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Umano, troppo umano

Siamo dentro il convegno, un po’ spaesati, dopo l’intenso master di perfezionamento di "educazione al teatro" che avrebbe avuto bisogno di una manciata di ore in più per far sedimentare il confronto attivato nella plenaria del dodici mattina.
Ma si è in gioco. Nell’aula magna dell’Università procede il convegno, centrando prima su Dario Fo e ora su Eduardo l’obiettivo, emergono diversi contributi, sguardi che rivelano una lettura critica ed attenta delle problematiche teatrali in campo. E interventi che confermano un comune sentire
E poi la sera per l’omaggio a Fo, dopo Pirovano, spunta Jannacci, strano (come sempre, quel suo borbottio impastato che si mangia le parole è quasi un codice… e lo rivendica…grande).
C’è qualcosa che sfugge alle regole dello spettacolo in lui: un’autoironia che confina con l’umiltà.
E’ bellissimo, "bello fratello" direbbero nel Salento, troppo umano, forse.
E all’improvvisom capisci come il teatro possa nascere da un’empatia che accade prima della rappresentazione, Laura non caso parla di "com-passione".
(carlo)

 

La com-passione delle voci di dentro

Enzo Jannacci ricorda Dario Fo. E non solo All’inizio è com-passione, cioè patimento che l’artista comunica al pubblico (di contagio si tratta). Patimento perché si sente, quasi sulla propria pelle, quanto fatichi la voce a uscire dall’interno del corpo, quanto questa uscita possa essere "non spontanea", non meccanica. Poi si entra in rapporto con le "voci di dentro" di Jannacci, che diventano parole sussurrate, abbozzate, sbocconcellate, sospiri, ritmo, e quel ritmo comunica più di quanto dicano le parole, a un livello assolutamente non aneddotico.
La sua presenza corporea è con questo in sintonia. C’è in Jannacci un disagio di essere in scena cui fa da sponda la sicurezza non esibita di quel suo andirivieni sul palco: il magnetismo di quella sua postura costretta. Ricorda il suo modo di stare in scena quello di Carlo Cecchi, come segnato da una necessità intima ma nello stesso tempo quasi di malavoglia.
La forza del pudore potremmo anche dire: pudore dell’uomo che si ri-vela artisticamente. La forza di un messaggio sussurrato, ma non per questo meno incisivo, anche dal punto di vista politico. Non vede emarginati fuori della cosiddetta normalità Jannacci, ma uomini e donne che "hanno vite più difficili". E’ una relazione con l’alterità a partire dalla "simpatia", con istintivo senso delle pari dignità.
Nel racconto si inacastona il fiore delle canzoni, di cui Jannacci ci ha fatto ancora dono, tra le sue più belle. Canzoni che sono dentro di noi — certo di chi viene dal 68 - , e che ce lo fanno amare per sempre.
(laura)

 

Eduardo uomo-teatro

Aveva la potenza degli antichi comici di 'fare mondo'
Spigolature
L'artefice magico si offre al pubblico-belva da incantare con i trucchi del teatro per introdurlo al segreto.
Carnia/pescia : la bizzarria come cifra di una commedia paradossale.
Edoardo è il profeta dell'iperrealismo.
Ma, quanto il personaggio sa della sua verità?
Dietro la machera che si toglie, vi è la maschera infinita con i suoi fantasmi, primo tra tutti:il pubblico.
La drammaturgia di ferro:
montaggio e rovesciamento ma con esiti certi: il pubblico deve capire perché ha pagato per questo.
Eduardo e la pedagogia: né ricette né tecniche ma l'aneddoto e la maieutica.
Eduardo ed i linguaggi:
La cultura teatrale è esuberante e fluida come la lingua.
Anche quando lavora con l'italiano,il dialetto rimane il suggeritore invisibile, specie nei silenzi.
RENATA MOLINARI incrocia magistralmente l'asse verticale delle generazioni con quello verticale delle lingue in un paesaggio nomade dove sono ancoraggi la riconoscenza e la restituzione.
Grazie, Renata.
Il video della Città Nuova come esempio del fare teatro con i mezzi della tecnologia.
Incrocio di doppi sguardi e di doppie voci e suoni.
La città nuova è vecchia come il mondo. E' l'originario gioco del travestimento che fonda il teatro. In questo viaggio impietoso dentro di sé i maschi dicono la propria paura e la propria invidia per la donna-madre; svelano la propria aggressività.E' un testo di verità e poesia.
(renée)

