Le parole sono sementi di storie…

Chiudo gli occhi
Ascolto il mare
Cosa fa il mio corpo?
Cosa dice?
Cosa prova?
Con queste domande è incominciato il nostro viaggio. La musica di Schubert a cullarci.
Silenzio.
Piano piano gli occhi si aprono.
Le mani cominciano a scrivere…
La difficoltà più grossa sembra quella di sintetizzare in una sola parola tutto quel groviglio di sentimenti ed emozioni che ci attanaglia.
Io scrivo sul mio diario: "paura".
Qualcuno mi chiede:
- Professoressa, posso scrivere due parole invece di una?
- Certo che puoi! Anzi, scriviamone tre, per sicurezza: è bene avere a disposizione una vocabolario ricco a cui attingere!

Chiudiamo i quaderni. Ciascuno può provare a tradurre la prima parola scritta sul suo quaderno in un gesto. Lo ripetiamo una due tre volte. Mettiamo insieme la gioia di Iolanda, con la paura di Marco, la nostalgia di Gianluca…
Gridiamo la nostra gioia, buttiamo lontano la nostra paura, sussurriamo la nostra nostalgia…
Scopriamo che ciascuna di quelle parole si porta dietro una storia.

Io ho provato un sentimento di paura perché era la prima volta che insieme a tanti compagni facevo un’esperienza simile e allora ho immaginato che viaggiare in questa grande nave era molto difficile e non sapevo cosa mi poteva capitare.
Ma subito dopo ho provato allegria e ho immaginato che giocavo felicemente in questa grande nave, mi divertivo a imitare i vari personaggi e a esprimere i miei sentimenti senza difficoltà gridando ad alta voce in modo che mi sentisse tutto il mondo.
Ogni minuto che passava mi divertivo sempre di più con i miei amici giocando e imparando moltissime cose.
Una cosa che ho imparato, per esempio, è quella che è bellissimo svolgere un’esperienza in gruppo, ma la cosa più bella è che ognuno è diverso perciò prova emozioni differenti. (Marco)

Le parole sono sementi di storie e non si possono seminare a caso. Racconto ai ragazzi la storia del "vecchio delle rive", protagonista di un video prodotto dall’Università. Il vecchio pescatore conosce a memoria il nome di tutti gli scogli di S. Foca. Ogni nome racconta una storia. Lu scattapignate, le gaggiane, la iannara, li brigantini, lu scogliu te lu sale, le due sorelle…
Propongo di partire dalla parola nostalgia scritta da Gianluca. Quali storie si porta dietro questa parola? Cosa significa nostalgia? E la nostalgia provata da Gianluca ha lo stesso sapore, lo stesso colore, lo stesso profumo della nostalgia provata da Matteo? Di cosa, di chi abbiamo nostalgia?
Una parola, tante storie. Diverse.
Matteo ha nostalgia di suo fratello che è in Afghanistan.
Marco ha nostalgia del mare, ma soprattutto dello scoglio della iannara da cui lui e i suoi amici d’estate fanno i tuffi.
E Francesco, Chiara, Emanuela…?
Racconteremo nel nostro diario di bordo. Leggeremo la prossima volta a tutti i compagni seduti in cerchio per terra…

Intanto proviamo a sentire se la parola nostalgia ha anche una sua musicalità. Battiamo le mani, ogni battuta una sillaba… gia costituisce una sillaba oppure no?
E’ l’occasione, non prevista, per la prof. d’italiano di spiegare la differenza tra dittongo e iato. In classe approfondiremo.

Tre ragazzi (i più coraggiosi?) salgono sul piccolo palcoscenico di legno che è nell’Aula Magna. Ho disposto al centro un leggio, accanto un microfono.
I corpi sono in tensione, come l’arco pronto a scagliare la freccia. Parte la musica. L’emozione si taglia a fette…
Francesco vuole salire anche lui sul palco.
Sono irremovibile. Lui non può salire. Non ha nessun diario di bordo da leggere. Non ha voluto scriverlo.
- Vado a prendere il mio quaderno dalla cartella. Qualcuno mi aiuta a scrivere? - dice, mentre corre veloce a prendere quaderno e astuccio.
Due compagne gli vanno dietro. Si siedono per terra accanto a lui. Comincia a scrivere.
Intanto Samuela comincia a leggere:
Io sono qui pronta per viaggiare…non so dove mi porterà questa nave, ma so che sarà un viaggio lungo molto lungo.
Il 28 ottobre ero con tutti gli altri passeggeri al porto: pronta per navigare.
Dopo esserci imbarcati, io, ascoltando il rumore del mare, ho provato nostalgia…
Perché proprio nostalgia?
Forse perché pensando a mia madre, che morì 9 anni fa, io ho pensato che il mare (uno strano essere vivente!) mi portava via, lontano dai miei amici dalle mie cose ma soprattutto lontano dalla mia famiglia. E questo non voglio che avvenga!

