Il corpo travagliato
È straordinario quanto possano essere vicini e intimi per una giovane donna-mamma il teatro e il parto. Io ho compiuto un miracolo all’età di 19 anni. Al mio primo esame all’Università (DAMS) la gravidanza era giunta già al settimo mese e mi ero da poco accostata più da vicino al teatro. È vero, il modo di guardare e vivere il teatro è condizionato dalla propria vita, dalle proprie esperienze, dal proprio "punto di vista"! Di fronte ad uno spettacolo la mia attenzione è catturata in modo particolare dalle dinamiche dei corpi, dal gioco di energie, dal rapporto con lo spazio.
Sono convinta che per me e su di me avere vissuto un’esperienza miracolosa, quale quella di diventare mamma, è stata di fondamentale importanza. Per nove mesi ho assistito ad un continuo e "crescente" cambiamento fisico; sentivo dentro di me muoversi e vivere un altro essere, come un mio strano prolungamento; vedevo la mia pancia deformarsi ad ogni calcio o ad ogni stiracchiamento del mio prolungamento e, cosa più interessante, per le quasi 12 ore di travaglio, ho acquisito un modo diverso di vivere il mio corpo, ma anche quello di osservare il corpo e l’energia degli altri, dell’attore, e di quanto e come la presenza di un’altra persona possa giungere a me. Insomma credo che il disagio e il dolore (intendetemi sui termini) siano indispensabili per l’arte scenica. Decroux diceva che "le mime est à l’aise dans le mal-aise". Ha ragione ed io penso che il mio prolungamento abbia contribuito a rendermelo più chiaro. (paola)

Il teatro è opera d’arte?
Un’opera d’arte trova la sua forza nell’incontro con l’altro, con il suo fruitore, anche se solo uno. Alla maniera di una pittura o di una scultura la performance teatrale, in quanto espressione viva dell’arte, suo prodotto fisico e concreto, esige l’incontro con l’altro, necessita della presenza attiva del suo spettatore. Il teatro, dunque, è un’opera d’arte che si offre allo spettatore e che è preziosa perché vive del momento ed esiste nel momento in cui si manifesta. È come se ci trovassimo di fronte ad un banchetto, dove il "TEATRO"prepara e serve le sue pietanze ai convitati (gli spettatori), i quali a loro volta devono sapere mangiare. Se si verifica quest’incontro si può giungere al "rasa", al piacere assoluto. Analogia molto simpatica, ma non è mia , appartiene a R. Schechner. Ad ogni modo la bellezza del teatro credo che sia anche il bisogno urgente e vitale che si verifica tra i due poli ( attore-spettatore), mantenendo ferme le sue caratteristiche di opera d’arte, diversa dalle altre, ma pur sempre opera d’arte. (paola)

I punti oscuri della mia mente
In effetti non ci ho mai pensato. Possibile? Eppure mi piace molto andare a teatro. Mi piace anche cercare nuove forme di teatro da vedere, magari anche da studiare.
Il teatro è pieno di rimandi psico-analitici sull’animo e sulla natura umana ed io ne sono molto affascinata. Forse se non avessi studiato giurisprudenza avrei studiato psicologia.
Non so cosa mi aspetto, se scoprire nuove emozioni, o capire dei punti oscuri delle mia mente, o se ricercare un momento di puro e semplice divertimento e quindi quasi un momento ludico. Il teatro ti permette di fare tutto, è finzione sì, ma rappresentativa di momenti molto reali e allora mi soffermo e penso. Io penso molto, ieri parlavamo di Sinapsi, un termine nuovo per me, invece è un fenomeno quotidiano per la mia persona.
E poi penso che questa domanda sia limitativa e vincolante rispetto alle emozioni che può suscitare un spettacolo considerato bello. Ho voglia di conoscere tante cose, dalla letteratura alla storia, dall’introspezione alla psicologia, dall’arte figurativa a quella multimediale ecc.,… magari attraverso uno spettacolo ci riesco. Per come credo che sia la mia natura è un mezzo logico più che analogico e mi aiuta e mi rende più facile conoscere quello che mi interessa.
Mi aspetto tutto e non mi aspetto niente, perché anche non aspettarsi nulla può essere bello, ma limitarsi a godere di una bella immagine o di una musica o di …. (francesca)

