Le Regine

ALL'INIZIO DI UINA NOTTE DI ECCESSI
"BOSWORTH FIELD 22 AGOSTO 1485 TENDA DI RICCARDO-01,00 A.M.
Così Claudio Morganti introduce l'ambiente in cui si apre la scena della sua ultima rappresentazione. Ecco, questo è già un punto d'inizio, considerato che l'esperienza che si confronta con questo spettacolo è soprattutto sensoriale. Dico questo anche perché l'elemento scenico-musicale è risultato molto più d'impatto della resa quasi fedele ma molto male amplificata del testo shakespeariano. Il ritmo. Altra forte caratterizzante di scenografia e personaggi. Mi ha impressionato quanto tutta la mia attenzione posta al complesso lo abbia spesso abbandonato, preferendo danzare sfrenatamente o con seria compostezza, accompagnata dal ritmo che ogni singola scena prendeva. Questo mi ha più volte distolto dall'intreccio, che comunque non mi è parso molto unitario, senza però impedirmi di cogliere uno dei punti chiave dello svolgimento.
Ecco, é forse per tutto questo sentire e vedere che mi sento di contraddire Morganti nella sua iniziale introduzione d'ambiente... Io avrei piuttosto cominciato: "America, anni '70. Tenda di un raver, 01,00 a.m., solo all'inizio di una notte di eccessi... (Rosa D.S.)

IL RAPTUS TEATRALE
Sullo spettacolo Le Regine ero prevenuto. Non mi attraeva più di tanto andare a teatro quella sera; non mi stimolava più di tanto l'idea di uno spettacolo su una ennesima versione del Riccardo Terzo e forse perchè avevo ancora così viva, forte e soddisfacente, la memoria dello splendido film di Al Pacino: documentario, fiction, teatro, drammaturgia, filosofia. L'inizio (lui sul letto, lei con la luce in mano mobile e pazza, la potente musica che ti schiaffeggiava) mi ha bloccato sulla sedia: non me l' aspettavo. Ottimo incipit dunque e in alcune parti, del pur breve raptus teatrale di Morganti, altrettanto ottime sequenze teatrali che mi hanno preso o per la capacità recitativa di Lui o per la regia efficace di suoni, ritmi, musiche e visioni o per la bella e originale contrapposizione fra la drammaticità caricata delle Regine e la sfacciata reazione provocatoria del Re (" ma quanto sono straordinario ? ! "). E infine un consiglio: un bel microfono sensibile a scomparsa per amplificare ogni piccolo singulto del Re, proprio ad amplificarne l'ironia e la sfacciataggine (ed anche perchè il Morganti non possiede una gran voce) (Gianguido P.)

"...la bella e originale contrapposizione fra la drammaticità caricata delle Regine e la sfacciata reazione provocatoria del Re".
LE SFUMATURE PERDUTE
Non conoscevo la vicenda di Riccardo III e forse proprio per questo non ho apprezzato la rappresentazione: se uno deve essere concentrato a capire le relazioni tra i vari personaggi, si perde nel frattempo le sfumature di scena.Una tra le tante, ad esempio, è l'idea di Claudio Morganti di far fare la musica agli attori, cioè quella di fare provenire la "colonna sonora" direttamente dal di dentro; sinceramente l'effetto è stato veramente potente e mi rendevo conte che le sonorità si sostituivano alle "parole", ma non sono riuscito a coglierlo pienamente probabilmente proprio per questa "distrazione". (Michele D.)
"... la colonna sonora dal
di dentro..."
LA SEDUZIONE CELIBE
Esistono, in ogni spettacolo, dei momenti topici, ovvero quei dettagli talmente caratterizzati da emergere come dei "picchi", i punti piu alti e rivelatori del progetto teatrale. In quello di Claudio Morganti quello piu evidente e' quando si compiace davanti a noi della velocita ("… 30 secondi?, un minuto?") con cui ha conquistato una donna, Lady Anna a cui aveva assassinato mariti e parenti, che inizialmente gli aveva dichiarato tutto il suo odio. E il compiacimento della seduzione celibe: intesa cioè come puro esercizio di conquista. Una pulsione libinale del potere per il potere che Claudio/Riccardo III esprime con assoluta verita' selvatica, da barbaro aristocratico qual è, sia come attore che come personaggio. (Carlo I.)
UN POTERE VUOTO
Mi chiedevo con Carlo ieri sera perchè al giorno d'oggi riproporre ancora un'opera classica. Nel senso: se il teatro non è e non vuol essere un puro esercizio di stile, cosa c'è ancora da dire su un Riccardo III ? Riccardo è un re barbone, una bestia abituata al potere, sporco, volgare e senza scrupoli, con il suo giaccone laido non sembra desiderare altro che un letto per far riposare le sue membra regali così appesantite dall'esercizio del potere, un potere vuoto che egli esercita muovendosi quasi per l'inerzia derivante dal suo ruolo. (Michele D.)
