividerlo.
Parlando dei diversi modi di fare e pensare la scena, mi sembra di avere colto in voi una particolare attenzione verso quel teatro rivolto ai più piccoli, anche perché in questa scuola civica magistrale vi state orientando verso un'idea pedagogica dell'azione teatrale.
Bene, interroghiamoci su questo. In particolare vedo qui, in questa stanza, un teatrino per marionette e so che alcune di voi sono interessate proprio al "teatro di figura", ovvero quella forma di spettacolarità che oltre a burattini e pupazzi usa oggetti e materiali vari come protagonisti di un teatro che sa animare l'inanimato. Lo sapete che è il teatro più antico del mondo? Prima della tragedia greca c'erano i miti eleusini che vedevano l'uso d' ombre e fuochi.
E' quindi intorno all'idea di un teatro fatto di "figure" che voglio confrontarmi con voi.
Conto poi sul fatto che arrivino i contributi via e-mail di quelle tra voi che hanno visto lo spettacolo "Insetti" del Teatro Settimo. In modo che si possa così procedere sull'onda dell'esperienza condivisa, sulla base di qualche visione scritta, anche per vedere tradotto quell'entusiasmo che mi sembra abbia trasmesso quel lavoro che io stesso trovo straordinario.
Ne è conferma l'affermazione di "allegria nello sguardo" che come un contagio arriva allo spettatore da attori che manipolano le cose, i materiali più banali, per trasformarli "nello sguardo"del teatro in altre cose. Un contagio che passa attraverso l'allegria, quel divertirsi che abbassa la guardia, che rende felicemente più vulnerabili, più disponibili. E' in quegli istanti che il teatro sa farsi lezione di vita: quando ci fa riscoprire lo stupore.
L'allegria nello sguardo
Lo spettacolo a cui ho assistito, dal titolo "Insetti", ha suscitato in me una sensazione di magia.
Per prima cosa mi ha affascinato il modo in cui due soli attori con l'aiuto di vari oggetti siano riusciti ad interpretare più personaggi, poi sono stata affascinata dallo sguardo degli attori, che riuscivano a trasmettere allegria ed attirare l'attenzione del pubblico. Infine sono rimasta affascinata dal gioco scenico delle luci, che davano quel tocco di magia di cui ho parlato prima.
Potrei definire, quindi, con poche parole, lo spettacolo a cui ho assistito come una rappresentazione magica e divertente. (Elisa)
Il bricolage combinatorio
C'è un detto cinese che recita più o meno così: ho sognato d'essere una farfalla che sognava d'esser un uomo.
Per un attimo, anche se solo per un attimo, ho pensato questo vedendo quei due splendidi attori, Andrea Violato (talmente agile nella sua autoironia da rasentare l'umorismo sublime) e Roberta Biagiarelli (leggera e attenta come poche), alle prese con le loro metamorfosi con gli "Insetti" d'invenzione.
C'è da dire che l'impianto teatrale concepito da Lucio Diana e Adriana Zamboni rappresenta un vero campo di gioco: luogo di bricolage ad altissima creatività, dove per automatismo combinatorio tra uno scolapasta e un imbuto può prendere forma un mostruoso coleottero.
Un teatro che rispetto all'altra componente del Teatro Settimo, centrata sul registro narrativo e drammaturgico, sembra assolvere una funzione come quella dell'emisfero destro del cervello: il gioco libero del sensorio in alternanza a quello codificato e ricostruttivo dell'emisfero sinistro.

Confrontiamoci ora su una problematica più generale del teatro, al di là degli specifici spettacoli. Vi lancio una domanda: il teatro puo' nascere dal semplice uso degli oggetti?

