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Autore: Oggetto: Performing Media all'Università di Udine-Pordenone
carlo
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[*] Inviato il 5-6-2007 at 17:13
arrivo


verso le 15.15

era annunciato alle 14, ma non ce la faccio

usate il forum!

vi allego una nota che credo possa esservi utile

si riferisce alle ultime fasi della mia progettualità di Performing media:
l'Innovazione Territoriale

Allegato: PerformingMediaXInnovazioneTerritoriale.rtf (35kB)
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Raffaella Manfrè
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[*] Inviato il 6-6-2007 at 11:32
Modi di "partecipare"...


Sito interessante, soprattutto se si pensa che è creato e gestito da un gruppo di studenti dell Uni di Padova... E' un modo di "parteciapre"...
http://www.come2discuss.net/
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Raffaella Manfrè
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[*] Inviato il 6-6-2007 at 12:06
Non c'entra ma....


Curiosando in internet.
Questo non c'entra molto ma... NON SAPEVO CHE ESISTESSE UN'ATTUALITA' DI BUONE NOTIZIE!!!
Magari sono l'unica... e mi sento tanto fuori dal mondo...
http://www.buonenotizie.it/asp/index.asp
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Raffaella Manfrè
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[*] Inviato il 6-6-2007 at 12:11
Stile "condivisione"


Blog normale, ma ben curato ed equilibrato: mi piace!
http://mondocomico.splinder.com/
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Raffaella Manfrè
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[*] Inviato il 6-6-2007 at 12:23
Bravate ludiche


Questo è veramnte simpatico...
http://bravateludiche.splinder.com/
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carlo
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[*] Inviato il 6-6-2007 at 13:27
social bookmarking


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Originariamente scritto da Raffaella Manfrè
Questo è veramnte simpatico...
http://bravateludiche.splinder.com/


ok
benel
raf
io stesso sostengo che un buon modo x usare il forum
è fare backup dei propri appunti e link ancor di +

ma ti segnalo la giusta pittaforma x stoccare web
http://del.icio.us/

è utilissima
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kiara
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[*] Inviato il 6-6-2007 at 13:42
musei


http://www.museonazionaledelcinema.org
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Raffaella Manfrè
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[*] Inviato il 6-6-2007 at 14:24
Matriali video


Materiali video:
1. ENNEZEROTRE
2. MANI IN PASTA
3. VIDEO TEATRO
4. STUDIO AZZURRO: ambienti sensibili
5. STUDIO AZZURRO: video ambienti (installazioni)
6. TPO: giardini interattivi
7. EMOTION

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Marcodagostini
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[*] Inviato il 6-6-2007 at 15:20
La testa ben fatta.


La testa ben fatta.
Riforma dell’insegnamento
e riforma del pensiero nel tempo della globalizzazione

Un libro di Edgar Morin

Montaigne: "E’ meglio una testa ben fatta che una testa ben piena"
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day
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 07:31
tags


interattività - interfaccia - performance - interrelazione sociale - informazione - comunicazione

a pagina 48 del libro performing media 1.1 "....è più creativo un social network che l'ennesimo esercizio di stile di tanta web art ...."
perchè essere così radicali? non si condividono informazioni anche mediante il codice html, oltre che mediante l'interfaccia visiva e la mappa del sito?
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kiara
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 07:32
tag


a me interessa...
- musei interattivi
- drammaturgia dell'interattività
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Marcodagostini
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 07:33
Parole chiave


...Scusate, ne ho messe tre ( e ne avrei mesa anche qualcun'altra...):

- Ipertinenza (intelligenza connettiva), social tagging

- Smart Mob

- Prosumer



...e aggiungo: psicotecnologie.
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Beppe
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 07:37
incertezza


Magari c'è qualcosa sul libro (l'ho appena iniziato)...oppure nel programma...perchè non sono ancora stato toccati alcuni punti che riguardano (se ci sono!!) il cinema e l'interazione o il cinema e il web...
"purtroppo" sono un audiovisivo e queste sono le mie aree di interesse...se qualcuno mi può aiutare...
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Marcodagostini
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 07:39


A proposito di Psicotecnologie:

"il mondo esterno passa dalle pagine allo schermo e sullo schermo prendono vita forme di coscienza, di espressione della coscienza, basate sul linguaggio, che sono una estensione della nostra mente.

...