I frutti da godere
La mia opinione a proposito è alquanto negativa, poiché per colpa della scorsa stagione teatrale tenutasi nel complesso di locali che momentaneamente ci ospitano, ovvero, il Protoconvento Francescano, ed esattamente, negli ambienti del Teatro Sybaris, molti weekend che avrei potuto trascorrere assieme alla mia dolce metà, sono saltati.
Non nego, comunque, che ho potuto cogliere un lato positivo da tutta la faccenda poiché ad alcune delle rappresentazioni teatrali ho assistito personalmente. Gli spettacoli a cui ho assistito non sono certo stati tutti di mio gradimento.
Le rappresentazioni di cui sopra ho detto sono state le prime a cui ho assistito. Detto questo le mie parole suoneranno come quelle di un profano rispetto a quelle di un critico teatrale o di chi magari è più avvezzo a questo ambiente.
Secondo me il punto della questione "cosa mi aspetto dal teatro" è fortemente collegato con la mia personale impressione e, soprattutto con la mia personale esperienza. Dico questo perché penso che molte persone non conoscono il teatro, o meglio, il "mondo del teatro" è distante dal mondo esterno, non per ciò che riguarda i suoi contenuti o le sue ispirazioni, ma per il contatto con la persona in quanto tale. Con questo termine intendo riferirmi alla persona qualunque: al padre di famiglia, al fruttivendolo, allo studente di qualsiasi grado e livello, all’impiegato comunale, ecc.
Sembrerebbe che il "mondo del teatro", costituisca un ambiente d’èlite, che si ispira alla vita reale di tutti i giorni, ma che in realtà è posto a distanze chilometriche dalla stessa.
Io non rimprovero per questo né il teatro né tanto meno chi è e chi fa teatro, penso solo che sarebbe simpatico se la musa ispiratrice del "mondo del teatro" potesse goderne assieme i frutti. (cristina)

Il silenzio svelato
Perline colorate, menzogna e verità, odio, emozioni continue, allegria e paura di vivere, la possibilità di vedere riflesse sul palcoscenico le emozioni della vita di tutti i giorni, la fabula e l’intreccio possono appassionare terribilmente, la vita quotidiana non filtrata attraverso i canali mediatici, l’illusione che nulla si spegne e continua a brillare anche dopo la chiusura delle luci del palcoscenico. L’uso della fantasia per poter raccontare azioni normali, apparentemente banali, ma cariche di un’energia, non importa se positiva o negativa, questo dipende dallo strato culturale del periodo storico in cui si vive, che non deve apparire per nascondere i propri difetti. Attori che si travestono, si mascherano o indossano semplicemente costumi o abiti, capaci di far riflettere, di fermare la globalizzazione e l’omologazione culturale che avanzano dirompenti verso la nuova serie della vita ripresa in diretta dalle telecamere, in una casa chiusa ad ogni contatto con l’esterno. Essere vicini all’avvenimento, al potere osservare lo spettacolo da un distanza di alcuni metri a secondo del posto prenotato e poi discuterne con gli altri, scambiarsi impressioni, adulare o criticare, essere presenti senza dover cedere il posto ad altri. In questo modo la parola non diventa inutile, vuota ma si carica sempre di nuovi significati e la capacità di raccontare ha il sopravvento sulla monotonia del pensiero, il silenzio ha un significato misterioso, pronto ad essere svelato per divenire patrimonio comune di tutti. (michele)

Come possono pensare che il teatro sia una noia mortale?
Sono un quattordicenne e fino a poco tempo fa per me il teatro era: attori, palcoscenici, copioni e quantaltro. Ma cos'è ‚ veramente il teatro?
Forse a causa della mia età non riesco molto bene a capire il significato della rappresentazione ma se mi venissero poste domande come: cosa ‚ per te, è il teatro o prova ad individuare quando il teatro è riuscito a schiacciare il bottone d'avvio dentro di te… io risponderei: il teatro non è altro che un mezzo di comunicazione che emette messaggi nascosti e che comunica valori.
In me particolarmente quel messaggio è arrivato all’età di 12 anni vedendo il Nabucco.
Potrebbe sembrare un po’ strano in un ragazzino di 12 anni eppure ècosi.
A volte mi sento escluso dal gruppetto di amici che mi sono creato perché non riesco a capire come i miei amici possano pensare che il teatro sia una" noia mortale". (Giovanni)

La ferita aperta
Teatro. T e a t r o . T e a t r o . T e a t r o . T e a t r o.
S p a z i o . Luogo d’insieme. piazza famelica. corpo. a corpo.
S o g n o . b i s sogno.
T e m p o . evaso. mutato.
F e r i t a . aperta. mostrata. allargata. cucita. necessaria.
S p e c c h i o . Narciso. Maso. Sado…
parole libere nessuna esclusa. ecco cosa può il teatro .il teatro per me: comprenderti
e straniarti. guardarti per mezzo di te. e guardarti senza di te.
amarti come sei. comunque sei. comunque sono. (kore).