Il teatro in una stanza
Collegando i termini teatro e oggetti mi viene in mente uno spettacolo di Marionette o piu' semplicemente il gioco di un bambino. Se chiudo gli occhi mi sembra di vedermi, piccolina, nella mia stanza con in mano due cucchiai e a terra una pentola pronta ad esibirmi col mio "tamburo" davanti al mio pubblico: le mie bambole. Questo era "il mio teatro". (Annalisa)
La scoperta di nuovi modi di comunicare
Il teatro secondo me, non puo' nascere ma "nasce" da oggetti anche se vogliamo non utili quotidianamente. Un bambino in una qualsiasi drammatizzazione si costruisce una scenografia molto bella anche se con due o tre oggetti.
Il teatro creato da oggetti e' sicuramente piu' stimolante creativamente non solo per gli adulti che lo guardano, perche' un bambino puo' aiutarti a capire e a scoprire nuovi modi di comunicare. Perché il teatro e' comunicazione! (Francesca)
Uscire dalla realta' con le cose di tutti i giorni
Il teatro in fondo e' oggetto ed e' composto da oggetti.la cosa piu' bella in un teatro, secondo me, e' la capacita' di inventare delle storie fantastiche con l'utilizzo di materiali di tutti i giorni ed utilizzati da tutti, non cose complicate, ma cose semplici e banali.
Questo puo' essere un modo per dar spazio alla fantasia ed all'immaginazione.Uscire dalla realta', non seguire piu' tutti quei rigidi schemi che la societa', in qualche modo, ci impone. (Carmen)
Oggetti o parole, conta la fantasia
Il teatro per me e' una forma di espressione. e' la capacita' degli attori di trasmettere sensazioni ed emozioni (paura, ansia, gioi ) al pubblico mediante un' interazione diretta fatta di parole, tonalita' vocali, gesti, e mimica facciale. Secondo me il teatro puo' anche nascere dagli oggetti, cioe' dall' utilizzo di materiali semplici, di tutti i giorni. Questo dimostra che per trasmettere emozioni non c'e' bisogno di usare materiale particolare, ma bisogna solo usare la fantasia. in fondo il teatro e' questo: fantasia. (Raffaella)
Aspetto di essere coinvolta
Dal teatro mi aspetto delle rappresentazioni che sappiano coinvolgermi.
Il teatro, secondo me, dovrebbe portare sulla scena degli aspetti quotidiani in modo tale che ogni persona riesca ad immedesimarsi in un personaggio o in una particolare situazione. (Elisa)
La non-solitudine della marionetta
Il teatro e gli oggetti. C'era una marionetta dentro la stanza, ma era la mia, legata alla mia infanzia quando nella noia cercavo qualcosa da inventare. Era uno strofinaccio da cucina ,era poi la mia bambola, era poi con me l' amica, era la non solitudine. Io e lei eravamo due attrici in quell' immenso teatro che era la mia camera. (Marzia)
Quando gli oggetti nascono dall'uomo
C'è chi sostiene che il teatro nasce prima dalla creatività umana e solo dopo dall'uso degli oggetti. Ma dopotutto gli oggetti da dove nascono? Dall'uomo.
L'uomo costruendo gli oggetti li crea e mette dentro loro ciò che vuole.
Si può quindi concludere che il teatro possa nascere dall'uso degli oggetti perché comunque questi hanno qualcosa di vivo. (Rosy).
Emanare realtà
Il teatro può nascere da ogni cosa, perché da ogni cosa può nascere "qualcosa", ma ciò sta nella capacità di essere presente, elaborare, fantasticare, creare ciò che può essere particolare, che attira l'attenzione, che faccia "teatro".
Con un po' di fantasia e creatività, può nascere qualcosa di importante ed entusiasmante purché emanino una "realtà" e attirino l'attenzione dello spettatore. (Vale)
un link ad un festival di un teatro di figura