Internet è proprio una forma di estensione dell’intelligenza e della memoria privata ma fatta collettiva."


http://www.mediamente.rai.it/HOME/BIBLIOTE/intervis/d/dekerc06.htm#...
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carlo
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 07:39
lo spettacolo della conoscenza


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Originariamente scritto da kiara
a me interessa...
- musei interattivi
- drammaturgia dell'interattività


ecco in questo testo
vi sono un pò delle risposte alle tue richieste



Lo Spettacolo della Conoscenza
Dai Teatri della Memoria alla multimedialità interattiva dei possibili Musei Virtuali

Abstract: Entrare in un Museo può essere concepito come partecipare ad uno "Spettacolo della Conoscenza": Perché ciò accada va ricreata quella sinestesia che sta alla base della messinscena teatrale: la compresenza di linguaggi diversi, simultaneamente. L'occhio e il cervello dello spettatore selezioneranno, ricreando, attraverso la dinamizzazione della propria percezione e del conseguente processo cognitivo di elaborazione delle informazioni raccolte, un proprio campo di rappresentazione, un Teatro della Memoria. Questa linea di sviluppo è possibile se si vuole cercare di coniugare il principio che sta alla base di un Parco Tematico intelligente e divertente con quello di un Museo che accanto alla propria vocazione sacrosanta di conservazione contempli un percorso innervato di soluzioni interattive ad alto valore culturale. Inscritte nel progetto museale possono quindi trovare luogo installazioni multimediali che "in presenza" vengono pilotate dallo stesso utente espandendo la pista tematica in oggetto. Si apre, e si chiude qui, un riferimento ai cosiddetti Musei Virtuali che, dalle applicazioni affascinanti di Realtà Virtuale, ai prodotti editoriali in Cd-Rom fino al florilegio di siti internet (dalle funzioni meramente pubblicitarie di locandina elettronica ai portali ad alta tematizzazione), rischia di apparire solo come un mero gadget tecnologico per chi non sa coniugare cultura e comunicazione.


