theatron: luogo dello sguardo
 
31.03.01 "variazione sui cenci"
la danza macabra

 

La danza macabra di Cenci-Artaud, il maledetto

Michele Perriera scruta, da dietro le sue lenti, la scena nel suo farsi mimetico: mimetizzata tra gli spettatori invitati a ballare e a bere.
Sembra tutto falso,

 

 

come in un set cinematografico al di qua del film, a partire dal tono “sopra le righe” degli attori pervasi dall’atmosfera di una danza macabra. La scena non sembra compiersi, fin quando Valeriano Gialli catalizza l’attenzione addosso al suo personaggio del Cenci pater efferato (ruolo che lo stesso Artaud interpretò). Solo allora inizia a girare il volano teatrale ma i toni grotteschi stridono, i caratteri dei personaggi sono talmente caricati, fuori registro, da non stagliarsi nella retina, nella mente. Perriera è maestro di atmosfere grottesche, gli attori generosi e presenti, ma forse è proprio Artaud con il suo “Les Cenci” ad aver prodotto una drammaturgia talmente maledetta da fallire (allora, nel 1935, fu un fiasco). E anche qui qualcosa non quaglia, nonostante l’adattamento di Perriera.
Eppure senza quel fiasco Artaud non sarebbe diventato Artaud, non sarebbe partito alla ricerca delle visioni più radicali che ne hanno fatto il nume tutelare delle alterità del XX secolo. Penso, scrivo, nella notte dopo la prova generale, e mi rendo conto che io stesso vado fuori registro: mi trovo a dar luogo ad una critica teatrale, cosa che non faccio più da anni e che non amo fare.
Mi scappa, un po’ come una pulsione nervosa che mi ha trasmesso questa serata nel foyer spettrale del teatro Regio. Si, un teatro così grande e vuoto di notte è spettrale. Mi sento elettrico, vuoi vedere che il sardonico Perriera è riuscito nel suo intento e io non me ne sono accorto? E sono così sfasato forse perché (proprio io che rivendico lo “sguardo partecipato”! ) sono rimasto fuori “a vedere” e non dentro a partecipare? Ecco, chiudere con queste domande mi tranquilizza, non vedo l’ora di leggere cosa scriveranno gli altri spettatori, per capire cosa ho perso (carlo)

La rincorsa pudica dei due innamorati

Ho partecipato ad una festa, sì certo che ero invitata: ero nella lista.
Hanno anche letto il mio nome, non l’hai sentito?
… c’era un ballo, c’è stato un rinfresco, e poi alla fine ancora ballo ah, sì in mezzo c’è stato uno stupro, ma gli invitati “speciali”, quelli dell’ultima cena, se ne erano già andati, per non vedere, e fra di loro c’era anche un cardinale.
C ’era un uomo assetato di potere, pieno di odio, ma non mi ha convinto. La festa era la sua.
La tragedia non sempre mi è sembrata vissuta dai protagonisti, spesso ho sentito l’impostazione dei personaggi, la recitazione. L’unico momento in cui, nella mia veste di spettatrice/invitata, mi sono sentita in un’atmosfera da sogno è stato quello in cui ho assistito ad una rincorsa pudica di due innamorati giovani e felici.
Non ho sentito l’impostazione di una regia.
La loro gioia è durata poco. Non poteva esserci più spazio all’interno della tragedia.
E poi alla fine ancora ballo (daniela)