L'eco del teatro da camera hard
E' casuale che in questo nostro laboratorio sull'arte dello spettatore si siano combinati, uno dopo l'altro, due spettacoli radicali, dai toni estremi ed inquietanti. Quello di Marcido Marcidoris e questo del Teatro di Dioniso, "Death and Dancing" al Teatro Juvarra.
Nonostante quello che qualcuno possa pensare, conoscendo il mio radicalismo teatrale, è avvenuto per caso, per opportunità di cartellone. Ma in questa casualità c'è da trarre una lezione: il teatro rispecchia la complessità del mondo, tutto il suo bene e tutto il suo male.
Il male dell'anima, quello dei caratteri estremi del vivere da cui nascono i paradossi, i punti critici della commedia umana. E' così da sempre, da quando Sofocle con il suo "edipo" toccò uno dei tasti più imbarazzanti dei rapporti inter-familiari, quello del rapporto incestuoso tra figlio e madre.
Più estremo di così! Eppure la tragedia greca è dentro tutti i libri di scuola.
Perché mai, quindi, qualcuno dovrebbe scandalizzarsi se le ragazze diciassettenni della Scuola Civica Monti vanno a vedere uno spettacolo che tratta di omosessuali londinesi in un ambiente da "Trainspotting"?
Valter Malosti ha dimostrato, ancora una volta, di possedere la misura registica per allestire testi dai toni forti, border-line. La drammaturgia di Claire Bowie viene risolta in un teatro da camera post-strindberghiano, su un registro hard, non solo per le parole nude e crude (genitali, direi) ma anche per i suoni, montati in una "colonna"che spazia da Prodigy a La Pina. Un set techno per una commedia hip-hop, leggera e graffiante in cui Michela Cescon (conturbante la sua energia nel "comizio d'amore") e Vito di Bella, giocano con straordinaria disinvoltura. (Carlo)

Seguono alcuni interventi delle ragazze che sono andate a vedere "Death and Dancing", alcune anche accompagnate dal genitore (rivelatosi poi entusiasta sia dello spettacolo che dell'operazione).

Un problema di tutti i giorni ma mai affrontato
E' strano, ma fra tutti gli spettacoli visti, questo è l'unico che non mi ha trasmesso né paura né allegria, ma un particolare senso di vita. Ciò che è emerso è stupore; in quanto vi era una chiara rappresentazione della realtà e tutto era accentuato dall'uso di un linguaggio e di gesti molto forti e specifici. Nonostante ciò mi sono divertita, proprio perché l'argomento trattato è un problema di tutti i giorni, che poche volte viene affrontato. (Nicoletta)
Coinvolta perché sconvolta
Quando pensavo di dover andare a vedere una rappresentazione teatrale immaginavo qualcosa di noioso. Adesso non è più così dopo aver visto questo "Death and Dancing".
Beh, diciamolo, sono un po' "sconvolta".
Lo spettacolo è coinvolgente, perché è molto forte ed esplicito. Forse troppo.
La bravura dei due attori è stata fondamentale, per la capacità di poter riempire il palcoscenico (senza scenografia) con la sola voce. Mi ha coinvolto parecchio anche se l'ho trovato un po' volgare per il linguaggio usato. Mi ha fatto anche ridere ma soprattutto riflettere su un problema attuale e sulla confusione che un omosessuale può avere dentro di sé. (Manuela).
Travolta dalla valanga
Stavo lì, seduta su quella poltrona e ascoltavo in silenzio le parole degli attori: sembrava una valanga di suoni che attimo dopo attimo mi stava travolgendo. Avrei voluto alzarmi e fuggire per non dover ascoltare tutta quella volgarità così lontana dal "mio" mondo, eppure così vicina. Però rimasi.
In due secondi decisi che dovevo stare lì e affrontare l'ostacolo.
D'altronde erano solo parole che apparentemente non avevano nessun significato ma che marciavano a tempo di musica sul sentiero delle mie emozioni. Sono contenta di essere rimasta perché ora so qualcosa di più di questo nostro, strano, pazzo mondo. (Sara).
Il Musical Pop della Cristianità
Oltre ad organizzarci per andare insieme a teatro, cercando, con difficoltà, di combinare le disponibilità di tutte per via degli orari e tutto il resto, ho dato ampia disponibilità ad accogliere le riflessioni di chi, autonomamente, andasse a teatro. Ecco finalmente un intervento, si riferisce allo Jesus Christ Superstar di Tim Rice e Andrew Lloyd Webber, il famosissimo Musical Pop della Cristianità allestito dal Teatro della Munizione al Teatro Colosseo.
Tanta voglia di amare
Il musical che ho assistito al Teatro Colosseo è un'opera musicale di cui avevo già visto la versione cinematografica e quindi conoscevo, in grandi linee, la struttura e le canzoni. Sono stata molto colpita dalle musiche accompagnate dai balletti, dal carisma che trasmetteva la figura di Giuda interpretato da Karl Anderson, già interprete dello stesso ruolo nel film. Una serie di effetti speciali ha poi catturato la mia attenzione.
Nell'insieme lo spettacolo mi è piaciuto molto, infatti la prima cosa che ho detto, appena uscita da teatro, è che questa esperienza è tutt'altra cosa dall' ascoltare la stessa opera su CD o su video, perché quando una si trova lì, con una serie di persone che ballano, cantano e manifestano la loro gioia, facendo tutto quel lavoro,.non può che rimanere coinvolta emozionalmente.
Il ruolo di Gesù poi… Nel ruolo predominante di tutto lo spettacolo si vede l'attore che attraverso la sua voce e la presenza scenica arriva a sembrare addirittura Gesù… Anche Maddalena con la sua dolcezza e per il suo amore per Gesù mi ha trasmesso tanta voglia di amare e condividere la mia gioia con gli altri. (Simona)