Ogni tanto è opportuno ricordare che il teatro, il libro, il museo sono delle tecnologie, almeno secondo l'accezione antropologica che intende per "tecnologia" la totalità dei modi che le popolazioni esprimono per interagire con il mondo. Un approccio che si attesta al di sopra delle parti, quella umanista e quella scientifica, con cui noi, in occidente discriminiamo il rapporto con i saperi, con la cultura. Le tecnologie sono in fondo estensioni delle nostre funzioni verso l'esterno. Ci sorreggono in compiti che né mano né mente possono assolvere in modo compiuto da sole.
La parola "tecnologia" non nasce con l'era della Meccanica ma trova la sua origine nelle risposte alle domande più antiche, ovvero nella ricerca di soluzioni al rapporto uomo-mondo. In questo senso riflettere su come il museo abbia espanso la nostra coscienza culturale e come possa oggi rilanciarsi in un mondo così mediatizzato e affollato di indizi, immagini e informazioni, può farci superare qualche superstizione. In primo luogo quella per cui cultura e comunicazione non possano agire sullo stesso piano.
Dicevamo che in fondo il museo può essere concepito come una tecnologia,anzi meglio come una tecnologia cognitiva. Cosa significa? Come un libro o un enciclopedia il museo ci pone di fronte al fatto che decentrare funzioni complesse, come quelle dell'organizzazione mnemonica e della sistematizzazione delle informazioni, è stato fondamentale per la nostra evoluzione. Dare nome alle cose e poi esporre quelle cose con quei nomi insieme in un luogo deputato ha contribuito in modo determinante allo sviluppo del linguaggio. Come per le tavole sinottiche dell'Enciclopedia il museo ha dato non solo forma ma sostanza a quella strategia di denominazione a cui la cultura umanista deve quasi tutto. Il principio fondante dell'idea museo va infatti assolutamente oltre quella di una collezione (più o meno privata) di oggetti-feticcio Si dà così luogo ad una esposizione complessa, e tendenzialmente gerarchizzata, di nomi e cose che sviluppano campi cognitivi. Ma c'è una considerazione che è opportuno immettere subito in campo. Riguarda la capacità propria del linguaggio di esistere solo in quanto condiviso. E' il fattore per cui l'alfabetizzazione è stata considerata il primo problema da assolvere per quelle società definite civili. Ragionando su questo possiamo trovare nella continua interazione dei diversi media, l'attitudine da sempre a sfumare la contraddizione delle competenze specifiche ed esclusive per attuare una comprensione sempre più ampia.Se si pensa poi che il teatro rappresenta la prima grande tecnologia di rappresentazione ci si introduce ad un discorso che può sollecitare un'attenzione più viva e meno diffidente nei confronti dei nuovi media interattivi e la loro evoluzione nell'ambito dei Beni Culturali. Perché tirare fuori qui questo discorso sul teatro? Perché rappresenta la prima grande tecnologia cognitiva che fa della comunicazione il principio cardine della trasmissione culturale.
Senza il teatro, e la sua capacità di rappresentare in quei grandi straordinari bacini di utenza che erano i teatri dell'antichità greca, il linguaggio alfabetico non si sarebbe mai diffuso con tale velocità. Non sarebbe forse mai diventato un vero medium di comunicazione ma solo l'espressione esoterica di una esclusiva casta di rapsodi. Il fatto stesso di associare a parole sconosciute , perlomeno ai più, delle azioni fisiche che supportassero il significato recitato, e quindi creare attraverso la mimesi partecipata un senso elaborato dallo sguardo dello spettatore ha sicuramente contribuito non poco a far nascere la nostra civiltà occidentale. A farci capire l'uno con l'altro. A un medium di comunicazione nuovo come quello alfabetico s'integrava così uno molto più consolidato come quello della gestualità e proprio grazie a questa interazione si veniva a compiere il senso condiviso.
Ai modi di comunicazione originaria, propri della gestualità (competenza filogenetica affinata in milioni di anni d'evoluzione) s'innestava la nuova competenza alfabetica come poi a questa si è combinata la scrittura che sancì il primo grande strappo culturale, separandosi dalla civiltà orale. Eppure sappiamo che la scrittura non fa perdere la memoria, come sostenevano i grandi filosofi dell'antichità. E che il libro non ha ucciso il valore dei portali di marmo di Notre Dame come temeva l'arcidiacono Frollo ideato da Victor Hugo. Una cosa però è certa: il principio simbolico ed astratto della scrittura oggi non può più essere considerato come l'unico medium per trasmettere conoscenza, anzi è decisamente indebolito rispetto al principio percettivo che sta alla base dell'efficacia e di conseguenza dell' egemonia audiovisiva.
E' nel quadro di questa considerazione che è necessario trattare, inventare, trovare delle soluzioni possibili per una relazione qualificante tra i sistemi della comunicazione e le politiche culturali che, tra editoria e museologia, cercano di riconquistare il terreno perso.
Prima di procedere nel ragionamento bisogna riflettere su questo : non si può più tenere separata la cultura dalla comunicazione; o meglio, come ci hanno dimostrato tutte le tecnologie cognitive nella storia dell'Uomo, non si può prescindere dal fatto che l'evoluzione comporti uno spostamento generale delle sensibilità e delle predisposizioni all'apprendimento. E questo spostamento è dato dalla qualità di trasmissione della cultura. Questo è il significato che varrebbe la pena dare alla parola comunicazione ma questo non è accaduto in primo luogo per la struttura aristocratica della cultura umanista, che ha imposto di fatto una politica classista ed elitaria di accesso alla conoscenza. Oggi le cose vanno diversamente; anzi con la società e la scolarizzazione di massa, si è creato un andamento opposto, con altre contraddizioni, come conferma il dissesto che in questi ultimi decenni di dominio del massmedia televisivo è stato prodotto, squilibrando il valore stesso del rapporto possibile tra cultura e comunicazione. In questo quadro concepire una politica per i Beni Culturali centrata sull'esclusività e sulla selezione intellettuale sarebbe miope. Come d'altronde sarebbe banale tentare di spettacolarizzare l'offerta culturale secondo modalità para-televisive e marketing oriented.