Il viaggio della mente tra rovi e viottoli
Mi vengono in mente i cigolanti carri di Tespi che portavano i teatranti nei villaggi più sperduti; e varie frattaglie letterarie, tra cui il vasto stanzone , con le scene ormai a brandelli, dove la baronessa Rubiera di verghiana memoria provvedeva ai lavori agricoli dei poveracci a lei sottoposti. Il teatro come rivendicazione sociale per coloro che non essendo nobili o notabili e non potendo assolutamente diventarlo dato l’epoca, vedevano "gli altri andare a teatro" come ennesima eccentricità. Situazioni e ambienti molto lontani dalle abitudini, per es., dei veneziani.
Ma che cos’è, adesso, per me, il teatro? E’ un viaggio della mente verso luoghi inesplorati, vasti come enormi sale dalle pareti che scorrono all’infinito le une sulle altre, mostrando, in variopinti meandri, percorsi già esplorati eppure ancora poco noti nelle loro mille improvvise sfaccettature. Sentieri che si aprono improvvisi tra i rovi, viottoli che serpeggiano tra i campi, sul consueto divenuto lontano e portato sotto i miei occhi. L’irrazionale che si trasforma, si conforma a criteri estemporanei di quotidianità. E’ il paradosso racchiuso nell’esistenza, il pulviscolo dorato che accende gli attimi. E’ il viaggio per volare. (ginestra )

Lo sguardo che penetra il riflesso. Un dialogo
Terry 70: Qual’è secondo te il punto di vista dello spettatore teatrale?.
Ermes: Bella domanda. Uno specchio che riflette la tua immagine. Ti rimbalza dentro.
Terry 70: Il teatro è quindi uno specchio?
Ermes: In uno specchio vedi la tua immagine riflessa. Il tuo corpo che si muove. Lo sguardo che penetra il tuo riflesso.
Terry 70: Andare al teatro è quindi come guardarsi allo specchio?
Ermes: Ancor di più. Il teatro, quindi gli attori, i corpi che si muovono liberamente nello spazio, la musica o il silenzio, se visti da una giusta prospettiva sono lo specchio del tuo interno.
Terry 70: E qual’è la giusta prospettiva?
Ermes: Lo spettatore può diventare attore (inteso come parte attiva) solo se riesce a far respirare al suo interno le emozioni che si intersecano sulla scena.
Terry 70: Non riesco a capire. Cosa c’entra lo specchio, la prospettiva,
Ermes: Adesso devo andare. Te lo spiego domani. (poldo)

L’energia che si sprigiona dal teatro
Sul palcoscenico s’intrecciano le esperienze artistiche e quelle vissute degli attori, le emozioni che trasmettono risuonano nel buio della sala. Emozioni, la ricerca di quel qualcosa capace di smuovere il proprio animo, dal momento in cui si apre il sipario fino all’epilogo, qualunque esso sia. Una catarsi totale, un’immersione partecipe nel recitato, nella mimica degli attori, affascinati dai costumi, dalle musiche, dal gioco delle luci. Sul palcoscenico non c’è diritto di replica, non è virtuale quello che si vive, gli attori danno corpo e anima ai sentimenti e alle pulsioni del pubblico immerso nel buio, di tutti coloro che attori non sono, ma che anche per pochi minuti, vorrebbero esserlo. Nel teatro non bisogna cercare una definizione, non bisogna incastonarlo in un confine ben definito, che sia commedia dell’arte o tragedia, teatro sperimentale o di ricerca, che sia popolare o colto, ma bisogna un po’ abbandonarsi, lasciarsi trasportare, liberarsi dai condizionamenti quotidiani e vivere le emozioni per quello che succede, realmente, davanti ai propri occhi, solo in questo modo si possono cogliere, almeno in parte, la bellezza e l’affascinante energia che si sprigionano dall’arte teatrale. Mandrie di cavalli selvaggi, eserciti pronti alla guerra, uomini e donne spinti dall’amore, dall’odio scorrono e balenano davanti a me, li vedo, li sento, eppure tutto questo è frutto della narrazione e della magia di un solo attore, seduto su una sedia, capace di incantarmi ed emozionarmi, che mi spinge con forza a ritornare nel buio della sala. (mimmo)