Dopo il ciclone MARCIDO MARCIDORIS
Ero pronto, avevo messo in conto che sarebbero emerse delle forti contraddizioni, sicuramente delle inquietudini.
Ero curioso quindi di confrontarmi con le ragazze della Scuola Civica Magistrale "Monti", nell'incontro del Laboratorio d'Arte dello Spettatore (appena il secondo del nostro programma), dopo aver visto "Una canzone d'amore" di Marcido Marcidoris al Teatro Carignano.
Già il fatto di aver visto un evento teatrale così radicale in uno spazio così istituzionale era importante per riconoscere come delle esperienze così marginali (eccentriche rispetto al senso comune) potessero trovar luogo al centro delle attenzioni culturali ufficiali.
Il gioco che ho proposto è stato quello di tirar fuori, alla svelta, senza pensarci molto su, un aggettivo, una parola, da dare non allo spettacolo ma alla propria esperienza, una parola che potesse definire il loro stato d'animo di spettatori.
Eccoli: aggressione, solidarietà, irruenza, agitazione, lotta interiore, coinvolgimento traumatico, dinamico, ansia. (Carlo I.)

L'aggressione degli sguardi
I rumori, le urla, gli sguardi, i movimenti hanno lasciato in me delle emozioni provocate dallo spettacolo: aggressivo.
Con questo spettacolo ho capito che non vi è uno spettacolo né bello né brutto, ma molto soggettivo. (Francesca V. V A)

La solidarieta' per la cura e lo sforzo
Mentre guardavo lo spettacolo ho pensato agli attori, in particolare allo sforzo fisico che stanno compiendo e alla cura che mettevano in tutte quello che facevano, da come erano vestiti, al taglio dei capelli, alle azioni. Quasi per solidarietà. (Rosaria IV A)