Adesso è la volta di Carola.
Mio padre è sottufficiale della Marina Militare e fu imbarcato per la prima volta quando era molto giovane. Aveva solo 17 anni.
Come lavoro è molto bello però quando deve partire a me dispiace molto.
Dopo aver visitato tutti i porti italiani, fu chiamato a svolgere la prima missione all’estero, precisamente in Libano, sono andati per riportare in Italia i soldati alla fine della missione.
Nel corso degli anni ha visitato molte città straniere… Tolone, Marsiglia, Lisbona, Barcellona, le isole Baleari, Grecia, Albania, Marocco, Egitto e Kossovo.
Io non ricordo bene quando mio padre partiva perché ero molto piccola. Però ricordo che mi mancava tanto. Forse era nostalgia.
Adesso è stato trasferito a Brindisi, e anche se il posto è più vicino degli altri io sento lo stesso la nostalgia di mio padre.

Francesco A. legge la sua poesia:
La nostalgia è un sentimento
che ti viene con il tempo
quando sei con un amico
per un viaggio che vorresti infinito.
Appena parti sei felice…
ma poi qualcuno ti manca
ed hai un’aria distratta e stanca.
Un volto ti viene in mente
e la lontananza sempre più si sente.

Prima di rientrare in classe Marika si avvicina silenziosamente e mi chiede di leggere una poesia: l’ha ricopiata dal suo libro di scuola elementare, a lei piace molto. Non ha avuto il coraggio di leggere davanti a tutti.

In classe Francesco è tranquillo solo se gli si lascia fare quello che vuole, se non lo si contraddice.
Ogni mio tentativo di legare le attività del Laboratorio con le attività di classe cadono nel vuoto.
Provo a sollecitarlo a scrivere sul suo diario di bordo, con la promessa che potrà leggere la sua storia al microfono la prossima volta che ci incontreremo nello spazio dell’Aula Magna.
Sembra tutto inutile. Se insisto, si comporta in maniera sconnessa: urla, si agita, inveisce, farfuglia frasi senza senso, minaccia di dire parolacce… altrimenti scrive interminabili quanto accurate liste: di personaggi dei cartoni animati, di piloti di Formula 1, di calciatori…
L’unica sua attività in classe è quella di ricopiare: dalla lavagna, dal libro di testo, dal quaderno del compagno accanto. E questo, a detta della madre, è già un grosso passo avanti rispetto alla scuola elementare, dove trascorreva la maggior parte del tempo fuori dalla classe, in compagnia della sua assistente, perché in classe gridava, disturbava, a volte piangeva…
Per il momento la tattica migliore mi sembra l’indifferenza. Lui continui pure a copiare, io farò altro.
Passano cinque minuti, sento la sua mano che mi sfiora:
- Va bene, faccio il diario di bordo… però domani mi fai leggere al microfono?!

Ho aiutato Francesco a raccontare la sua storia. Parla di nostalgia, anche se questa parola non compare mai scritta sul suo foglio.
Mi chiede di scrivere io al suo posto.
- Io non so studiare, non so raccontare. Non so pensare… - ripete ogni volta che lo metto alle strette e gli chiedo di scrivere da solo.
Eccola, la storia di Francesco (provo a tradurre le sue pause con la punteggiatura).
Caro diario
sono partito a Verona il 29 agosto con la mia famiglia.
Ci siamo incontrati con Valerio e poi siamo andati a Gardaland.
Valerio è il fratello più bello del mondo.
Anna è fidanzata con Valerio. E’ innamorata.
Io sono geloso e anche coraggioso.
Alla fine sono andato.
Sono andato alle montagne russe pericolose. Ho incontrato Prezzemolo il draghetto e quando si alza "Booom!" e le persone si spaventano. Ma non è niente!
Sono andato al cavallo della giostra, che gira, gira più a lungo

Sul treno stiamo andando a Lecce. E lascio Verona.
A Gardaland mi sono divertito un sacco da matti.
Valerio è rimasto a Verona.
Deve fare tutto da solo. Ce la deve fare.
Nel frattempo è arrivato settembre.
Dal 19 comincia la scuola.
E io ho incontrato Beatrice.
Mi fa tanto piacere.
E ho incontrato Dino, il professore di matematica.
(l’ultima frase la scrive da solo) Suona la campanella la mamma e Francesco si torna a casa.

La tregua concessa da Francesco procede a sbalzi. In classe alterna momenti di profonda agitazione ad altri di calma apparente. Solo nello spazio del Laboratorio sembra più accondiscendente nei confronti delle regole e delle attività proposte, pur conservando per sé uno spazio di libertà che altri non hanno. Ed è nello spazio del Laboratorio che riesce a scrivere un’altra storia.
Parla di solitudine.
Io parlo di Verona vicina al Nord Valerio sta diventando ricco e un supermigliore. Il treno sarà di ritorno a dicembre. Fa tanto freddo.
[fa scrivere a me] Devo dirti qualcosa di speciale a Valerio che sono partito sul pulmino nuovo per andare a scuola c’era Cinzia nel pulmino nuovo Valerio sto facendo da solo.
Nuove emozioni e nuove allegrie si divertono Valerio sto lavorando tantissimo