mercoledì 7 luglio, un giorno da leoni

Le ragazze sono complicate
(…)Quaranta ragazze e ragazzi scatenati ci srotolano davanti un defilè tanto formale quanto aggressivo con la benedizione iniziale di Bruce Lee, questo Kung Fu èun cazzotto che sa anche di moda, di fotografia, di danza sulle punte e di videoclip visto che le immagini riprese dalle tre telecamere vengono a loro modo restituite dal fondale, dove pure appaiono altre icone pop e scritte tanto eloquenti quanto spezzate e apodittiche.
"Le ragazze sono complicate" recita una, e una fanciullona paciosa spiega come lei preferisca succhiarne due per volta. Non tutti sono così sfacciati, perché l'altra che canta il tema potente di Whitney Houston da Body guard, quando si interrompe confessa quasi piangendo di odiare in realtà quel film, che chissà a quale fraintendimento traditore la riporta.
A tempo di defilè insomma si susseguono confessioni incoscienti e autocoscienze plurilingui. Il sound è nel corpo quello stesso che porta il segno della periferia e della commistione. E' una radiografia generazionale, irresistibile e sincera, quella ci sfila davanti, e le sue verità, sgradevoli o originali, sa davvero mollarle con l'agilità e la precisione del Kung Fu più intimo.(…)(gianfranco capitta estratto da Il Manifesto del 7 luglio '99)
Balli soavi
Una scenografia semplice, un giardino trasformato in un luogo di danza dove sei ballerini si esibiscono in dei balli fisici aerei, in dei giochi molto fini, leggeri, soavi, dove il corpo ha la sua massima espressione e importanza. Musiche orecchiabili, luci semplici che si alzano e si abbassano a seconda della musica più o meno forte. Una logica un po' strana, una storia che non sono riuscita a capire. Forse Yukiko Shinazoki a mio parere è stata l'unica che abbia interpretato bene la sua parte. Quella più convincente, quella che è stata capace di farsi ascoltare di più. (alessandra)
Ghiaccioli e caramelle
I bambini-ragazzi di We. Un sacco di leggerezza e sembra di sentire il profumo di fiore o saponetta alla frutta. L'erba finta non si taglia, ci si passa l'aspirapolvere. Non è troppo coinvolgente ma anche un palloncino, un cuore di plastica, un vestito a fiori, la palla fotonica, un ragazzo spogliato, una ragazza con la faccia da bambolina, un bicchiere blu di plastica satinata possono dirti molte cose, e farti sorridere così. (lk-g)
Il giardino dei divertimenti
Una scenografia con tanti giochi; quasi come fosse un giardino di divertimenti; una donna seduta per terra con la testa sul tavolo e ballerini che correvano e ballavano da una parte all'altra del palcoscenico; nascondendosi dietro a dei blocchi di legno come se giocassero a nascondino. Così è iniziato lo spettacolo teatrale "A TINY GRIN - PROGETTO PER UNA GRANDE SERRA"; che a mio parere non è stato molto interessante, anzi devo dire che in alcune scene; non si è neanche capito cosa volevano comunicarci. Devo dire però; che i movimenti del corpo; il bellissimo movimento delle braccia; gli inseguimenti amorosi hanno attirato l'attenzione del pubblico; specialmente quando ha iniziato a danzare Yukiko Shinozaki che è stata la ballerina più brava, ed è riuscita ad attirare la mia attenzione. (micaela c.)