Vale la pena centrare l'obiettivo, che si cela dietro la facciata del problema, ponendoci delle domande semplici e circostanziate.
Cosa chiediamo ad un museo?
Certamente non solo il fatto di conservare ma di esporre i beni culturali in oggetto. E' del carattere di questa esposizione che vale la pena trattare riflettendo in primo luogo su un dato: per quanto sia importante e degna di tutto il rispetto opportuno la museologia concepita come una sequenza di teche più o meno ricche di contenuti qualificanti non è sufficiente a trasmettere cultura. L'impostazione del deposito gerarchizzato, proprio secondo i principi dell'archivio, è purtroppo quella che passa come forma-museo per eccellenza.Questo adagiamento su formule inadeguate non da' spazio allo sviluppo di una progettualità che può invece inventare forme più avanzate.
"(…) non si comunicano oggetti, e nemmeno collezioni di oggetti: questi semmai si posseggono, si scambiano,si rubano, si ordinano e si classificano, ecc. ma non si comunicano. Così nella struttura linguistica, comunicano le frasi, non i nomi: designare non è comunicare; ne è solo il presupposto." Così scrive Francesco Antinucci (su "Sistemi Intelligenti" Rivista di scienze cognitive, Il Mulino ,agosto 1998), in un lucido saggio su Musei e Nuove Tecnologie, elaborato sulla base di una doppia esperienza: la ricerca sulle modalità d'apprendimento interattivo all'interno dell'Istituto di Psicologia del CNR e la progettualità nelle applicazioni di Realtà Virtuale per i Beni Culturali con Infobyte (solo due esempi sono sufficienti per cogliere il calibro delle operazioni: la ricostruzione della Tomba di Nefertari in Egitto e quella dell'affresco di Giotto nella Cattedrale di San Francesco ad Assisi). E' seguendo la sua pista teorica che giungiamo ad affermare con la dovuta convinzione che non basta più concepire il grande repertorio di reperti di un museo, magari organizzato per "generi e specie", come un'enciclopedia fisica, un ampio "dizionario" di oggetti e nomi; è necessario andare oltre. Dobbiamo prenderli quei nomi e comporli in frasi, meglio in racconti o in visioni evocative. Creare, magari inventare, temi. Sappiamo quanta ricchezza creativa possa sorgere dalle filologie e dalla ricerca storica, dalla comparazione tra culture diverse e lontane (alla scoperta di possibili sincretismi) e nella complessa e immaginifica tematizzazione delle risorse culturali. Ma qui sembra insorgere la contraddizione che c'è tra l'idea di mostra e quella di museo. E proprio qui emerge la straordinaria potenzialità del virtuale, o ancora meglio (data la facilità e l'economicità delle applicazioni) della multimedialità e della telematica. In un percorso espositivo si possono concepire postazioni (l'ideale è mimetizzare il computer, incastonandolo nella scenografia del museo) che amplifichino il senso dei reperti, espandendolo magari in comparazioni tematiche e/o iconiche. Il dato cardine risiede, più che nella complessità delle informazioni e degli indizi, nell'interattività, ovvero in quella qualità di trasmissione delle conoscenze che permette all'utente di operare delle scelte. E' a partire da questa qualità che è possibile arrivare ad intuire quanto possa essere coinvolgente la frequentazione di un museo che sappia utilizzare in modo dinamico e intelligente le tecnologie digitali.
Il fulcro è nell'informazione comunicata, o meglio: nella comunicazione efficace del contenuto viene a rivelarsi il gioco che può rendere un museo capace di intervenire nell'immaginario dell'utente finalmente spettatore di un progetto espositivo di nuova generazione. Già il fatto di usare la parola "spettatore" dovrebbe far riflettere.Si percepisce però la reazione automatica e indispettita di chi non crede in questa ibridazione tra spettacolo e cultura. Per non parlare poi di sviluppare la questione, accogliendo in questo contesto i media interattivi. Va sgombrato il campo da un equivoco: non si tratta di spettacolarizzare e tanto meno di mediatizzare l'approccio con i Beni Culturali bensì di potenziare la partecipazione attiva, sia sensoriale che cognitiva, dell'utente.
Avete presente l'idea che sta alla base di ciò che viene spesso definito Parco Tematico? Non pensate però a Disneyland ma alla Citè des Sciences de La Villette. Perché non coniugare il principio che sta alla base di un Parco Tematico intelligente e divertente con quello di un Museo che accanto alla propria vocazione sacrosanta di conservazione contempli un percorso innervato di soluzioni interattive ad alto valore culturale?
E' possibile, certo che è possibile, ma solo se si accetta il fatto che tra comunicazione e cultura si dissolva quella dicotomia che alcuni,romanticamente, antepongono all'attenzione diffusa nei confronti dei beni culturali.
Concepire l'utente di un museo come uno spettatore può essere quindi il primo passo per superare lo scoglio epistemologico che purtroppo impedisce un rapporto fluido con i media elettronici in campo artistico. Entrare in un museo può infatti essere concepito come partecipare ad uno "Spettacolo della Conoscenza" ma bisogna far accadere qualcosa, non tanto fuori ma dentro la mente dello spettatore. Va cioè ricreata quella sinestesia che sta alla base della messinscena teatrale: la compresenza di linguaggi diversi, simultaneamente. L'occhio e il cervello dello spettatore selezioneranno, ricreando, attraverso la dinamizzazione della propria percezione e del conseguente processo cognitivo di elaborazione delle informazioni raccolte, un proprio campo di rappresentazione, un Teatro della Memoria.
