PERCHE'
Perchè non basta, e a volte anzi ne è proprio l'antidoto, riprodurre veristicamente in scena una azione vitale (mangiare, urinare, sanguinare, urlare, accoppiarsi, masturbarsi) per essere vitali, per comunicare la forza di quella verità. Perchè erano ridicoli quei tentativi continui di inserire esplicitamente passaggi comici da commedia dell'arte, come citazioni forse colte o forse funzionali ad uno sfasamento antidrammatico del ritmo teatrale.
Perchè non basta realizzare una scena iperrealista di una casa di tossici per inchiodarti alla poltrona per quasi tre ore. (Gianguido P.) <back

 

VIOLENZA
Violenza dell'incomunicabilità, violenza della disperazione, violenza dell'insoddisfazione, della solitudine. Violenza fisica.
Un pezzo di vita reale interpretato in un luogo teatrale ma senza un visibile punto di vista personale, senza il filtro dell'occhio critico del regista.
Realtà falsata e goffamente "caricata" interrotta da momenti di ironia a mio parere mal gestiti.
Una sorta di brutta versione di una vita già degradata e squallida. (Marianita P.) <back

 

RUMORE DI FONDO
I telegiornali dove riusciamo a recepire nel giro di 3 minuti le informazioni sullo sterminio nell'Indonesia e subito dopo sul calo di agilità di Ronaldo (grazie anche alle opportune espressioni dei giornalisti).(immagino che vi possa sembrare banale o esgerato, ma questo è un fatto che mi impressiona tantissimo).
Insomma checché se ne dica, siamo oramai desensibilizzati nei confronti della violenza. E con Ostermeier si parte da questo; la violenza così forte non vuole impressionare, ma vuole permeare ogni contesto. L'agente pubblicitario Brian mostra e dimostra come tutta la nostra civiltà sia arrivata al giorno d'oggi solo percorrendo un lunghissimo sentiero di massacri e violenze, e come la violenza sia ancora l'ingrediente necessario nascosto nel vivere quotidiano di tutti, i padri di famiglia come i giovani sbandati, allo stesso modo. Una violenza fondamentalmente implicita nei rapporti tra le persone, e necessaria per sostenere le impalcature della civiltà, da cui dipendiamo. (MIchele D.) <back

 

UNO SCANDALO
Questo spettacolo è uno scandalo. Non in quanto è fonte di scandalo, piuttosto perché è spunto per talmente tante e varie discussioni che alla fine ci si dimentica da cosa si è stati scandalizzati. Insomma, la parola che meglio esprime la mia impressione su Ostermeier è "tanto". Tanto forte è la mossa che questo regista tedesco è riuscito a proporre senza sbavature, con un messaggio diretto ed essenziale, senza spiegazioni o esemplificazioni di sorta. Il coraggio maggiore dello spettacolo è proprio il livello comunicativo, più che il contenuto che in sé è una storia che la generazione televisiva sa a memoria. Ostermeier sembra conoscere benissimo il suo pubblico, forse perché ci si immedesima, forse perché se ne sente parte. Sembra urlare: "Sì, è così, io vi conosco!". Su questo impernia tutto il suo gioco sensazione - ricordo di sensazione. Ecco, forse questo è ciò che più mi ha entusiasmato. Senza tener conto della magistrale resa di alcune figure fondamentali della civiltà moderna, quella del padre o quella del denaro, non in versione "inedita" ma in una non ancora "usata". Alla fine rimane intensa un'impressione: che questo spettacolo volesse confrontarsi con un linguaggio, con degli effetti e con un pubblico televisivi, ma che nel risultato "abbia superato il maestro". E inoltre che in tutto questo non si sia persa una componente fortemente teatrale. La percezione della "fatica" di questo spettacolo, dell'impegno di gruppo e comunque del "lavoro" che costituisce. In aggiunta, un recitare proposto come esplicito "far finta", cosa che ha sollevato lo spettatore dalla parte più intollerabile di una crudezza senza mezzi termini. (Rosa D.S.) <back

 

RUOLO DEL PADRE
La prima volta Mark, quando decide di lasciare l'appartamento, impersonifica il ruolo del padre che abbandona i propri figli, ed infatti è proprio così che reagiscono Lulù e Robbie, da bambini, mettendosi un dito in bocca e succhiandolo. Inoltre Mark mette i "bambini" nella necessità di doversi trovare un lavoro per mantenersi, proprio come un padre smette di mantenere ad un certo punto i figli. La figura del padre torna con Gary, il quale è scappato dal patrigno che lo sodomizzava violentemente e a causa del quale alla fine decide di farla finita. Poi Brian, il padre vero, alla cui venerazione per l'angelico figlio si contrappone il mestiere di spacciatore. Lo stesso Brian alla fine della storia finisce per diventare il padre per antonomasia, con il suo discorso sulla civilizzazione e violenza educa i "figli" Robbie e Lulù (ma in realtà tutti), li fa crescere mettendoli a contatto con il realismo violento del mondo. Lui è l'unico adulto-padre che nella storia abbia qualcosa da insegnare, sembra contrapporsi alla figura del padre "moderno" che non riesce ad insegnare ai propri figli a vivere nella civiltà ; lui invece è chiaro nel suo insegnamento: la violenza che porta dietro il suo aspetto compostissimo di "giacca-cravatta", è la stessa che i giovani esprimono nella droga, nello sporco, nella precarietà, nella imbruttita sodomia, e quindi ciò che fa la differenza tra loro è solo il denaro: "Civilizzazione è denaro, denaro è civilizzazione"- dice Brian-. (Michele D.) <back