L'irruenza della sincronia
Il particolare che mi ha colpito di più è stato la sincronia dei personaggi, che avevano un ordine ben definito, e si muovevano armoniosamente, senza perdere il filo dello spettacolo; erano organizzati in modo preciso sia nei movimenti che nei costumi.
E' stato uno spettacolo irruente, in quanto i personaggi non davano la possibilità di distrarsi perché, o nei movimenti o nel tono di voce, attiravano sempre di più l'attenzione. (Valentina I. IV A)
Agitata dagli sguardi e dal tono della voce
In quel momento mi sentivo molto agitata.
La mia agitazione interna era provocata dagli attori, a causa dello sguardo e del tono di voce da loro usato. (Carmen Z. V A)
La lotta interiore
Questa mia esperienza teatrale si è rilevata una continua lotta interiore, mentre gli attori eseguivano il loro spettacolo, continue interruzioni musicali intervallate da balletti provocano in me uno stato d'ansia. Non posso giudicare se lo spettacolo sia stato bello o brutto, perché non mi intendo di teatro, ma posso solo manifestare il mio stato interiore. (Simona C. III C)
Il coinvolgimento traumatico
La visione di questo spettacolo ha suscitato in me uno stato di tensione, di angoscia a causa dell'agitazione degli attori che con la loro gestualità e voce trasmettevano.
Comunque è qualcosa che non mi ha lasciato indifferente. Mi ha coinvolto, come ,ad esempio, l'uscita della palla-gabbia che sembrava rotolare sul pubblico e che ha , in un certo senso, obbligato le persone a prestare maggiore attenzione in quanto coinvolte direttamente in un evento che poteri dire traumatico. (Raffaella L. V A)
La dinamicita' dell'incomprensibile
Uno sguardo sul mio reagire allo spettacolo non è facile da definire. Tutto pareva incomprensibile. Ma dinamico. E poi non ero sola in questa condizione: lanciando uno sguardo alla poltrona vicina potevo capire il loro imbarazzo nel non comprendere e sempre più vivo il conflitto. Sento alla fine gli applausi: ma da cosa sono provocati, ci sono anch'io in quegli applausi, perché? (Marzia U. V A)
L'ansia e il crescendo delle voci
L'ansia viene provocata dal tono e dalla presenza dell'attore imprigionato, dalla voce possente di tutto il cast teatrale.
E' questo lo stato d'animo predominante in me. Interiormente sentivo come un processo in salita, cresceva la voce esterna, cresceva la mia ansia.
Quest'ansia però si calmava quando l'attore non parlava. Una calma apparente che sfociava nuovamente in ansia quando veniva interrotta dai vocalizzi a voce alta. (Fanny Z. V C)
La ferita che mi sono provocata
Lo spettacolo a cui ho assistito ha provocato in me emozioni di paura e confusione.
E' stato come se una nuova porta della mia vita, che volevo tener "chiusa", si sia aperta ed abbia fatto riemergere una ferita che mi sono provocata da sola, giocando con un brutto scherzo del destino. (Elisa)
L'inquietudine dell'incontro ravvicinato: la crisi come crescita
Dette e scritte, in velocità, senza elaborazione letteraria, tirate fuori, come "tossine" sudate via: ecco qui sopra le risultanti dello stato d'animo post-Ciclone Marcidoris delle ragazze del"Monti".
Detto, scritto, fatto questo, iniziamo a parlare un po'.
Ed escono fuori le cose più interessanti.
Si parla del fatto che delle volte si prova piacere avendo paura.
E' l'adrenalina gli dico, il nostro corpo ha una quantità e una qualità di risorse chimiche che nessun impianto industriale di Ecstasy potrà mai simulare.
Le emozioni che proviamo nella vita, da quella sentimentale a quella artistica, ci offrono opportunità straordinarie per misurarci con quella complessa e affascinante chimica del cervello che sta alla base del nostro auto-accrescimento di sensibilità. Andare a teatro significa questo. Anzi, siamo ragionevoli, anche questo.
Non ci si può innamorare tutti i giorni. Ma è bello avere delle emozioni.
In fondo la domanda da rivolgere all'esperienza artistica, e quella teatrale, è questa: vivere qualcosa che solleciti fortemente le nostre percezioni. Ecco rispetto a tanto teatro inerte il fatto di incontrare degli alieni come i Marcido Marcidoris è un'occasione fenomenale per riflettere su quel dato.
Il teatro nasce dalla nostra capacità di essere chiamati in gioco, non tanto sul bello e il brutto, sulla bravura degli attori o l'interesse per un testo.
Certo l'Incontro Ravvicinato con quegli alieni diretti da Marco Isidori può spiazzare troppo, produrre inquietudini, ma vi assicuro che il rigore che stabiliscono con loro stessi ( e con tutti di conseguenza) è tale da meritare il massimo rispetto. Ed è proprio questo, tra i tanti altri, uno dei valori emersi nelle dichiarazioni delle ragazze.
Il riconoscimento della loro organizzazione sincronica dei movimenti e delle voci, serrata come un dispositivo inesorabile, è data come la loro cifra teatrale, un teatro più unico che raro.
Ma detto questo rimangono le inquietudini, causate dalla rottura di uno status quo percettivo e cognitivo… "tutto pare incomprensibile".
Ma è così necessario comprendere uno spettacolo teatrale?
Ascoltando Bach o i Prodigy cosa comprendiamo? E vedendo un quadro di Klee o di Kandinski?Il punto sul quale lavorare (e noi, io e le ragazze del "Monti", abbiamo lavorato in tal senso) è in quel sentimento di crisi che l'inquietudine per "spiazzamento" produce per tradurlo in crescita, in quell'accrescimento di sensibilità che in fondo rappresenta la vera arte dello spettatore. (Carlo I.)