In questo senso ciò che amiamo definire Spettacolo della Conoscenza può articolarsi come un vero e proprio percorso esperienziale, dove lo spettatore si fa in qualche modo "autore di senso e di memoria", colmando con la propria disponibilità i vari passaggi logici e analogici che fanno parte di un progetto espositivo. Si tratta insomma di concepire a tutti gli effetti le esposizioni museali come delle avventure percettive e cognitive al contempo che possano lasciare l'utente-spettatore, giunto alla fine del percorso, soddisfatto e coinvolto in un vero e proprio evento interattivo.
Lo Spettacolo della Conoscenza viene così a emergere nella memoria dello spettatore,finalmente autore del suo percorso esperienziale e del senso che ha compiuto nell'interazione con lo spazio, i nomi e le cose in esposizione.
L'idea che misurarsi con la memoria sia come abitare uno spazio è quindi decisiva per capire cosa si possa intendere per Teatri della Memoria. In uno spazio si agisce: le nostre percezioni, quindi, tendono ad essere dinamiche. I percorsi della memoria non possono essere solo lineari e sequenziali ma analogici, combinatori, organizzati in modo reticolare per associazioni continue secondo l'automatica neurotrasmissione delle sinapsi, l'approccio filogenetico all'apprendimento. Il teatro lo sa: si fonda sulla sinestesia dei linguaggi, sull'azione simultanea di diversi elementi visivi o sonori, procede quindi per montaggi analogici che sviluppano la scena libera dalle costrizioni logico-consequenziali. Lo spettatore sta al gioco e trae un piacere psicologico da questa mobilità in cui, tendenzialmente, si coniugano percezioni e processi cognitivi. La domanda a questo punto è: come poter ricreare tutta questa esperienza in un ambiente culturale?
Una prima risposta.sta nel fatto che oggi le tecnologie digitali hanno messo in campo l'opportunità di simulare al di fuori della nostra mente le procedure sinaptiche attraverso la forma dell'ipertesto sui quali si basa tutta la multimedialità interattiva è Si tratta dello sviluppo di un'intuizione che l'arte della mnemonica, dagli antichi Egizi al Rinascimento di Giordano Bruno, conosce da tempo: spazializzare la memoria, organizzandola per toponimi, ambiti tematici e successivamente per "emblemi", immagini sensibili ed efficaci che colpiscano l'attenzione. Proprio come "hot-spot", i punti caldi di un ipermedia, i pulsanti (parole o simboli) su cui cliccare per articolare il processo ipertestuale. Un percorso di memoria potra' invitarci a fare esperienza, a fare un'azione, anche se simulata psicologicamente attraverso la navigazione in un ambiente interattivo.
In un' opera multimediale il nostro approccio cognitivo tende ad essere di carattere immersivo, ovvero teso a sollecitare le percezioni, un approccio molto meno astratto di quello stabilito con un libro da decodificare esclusivamente attraverso le nostre competenze alfabetiche.Si puo' quindi accettare di essere "dentro" un ambiente che possiamo così concepire come una scena della memoria, uno spazio informatico da "abitare" (immaginate che il cursore-simulacro del mouse siate voi...). Il fatto stesso di agire cliccando sulle immagini (agire nella visione!) ci stimola ad attraversare quello scenario come un territorio, un ambiente digitale, simulato, da interpretare come un teatro d'informazioni.
In "L'arte della memoria" Frances A.Yates nella sua straordinaria ricognizione scientifica ed esoterica rileva gli esempi piu' alti dell'arte mnemonica e sviluppa proprio questo concetto di spazializzazione della memoria. Analizza i grandi progetti utopisti ideati da Giulio Camillo, il grande maestro rinascimentale, e quello di Robert Fludd, il filosofo ermetico che nel Cinquecento inglese, influenzato da Giordano Bruno, segui' da vicino il teatro di Shakespeare. E' proprio il Globe Theatre, il mitico teatro scespiriano distrutto da un incendio, ad essere preso come modello di un ideale "teatro della memoria".
Riportare tutto questo nell'economia di un museo è possibile secondo tantissime procedure di allestimento in cui singoli nodi tematici possano svilupparsi con ampie proiezioni, o anche piccoli schermi, pilotati dallo stesso utente che riconoscendo la pista tematica indicata sceglie uno sviluppo conseguente. Questo utilizzo "in presenza" dei media interattivi è soggetto a talmente tante funzionalità che non avrebbe neanche senso indicarle, sfoderando idee buone per tutti gli usi. Come è poco utile elencare le molteplici applicazioni che dalla Realtà Virtuale, ai prodotti editoriali in Cd-Rom fino al florilegio di siti internet che dalle funzioni meramente pubblicitarie di locandina elettronica ai portali ad alta tematizzazione
Tutto questo per dire cosa? Che principalmente tutto quel clamore mediatico che si è scatenato tempo fa intorno ai fantomatici "musei virtuali" va ridimensionato. O meglio,va dimensionato ad un dibattito culturale che ha toccato registri molto avanzati ma che in tanti altri casi viene usato come un gadget alla moda.In conclusione: per quanto siano decisive le tecnologie della comunicazione interattiva ciò che è più importante è la progettualità creativa che ne sottende l'uso, perché si sappia tradurre l'interattività in una potenzialità sia ludica che educativa. Ciò può accadere solo se si supera la logica tecnocratica che troppo spesso tende a privilegiare l'allestimento informatico alle modalità di interrelazione socioculturale che fanno funzionare il gioco di comunicazione. Spendere la parola gioco è alla fine dei conti tutt'altro che marginale. E' qui che abita la tensione ideale per dare vita a que3lla spinta che ci fa cercare il sapere e che c'insegnerà a sapere cercare.
Carlo Infante (1999)