 

La religione laica del teatro

Stefano De Matteis: Eduardo o la religione laica del teatro. Un modo per prendere le distante dai modelli della realtà. Eduardo è il rigore nella libertà... di recuperare la tradiwione teatrale napoletana.
Renata Molinari: Bel racconto per immagini di come per i giovani (alcuni) di oggi, l'uso del dialetto sia una forma di risarcimento per qualcosa di cui i padri si sono privati, che è stato negato per poter entrare in un mondo in cui essere riconosciuti (vedi la lezione di Alaimo per il gruppo di Drammaturgia con Loredana al Master).
La memoria dell'attore non può essere rimpianto, ma azione.
La lingua che parliamo, la lingua che ascoltiamo? Lavoriamo allora su questa (Hannah Arendt e Filottete).
Enzo Moscato: barocchismo linguistico per difendere il diritto, indiscusso, di usare il dialetto. O "lingue diverse"? (Raboni tra poco avrà da ridire: i dialetti... non "lingue diverse".
Antonio Calbi: panoramica sul teatro dialettale nuovo; dialetto come
La consapevolezza di sè

Il laboratorio teatrale è una delle vie ( strumenti) per far raggiungere ai giovani la consapevolezza di sé, per far emergere attitudini e vocazioni. Tutti i docenti dovrebbero conoscere tecniche e modi che abituino gli studenti all'ascolto, al rispetto degli altri, alla dimensione interculturale, che li portino ad appropriarsi dei nuovi canali di comunicazione. In questo senso l'uso del computer a scuola, la costruzione di burattini digitali, di interfacce, di smontaggio e rimontaggio di racconti, di fiabe permettono ai giovani di dominare e umanizzare i media, non di essere fruitori passivi.
L'omaggio di Pirovano a Dario Fo è stato uno spettacolo interessante, vivo, pieno di energia, di idee, di divertimento, ma mi sono chiesta: " E' questo il compito del maestro? "
Pirovano deve tutto a Fo, ma il suo caso non è esportabile nella scuola. Noi docenti non vogliamo un "clone", ma formare persone che possano scegliere, nella loro vita, modi di essere, stili di vita, campi di azione e di ricerca.
Il convegno, se anche non realizzasse altri obiettivi ne ha realizzato uno fondamentale: il confronto tra docenti che si occupano di teatro a scuola, in paesi, ordini di scuola, ambienti socio-culturali diversissimi; ha suscitato dubbi e interrogativi sulla collocazione curriculare o extra-curriculare del teatro- teatro per classi intere o per piccoli gruppi..., teatro nella più assoluta libertà o entro limiti e norme...-.
E' bene ribadire che il teatro rimane uno dei progetti che un collegio docenti deve inserire nel POF, ma si devono esperire altri progetti ugualmente formativi, che insegnano ad imparare, che sviluppano potenzialità critiche, senza dimenticare la valenza estremamente educativa e conoscitiva delle discipline scolastiche.
(laura)

 