Il giardino delle meraviglie
(…)Arioso, elegante e complesso, lo studio per "A Tiny grin - Progetto per una grande serra", del coreografo italiano che da qualche anno ha fondato a Oslo una nuova compagnia con danzatori norvegesi, è la visione fantastica di un giardino inteso come labirinto. Senza alcuna ovvietà e con apparente semplicità, la scena rivestita di moquette verde comprende due alte siepi sul fondo, un colorato fiore elettrico sotto vetro e una bizzarra figura umana con tuta di plastica e bicchiere in proscenio. Una giovane donna con abito a fiori entra passando tra le siepi, ha negli occhi e nei gesti la meraviglia di Alice e l'allusione al personaggio di Lewis Carroll prosegue con un divertente gioco sugli oggetti del cricket. Finalmente non c'è filo narrativo nello spettacolo, né pantomimiche azioni ma immagini belle, del tutto funzionali alla danza dei sei bravi danzatori (Heine Avdal, Mette Edvarsen, Gry kippenberg, Francesco Scavetta, Yukiko Shinozaki, Kristina Oren). Spiritoso in molti momenti (dei quali mi piace ricordare il giochetto delle mani e dei numeri della danzatrice giapponese che saluta con un doveroso e comico saionara) questo studio (magari tutti i lavori finiti raggiungessero la sua stessa qualità) si basa sulle ottime musiche originali di Nils PetterMolvaer. Lo spazio è disegnato da un'illuminazione che efficacemente sottolinea il gioco tra il naturale e l'artificio Un piacere per l'occhio e per l'orecchio, insomma. Aderenza coerente al tema anche nei complicati cambi scenografici resi essenziali sia alla danza che all'immagine di un giardino delle meraviglie dove tutto si trasforma creando inusuali prospettive. Vivo e inanimato si confondono nel gioco di illusionismo che, oltre ai danzatori, comprende un fantoccio a cui è dedicata la canzone finale dal vivo. Uno lavoro raffinato che ricorda Carolyne Carlson ma ha una sua propria originale tenuta. (…)(maria manganaro, estratto dal Corriere Adriatico del 8 luglio '99)

Cool Tzara
Il Big Dance Theatre governa la scena come una gioiosa macchina da guerra.
E' un fatto di ritmi, serratissimi, una scansione di movimenti inanellati l'uno all'altro in una soluzione di continuità che fa danzare anche le parole. In questo gioco il non-sense dadaista del grande Tzara scorre splendidamente, non ci si pone proprio il problema di stare a capire come va a finire. Senza capo né coda il teatro dada non fa storia. Solo geografie psichiche. (kain)

Corpo segue parola,parola riempie corpo
E' ritmo, battito, parola del corpo, segno che sguscia da occhio, bocca, orecchio, naso, collo e sopracciglio che si incontrano e amalgamano in modo perfetto nel quadrato spaziale e temporale di questa costruzione organica chiamata "The gas heart".
Nulla permette la distrazione, siamo calamitati su ogni particolare che acquista rilevanza di anello di congiunzione, che permette lo svolgimento di tutto ciò che è successivo.
L'ingranaggio procede il suo corso in modo perfetto, non privandoci mai della curiosità, della sorpresa, dell'attesa, in una danza di segni , immagini, suoni in cui corpo segue parola e parola riempie corpo.
E' nella pienezza del quadrato, nella gravità dei corpi e delle voci dei protagonisti (scattanti burattini carichi di realtà) che si inserisce, per apparire in tutta la sua forza, l'antinarrativa poesia tzariana su cui è costruita la piéce.
Il nonsense del testo dadaista viene reso con un'enorme comicità e pregnanza; ci lasciamo trasportare da questo vortice ipnotizzati da tutto ciò che ci circonda senza chiederci nulla… lì tutte le domande vengono saziate.
Ritmo, battuta, battito del cuore è ciò di cui per un attimo ci sentiamo privati nel momento in cui il cerchio si chiude e il gioco si ferma inspiegabilmente.
Si rimane colmi di una emozione non saziata fino in fondo, e per questo speciale nella sua durata, testimoni di un magma sensoriale scandito dalla regolarità del battito cardiaco colmo di senso e materia in ogni suo segmento.
Lasciarsi trasportare come in un sogno e rimanere senza respiro….(ilaria)

How true, how true
Senza senso, facce da matti, pettinature alla Groucho Marx, fumo di sigaro e sigaretta, all'interno di un ufficio, uno studio, sedie e tavoli in stile, negli anni Venti.
Filastrocche fino all'ipazzimento e un ritmo che se ti fai portare, ti porta via; mentre gli attori ti fissano e se non hai paura ti stufi di ghignate. (lk-g)