per il numero monografico de “Lo spettacolo. Rassegna economica e sociale della attività culturali”
edito da SIAE, ottobre 1999
su “ I Musei italiani” con interventi di Giovanna Melandri e Antonio Paolucci, ambedue ex-ministri ai Beni Culturali

ripubblicato su “Imparare Giocando. l’interattività tra teatro e ipermedia” (Bollati Boringhieri, 2000)
e (in altra forma) in “Performing Media. La nuova spettacolarità della comunicazione interattiva e mobile” (NovecentoLibri,2004) http://www.performingmedia.org


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sabrinabenussi
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 07:40


la percezione condivisa
superamento della soglia:esperienza nella visione stessa per fare azione
teatro di ricerca....
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Marcodagostini
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 07:43
Smart Mob


Smart mob deriva dall'abbrevazione del termine inglese "smart mobile" che letteralmente significa "telefono cellulare intelligente". Per estensione si può intendere un qualunque apparecchio o tecnologia mobile senza fili, dotato di software in grado di connettersi in rete e capace di ricevere e dare istruzioni e/o informazioni secondo la programmazione ricevuta.

Howard Rheingold, studioso dell'impatto sociale e delle nuove tecnologie, nel suo libro Smart mobs, tecnologie senza fili, la rivoluzione sociale prossima ventura amplia il significato di questo termine definendo smart mobs come "folla/moltitudine intelligente", evidenziando così l'importanza sociale dell'utilizzo di massa di queste tecnologie. Lo sviluppo della banda larga e l'introduzione di tecnologia per accedere alla rete ad un costo notevolmente più basso di un PC, hanno modificato il modo di comunicare di tante persone. È stato soprattutto la possibilità di inviare velocemente messaggi di testo (SMS, e-mail) a dare notevole impulso a questo tipo di tecnologia. Uno dei cambiamenti sociali più rilevanti è la possibilità di essere raggiungibile in ogni momento (anche quando si passeggia o si sta percorrendo il tragitto casa-lavoro) e che nelle relazioni viene data sempre meno importanza al luogo fisico e alla puntualità.

Questo tipo di tecnologia è in continua evoluzione: dagli smartphone e dai palmari attuali si arriverà probabilmente a chip contenuti negli oggetti, negli elettrodomestici e nei vestiti delle nostre abitazioni che consentiranno la loro connessione permanentemente alla nuova rete globale che si sta sviluppando (internet2)

Estratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Smart_mob
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Raffaella Manfrè
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 07:46
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Key words:
- interazione
- social net working
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kiara
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 07:57
social tagging


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Originariamente scritto da Marcodagostini
...Scusate, ne ho messe tre ( e ne avrei mesa anche qualcun'altra...):

- Ipertinenza (intelligenza connettiva), social tagging
E’ necessario promuovere un’attenzione politica e culturale verso lo sviluppo della Società dell’Informazione, perché sia chiaro: la società non si fa da sola. E tantomeno con le tecnologie, bensì con la capacità di usarle perché espandano le possibilità di comunicazione in nuove forme di socialità organizzata. Le promesse dei nuovi media non si compiono da sole, sta a noi colmarle.
E’ meno ovvio di ciò che si pensa, se solo valutiamo come i mass-media abbiano abbassato il tono psicologico di massa.
I mass-media, quelli televisivi in particolare, hanno viziato il concetto stesso di comunicazione, inibendo il valore originario della comunicazione intesa come un “comunicare con” per affermare l’idea di un “comunicare a” : un comunicare da uno a molti, verticale e pervasivo.
--
La potenzialità interattiva di Internet mette in campo una potenzialità orizzontale e partecipativa che ora sta delineando un ulteriore salto di qualità, grazie a ciò che può essere definito social networking. Un’indicazione importante per una nuova generazione che può trovare nell’interattività un’occasione di partecipazione attiva e di produzione d’informazione basata sull’esperienza diretta, ludica e creativa.
Il fenomeno dei blog è emblematico in tal senso.
E’ il sintomo di una socialità che sta emergendo nella rete.
Si tratta di considerare l’innovazione come un fenomeno sociale o, meglio ancora, concepirlo all’interno di un ecosistema in cui s’integrano sia le politiche per l’impresa sia quelle per la formazione, a partire dal sistema educativo che deve essere in grado di promuovere nuove forme di cittadinanza per dare corpo alla Società dell’Informazione.
Uno dei modi migliori per misurarci con questa problematicità è quello di raccogliere e interpretare gli impulsi e le competenze della società civile (“la società dei saperi e dei pareri”), per sviluppare piattaforme collaborative che mettano in rete le potenzialità partecipative dei cittadini.
Si tratta quindi di potenziali utilizzi creativi (dove per creatività s’intende la genialità dell’uomo nel creare opportunità) a partire non solo dai bisogni ma anche dai desideri.
In questo quadro è pienamente inscritta tutta la necessità d’inventare nuovi ambiti per la promozione e la formazione culturale, attivando opportunità in cui, accanto ai servizi ad alto valore aggiunto tecnologico, servirà una creatività capace di creare nuovi modi, nuovi linguaggi, nuovi format..