LA SEDUZIONE CELIBE
Esistono, in ogni spettacolo, dei momenti topici, ovvero quei dettagli talmente caratterizzati da emergere come dei "picchi", i punti piu alti e rivelatori del progetto teatrale. In quello di Claudio Morganti quello piu evidente e' quando si compiace davanti a noi della velocita ("… 30 secondi?, un minuto?") con cui ha conquistato una donna, Lady Anna a cui aveva assassinato mariti e parenti, che inizialmente gli aveva dichiarato tutto il suo odio. E il compiacimento della seduzione celibe: intesa cioè come puro esercizio di conquista. Una pulsione libinale del potere per il potere che Claudio/Riccardo III esprime con assoluta verita' selvatica, da barbaro aristocratico qual è, sia come attore che come personaggio. (Carlo I.)
COME LA LAVA DI UN VULCANO
Il tempo del teatro di Claudio Morganti è fatto di ritmo: sincopato, scandito dai colpi di tamburo e di scena. E' nervoso, come il sistema innervato di gangli neurofisiologici. E' troppo umano, eccessivo. Tracima, ti arriva addosso, t'invade. E pensi a quanti pochi attori sappiano misurarsi con questa energia eruttiva. Stop. Attenti. Non è un fattore di volume di fuoco, di potenza interpretativa ma di fratture. E' da quelle fratture che fuoriesce, proprio come la lava di un vulcano o come il sangue di un corpo ferito, l' energia surriscaldata (si, quella di cui parlava Artaud) di un attore che vive la scena non come un'esperienza unitaria ma come il luogo di un'azione dissociata, schizoide. Quel senso di autenticità che Claudio trasmette risiede in questa sensibilità, fatti di tic, fragorose risate, colpi di reni. (Carlo I.)
"...troppo umano, eccessivo"
UOMINI E DONNE
Di nuovo su Morganti: ho dimenticato di scrivere, giorni fa, che a parte tutto il resto, ciò che più mi è arrivato da quello spettacolo breve ma intenso era la netta contrapposizione vitale fra la forza della maternità femminile, con la sua carica di concretezza e di razionale coerenza testarda, e la forza della follia maschile, con la sua carica di potenza e di irrazionale emotività. Ma il bello e il giusto stava e sta nel bisogno del contatto, dell'intreccio fra i due, fra la dualità umana, che si può esplicare nella classica coppia o nella unicità ibrida e bisessuale, a scelta o a caso. E io non scelgo, fra Bene e Male ("male" in inglese vuole dire Maschio!), e cerco l'ibrido futuro. Quante storie per una carezza! (Gianguido P.)
QUEL TERZO RICCARDO GRASSO E ZOPPO
Donna che si fa tenda, e che ripete parole di altra donna ancora troppo umana per essere vera.
Mani animali sporgono da tessuti-vestiti, mani che erano viso e occhi e bocca da cui nascevano parole forti di madri di figli scomparsi, uccisi da quel terzo Riccardo grasso e zoppo.
Mi lascio guidare da un piacere estetico attraverso i meccanismi dello spazio, con sguardo minimale, mentre la storia scompare tra i colori, i suoni, le rumorosità individuali in un accordo tra musica e sentimento. (Marianita P.)
I FORTI CONTRASTI DEL MEDIOEVO
Il potere in questo spettacolo è di un singolo, in tutti i sensi. Il protagonista, Riccardo III è l'incarnazione stessa del potere assoluto, come è anima, perno e motore dell'intera performance. Da questo punto di vista questo spettacolo ha centrato davvero il segno, perché obiettivamente ci si sente attratti da questo personaggio, ovunque ci voglia portare, e l'assenza di un controbilanciamento è quasi inquietante. Come d'altronde è inquietante l'idea stessa del potere assoluto. Ho trovato inoltre significativa l'idea di mettere a nudo gli effetti scenici e di presentarcene la meccanica, perché, evidenziando il carattere di finzione che è il fondamento del teatro, ci ricorda che però noi viviamo nel mondo reale. E che i meccanismi perversi di potere che ci appassionano e ci fanno ridere sul palco sono solo un grottesco specchio di quello che è il nostro mondo. Come ultima cosa devo dire che i suoni, i dialoghi e il ritmo di questa rappresentazione mi hanno ricordato un brano di Barbara Tuchman che ho letto una volta, che parlava della vita quotidiana nel Medioevo. Questa antropologa sosteneva che allora la vita aveva una cadenza che noi difficilmente possiamo immaginare, dominata da forti contrasti, spesso insanabili: il giorno e la notte, il caldo e il freddo, la vita e la morte si alternavano in modo molto più violento ed inevitabile di oggi. E questo influiva sul carattere delle persone, inclini al riso quanto al pianto, alla collera quanto alla benevolenza. Tutto questo l'ho ritrovato in Morganti, nel clamore violento ed improvviso dei tamburi e dei piatti, che squarciano improvvisamente il silenzio, come forse allora facevano le campane di notte; nella disperazione isterica della regina Margherita e nella sua cadenza alternata di riso e disperazione. E sicuramente in re Riccardo, così sguaiato, così contraddittorio nelle manifestazioni della sua totale coerenza. (Irene T.)