L'energia magnetico-teatrale del maestro

Ieri pomeriggio, dopo le relazioni colte di Farrell e Porro, ha fatto irruzione nel teatro Mario Pirovano, un naif, uomo di teatro per caso che "incarna" Fo mentre si parla di lui. Ne è il sostituto autorizzato, quasi un clone o "un burattino digitale" che si anima per l'energia magnetico-teatrale che emana dal maestro. Mario Pirovano recita Fo che lo abita dal di dentro da circa vent'anni, lo permea, ne occupa e riempie gestualità e parole e gli"regala" la regia di un lavoro - " Il primo miracolo di Gesù Bambino"- che di Fo interpreta linguaggio, sentimenti, strumenti espressivi, messaggi umani, poetici, politici.
Affascina e suscita stupore il racconto che Pirovano fa delle circostanze in cui nasce il "primo miracolo". E non a caso il contesto è quello dei temi e dei luoghi francescani, quelli del giullare di Dio. Quanti adulti si imbattono in ragazzi che si apostrofano con epiteti pesanti! Ma solo Pirovano, portatore di una originaria ingenuità francescana, ha la franchezza necessaria per parlare loro in modo autentico, avvalendosi degli strumenti e dei temi mutuati dal maestro.
Altra esperienza è quella raccontata da Iannacci: sembrava orientato ad aiutare i più deboli attraverso la medicina e invece si avvale dei linguaggi poetico-musicali e scenici per servire la stessa causa.
Iannacci e Pirovani, il medico e l'emigrante: due uomini con due storie diverse, ammaliati dallo stesso fascinoso messaggio di Dario Fo.
( filippo)

 

L'arcobalenica luce

Osservo, ascolto e sento il Teatro
In mille fattezze
m'avvolgo,
in mille volti
mi perdo
altalenanti,
in sprazzi di mondi
sprofondo
specchio dell'io...
E soffi
d'arcobalenica luce:
sprazzi di vita, respiri profondi
e ombre nel buio,
poi nulla.
Frammenti di sguardi,di suoni
e voci e sss...ilenzi.
(grazia)

 

 

Il comune sentire interregionale

Come sempre durante Convegni di questa portata i tempi per confrontarci sono limitati alle pause, ai momenti conviviali nei quali tra un bicchiere di vino ed una battuta di spirito traspaiono le preoccupazioni, le impressioni più vive, il desiderio di comunicare agli altri le proprie esperienze.
E’ proprio in uno di questi momenti che cinque di noi, uniti forse solo dal caso, quello di appartenere alla stessa tavola in quel momento oppure perché senza confessarlo in questi giorni avevano maturato un "comune sentire", hanno deciso di impegnarsi in un progetto, ambizioso forse ma appagante:organizzare un meeting interregionale in cui quattro istituti superiori si mettono in gioco in un laboratorio teatrale.
L’attività comune potrebbe articolarsi in cinque giorni in Udine ( unendo ragazzi che provengono da Napoli, Biella, Pordenone e Udine) dando vita ad un progetto che oltre a permettere ad ognuno di rappresentare un proprio spettacolo, consenta di creare una performance teatrale che coniughi le singole esperienze, maturate nel tempo, e le emozioni nate dall’esperienza contingente.
(dino,renato,margherita,mariangela,alessandra)

 

Morire ogni sera

Mario Pirovano, da oltre vent'anni collaboratore e amico del grande autore e attore si è esibito in due brani del repertorio di Fo, la scena della Resurrezione di Lazzaro, da Mistero Buffo, e il racconto del primo miracolo di Gesù Bambino. Due pagine in cui l'invenzione linguistica diventa materia teatrale incandescente e che Fo riveste con mimica e vocalità che di quell'invenzione sono parte integrante, in un tutto unitario riassumibile nell'essenza stessa dell'arte attorale di Fo. Difficile allora, riproporre questa essenza, anche se Pirovano dimostra di avere assorbito sin nel profondo la lezione di Fo, al punto che in certi momenti l'identificazione è quasi impressionante. L'originale, però è l'originale. Quella di Pirovano resta così una sorta di dimostrazione documentaria, di cui, peraltro, il teatro, per sua natura destinato a morire ogni sera, ha certe volte bisogno.
(mario)