Social tagging: l’impronta sociale in rete
Per creare questi nuovi modi, e nuovi mondi, occorrono anche parole nuove su cui è opportuno riflettere, per capire ciò che ancora non ha evidenza.
Una di queste è social tagging: uno dei concetti-chiave per comprendere la nuova fase della rete.
Vi si sottende una nuova pratica connettiva già delineata con il fenomeno diffuso dei blog e che di fatto rilancia qualcosa che si fa da sempre nel web: l’ipertesto. E’ quindi una pratica di link: la connessione continua di frammenti di testo. Il dato cardine da rilevare è nel fatto che emergono dal testo, come la panna dal latte, le parole chiave, i concetti affioranti. E qui inizia il gioco delle libere associazioni che danno senso ad un concetto come quello di “ipertinenza”, coniato da Derrick De Kerchkove per intendere la capacità d’espandere le pertinenze interpretando le possibilità ipertestuali della rete.
Le parole chiave vengono associate tra loro dall’azione connettiva degli utenti che ne condividono la pertinenza in un ambiente ipertestuale come la rete in cui è integrata anche la loro esperienza cognitiva diretta. L’informazione si fa sempre più glocal, globale come la rete e locale come la soggettività degli utenti che vi trasferiscono la loro interpretazione. E anche come l’azione nel territorio (come vedremo più avanti).
Scegliendo un esempio preciso, vediamo la dinamica del successo di del.icio.us (http://del.icio.us) che a sua volta ha condizionato Flickr (http://www.flickr.com ), l’archivio dinamico che ha fatto scalpore con il suo social network fotografico. La piattaforma di del.icio.us dal 2003 offre agli utenti della rete uno spazio per ospitare i propri bookmark, pubblicarli on line e gestirli per mezzo di tag che ne imprimono le parole chiave. Tutto questo viene condiviso con gli altri utenti che "etichettano" a loro volta i siti preferiti, linkando ciò che li riguarda (ipertinenza!) e procedendo in una sorta di riorganizzazione delle informazioni che usano di più grazie all’utilizzo del web semantico.
A ogni nuovo link si combinano nuove tag, informazioni agili e sintetiche e proprio per questo predisposte al passaggio veloce del networking, in un approccio di orientamento informativo che sta iniziando a competere con quello dei motori di ricerca.