La saggezza del mondo nelle viscere
L’idea di teatro? Penso a carne viva che aderisce alla vita e non importa quanto la carne, senza la protezione della pelle, possa bruciare. Il desiderio di esperienza è più forte di ogni inutile protezione. Non conosco il senso del teatro dal suo nascere o meglio ho volutamente dimenticato teorie.So come mi sento quando vedo uno spettacolo che prende il mio stomaco. Emerge da dentro una forza, un mistero, una comprensione del mondo che fa venir voglio di "provarlo" fino in fondo il mio tempo. Far emergere da se la potenza di se, è questo che il teatro mi succhia fuori. Guardando i sensi degli altri, scopro i mie più profondi pensieri, quelli che non avevo avuto il tempo di riordinare, quelli che mi riconducono al mio più antico individuo. Antico individuo? Non conoscevo questo termine ma sento essere quella parte di me più saggia e più capace di comprendere, partecipando. Teatro per me? Partecipazione non filtrata. Dentro il mio corpo l’adesione avviene oppure no, ma non la decido, la vivo. Comprendo di pancia è come se le mie viscere avessero in se la saggezza del mondo. E’ così che mi sento quando vedo "teatro" (ovviamente non per tutto ciò che vedo a teatro) quando il miracolo avviene capisco perché ho continuato a cercare in quel luogo pur a volte delusa, arrabbiata, nauseata. Divento parte di tutto. Attraverso l’agire di altri mi svelo a me stessa.
Riconosco il limite l’arte non è soggettiva o almeno non così dichiaratamente, ma che sia proprio questo il mio miracolo a teatro? L’oggettivazione del soggettivo che non si perde nell’indefinito? Mi fermo anche se sento che potrei "partire" di nuovo per riascoltare la mia nuova preghiera. (marialuigia)

In punta di piedi
sono un’equilibrista sbadata che cammina leggera, in punta di piedi, ridendo, su di un filo sottile, attenta però, a non cadere; e immagino la vita, vivendola… " il teatro"? mi chiedono, e intanto vi offro il mio "dramma ", frammento di corpo e di spirito, che voi potete capire, cambiare, renderlo vostro. (valentina )

Quel mondo magico a cui assistere senza entrare
La prima domanda che Carlo ci ha fatto quando ci siamo incontrati, è stata di riflettere su quale fosse la nostra idea di teatro.Bella domanda!
Ero bambina la prima volta che ho messo piede in un teatro, mi si è aperto un mondo a cui non sapevo dare una definizione , ma la sensazione era che in quel momento stavo vivendo assieme agli attori qualcosa di vero, che mi arrivava direttamente senza alcun filtro.
Ma tutto ciò allora mi sembrava qualcosa di irraggiungibile, un mondo magico a cui potevo assistere senza poterci entrare dentro.
Con gli anni questa distanza si è colmata , ed il mio approccio con il teatro è cambiato.
Le esperienze che ho avuto negli anni universitari mi hanno portato ad entrare in quel mondo, finalmente ero arrivata a casa. L’impatto era di nuovo cambiato , da studentessa che il teatro non solo lo fa , ma lo studia , ricercavo con la presunzione intellettuale le cose sempre più complicate, il teatro sperimentale , innesti con le nuove tecnologie , macchine sceniche di forte impatto visivo con rappresentazioni di mondi (interiori) a volta esasperati ed eccessivi. Sicuramente è un percorso obbligato e forse necessario per una generazione che ha portato con se gli strascichi dello sperimentalismo degli anni settanta. Ma era questo quello che veramente cercavo nel teatro? No cercavo qualcosa che si avvicinasse di più al mio vivere e sentire le cose, cercavo la semplicità , il dionisiaco, la leggerezza (non intesa in modo superficiale) di toccare quelle corde profonde dentro di noi senza sforzi eccessivi.(ivana)