I DIALOGHI CORPOREI
Un'ambientazione scenica suggestiva, stoffe dai colori caldi e vivaci e uno sfondo molto veneziano: la "prua" di una motonave. Un intenso stacco musicale, una forte emozione iniziale, d'angoscia. Stop. Ricordo la forza degli espressivi dialoghi corporei delle regine, e il loro utilizzo dei tendaggi. Azioni, espressioni di un Riccardo III, invece, non mi hanno trasmesso la violenza di questo personaggio; stacchi ironici che non ne hanno evidenziato il sadismo.
Forse semplicemente, influenzata da precedenti interpretazioni, non sono riuscita a percepire, ad accogliere quella di Morganti. (Marta P.)
SIMPATIA PER L'IRONIA OMICIDA
Istintivamente "Le Regine" di Morganti mi ha emozionato per le note rimbombanti dei tamburi che pulsavano, per le luci forti, per i colori vivi e per le ciniche risate.
Non a caso ho parlato di istinto in quanto so che un pezzo teatrale bisogna sia viverlo in base ad un vero e proprio rapporto fisico con esso che supportarlo da una capacità critica che solo l'esperienza può dare e di cui io non mi sento in possesso. Molti hanno visto in ciò un pregio, paragonandomi ad un bambino che vede per la prima volta la neve e ne è affascinato, e così è stato. Sono rimasto colpito dall'immagine finale di Riccardo III, un uomo che ha suscitato in me simpatia e non feroce condanna, grazie all'ironia con cui "scusa" i suoi tremendi omicidi. (Patrick T.)
UN INCUBO DAL QUALE NON SI DEVE SCAPPARE
Un'ossessiva coreografia scandita da una componente ritmica ossessiva fa rivivere atmosfere percepibili come un rave, in un insieme di fantasie visionarie ed estetiche. Un'atmosfera aliena dall'essere quotidiano. I 55 minuti attraversano gli occhi stimolando il cervello a produrre sensazioni forti. Ci si trova davanti ad un incubo dal quale non si può, né si deve, scappare ma affrontare con spirito impavido, incontrando qualsiasi spettro. (Davide O.)
UN RICCARDO SIMPATICO, MISERO E GODERECCIO
Il nuovo studio di Claudio Morganti sul "Riccardo III", il personaggio shakespeariano che più mi affascina, mi è particolarmente interessato per averne appena riletto l'opera originale. Per questo ho colto e apprezzato il re Riccardo proposto dal regista e sostenuto da un'ottima performance come attore. L'incubo che terrorizza Riccardo la notte precedente la battaglia di Bosworth Field è in scena. Le ombre non rappresentano i sotterfugi, le trame del potere come nella celebre versione cinematografica di Laurence Olivier; le ombre proiettate sui veli dalla lampada oscillante sono fantasmi tra le pieghe della tenda, attorno al letto del re e hanno il volto delle regine (…).Nella sua epica scalata al trono il Riccardo originale sfrutta l'attrazione di tutti verso il potere, celata dagli "ameni spassi" e dai "frivoli piaceri" di corte di "quell'imbelle e sufolante tempo di pace". Le uniche cose che lo differenziano dai "buoni" sono la deformità fisica, l'arguzia e l'ingegno cosicchè per lo spettatore la sua vicenda assume lo spessore di una ribellione contro il fato che lo vuole sconfitto: e infatti il pubblico si identificava con la sincera crudeltà di Riccardo di Gloucester. A "Le Regine" invece il pubblico rideva, le battute erano le stesse, ma non erano declamate dalla "maschera" drammatica e misantropa de mostro e il pubblico si è identificato (cioè parteggiava) con un comune detentore del potere, misero e godereccio, che una coscienza ce l'ha e la raggira facendo lo gnorri con le proprie vittime. Magie del teatro! (Massimo D.)