Il geoblog
L’idea di social tagging è troppo succulenta per non tentare d’interpretarla in nuove procedure di comunicazione tutte da inventare. E’ per questa che è stata colta l’opportunità produttiva offerta dalle Olimpiadi invernali di Torino 2006 per aprire, già nel dicembre 2004, il cantiere progettuale di un particolare blog che mettesse in relazione rete e territorio.
E’ nato così glocalmap (http://www.glocalmap.to ) la “mappa attiva per il social tagging” : un inedito geoblog capace di scrivere “storie” (secondo lo spirito del blogging) nella geografia ( la mappa topografica) della Città di Torino. Un’idea nata ben prima dell’avvento di Google-Earth ( reso pubblico nel giugno 2005: un mese dopo la presentazione di glocalmap alla Fiera del Libro di Torino).
I presupposti di questa mappa interattiva sono quelli di avviare un’esperienza di urbanistica immateriale che intende trasporre il principio della “geografia umana”, quella tracciata dalle persone che usano un territorio, in una forma narrata ed iconica. Un’escursione ludica di azioni e informazioni dalla quale trarre il senso di percorsi da attuare all’interno della città, invitando i cittadini e i turisti a contribuire attraverso le piattaforme interattive (web e mobile, via SMS) con i loro contributi personali e collettivi di cittadini-player. Questo progetto di performing media tende a produrre percorsi esperienziali, sia soggettivi sia collettivi, da accogliere nell’atlante on line che funziona come una mappa interattiva prodotta dagli utenti-cittadini-player attraverso i loro contributi via web e moblog.
Lo spirito del progetto è intimamente legato ad un’evoluzione post-politica delle teorie che fra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta del XX secolo hanno contraddistinto l’idea di città nel movimento radicale delle nuove generazioni (“riprendiamoci la città”). Un ethos alternativo che trova matrici culturali nelle sperimentazioni della dérive espressa dalla psicogeografia dei Situazionisti francesi agli albori del 1968 e per altri versi in forme come l’Happening espresso dal gruppo Fluxus prima, dagli Indiani metropolitani del 1977 italiano poi e oggi, per altri aspetti ancora, dalle Smart Mob (le azioni improvvise promosse via SMS di cui parla Howard Rheingold)
Oggi glocalmap, dopo la fase olimpica, è a disposizione di chiunque possa utilizzarla, per giocare con la città, mettendosi in gioco. E’ in questo senso che opererà nei prossimi mesi il neonato PerformingMediaLab (www.performingmedia,org/lab/pie ), un laboratorio, politico e poetico, promosso dall’associazione Acmos (http://www.acmos.net) , da anni impegnata sulle iniziative di cittadinanza attiva rivolte alle nuove generazioni e dall’associazione teatron.org (http://www.teatron.org ) che ha aperto la pista per quanto riguarda l’uso culturale delle reti telematiche. Il principio cardine è quindi quello di dare corpo al social networking, inverare le potenzialità della rete integrandola con azioni reali nel territorio e in particolare in una città come Torino che sta investendo sul suo futuro post-industriale. E’ nell’interpretare questa vocazione di città-laboratorio sui nuovi modelli di cittadinanza, dove l’aspetto culturale viene a coniugarsi con quello della solidarietà sociale e della formazione avanzata, che nasce il Performing MediaLab, in quanto centro di ricerca sull’uso sociale e culturale dei nuovi media.
Carlo Infante



- Smart Mob

- Prosumer



...e aggiungo: psicotecnologie.
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kiara
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 09:36
interface design




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Originariamente scritto da day
interattività - interfaccia - performance - interrelazione sociale - informazione - comunicazione

a pagina 48 del libro performing media 1.1 "....è più creativo un social network che l'ennesimo esercizio di stile di tanta web art ...."
perchè essere così radicali? non si condividono informazioni anche mediante il codice html, oltre che mediante l'interfaccia visiva e la mappa del sito?


http://www.teatron.org/id3/
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sabrinabenussi
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 10:18


http://www.laitspa.it/laitweb/festival_innovazione/
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day
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 10:21


Per l'esame, le date sono:
17 luglio alle 15
27 settembre alle 15

Il 18 luglio, tutto il giorno, Mittelfest a Cividale, per prendere appunti e creare il blog della giornata.
Per chi è interessato il festival è dal 14 al 22 luglio...
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Marcodagostini
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 10:44


Quota:
Originariamente scritto da day
Per l'esame, le date sono:
17 luglio alle 15
27 settembre alle 15

Il 18 luglio, tutto il giorno, Mittelfest a Cividale, per prendere appunti e creare il blog della giornata.
Per chi è interessato il festival è dal 14 al 22 luglio...


http://www.regione.fvg.it/mittelfest/
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sabrinabenussi
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 11:18


intendevi questo??
il geoblog glocalmap
2 parole strane perchè nuove. Perchè nuovo è il modo con cui si scrive e si partecipa e si "marca" il territorio su glocalmap, la mappa attiva per il social tagging realizzato x le Olimpiadi della Cultura di Torino2006.
vai su http://www.glocalmap.to/ e nell'immagine qui accanto trovi un intervento che ho pubblicato su Nova/Sole24ore.
Il blog di teatron si proietta quindi su http://www.glocalmap.to/ lì troverai le tracce degli sguardi sul mega-progetto "Domani" di Ronconi ma anche sul digital story-telling di Boldrini.
[continua
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mofrog
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[*] Inviato il 7-6-2007 at 15:08
domande a carlo


ciao

posso avere conferma della data d'esame di luglio?

e di quella di settembre?

per quanto concerne il mittelfest ... considerata la mia non - presenza al corso potro' cmnq parteciparvi?

se si, che si potra' / dovra' fare?

e... quando?

devo procurarmi ancora il suo testo. da li' devo individuare concetti o parole chiave per sviluppare un approfondimento da portare all'esame?

quanto alla sua proposta di far "fruttare" la mia tesina su studio azzurro... l'idea mi piace ma non riesco ad occuparmene ora ...

ritornero' presto sul forum con qualcosa di piu' interessante (spero ... ) da dire (che non una mera "sequela" di domande ...)


grazie intanto!


:-)



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