theatron: luogo dello sguardo
 
05.02.01. su La Pollera

 

Polli e turisti polli

Non resta che fare i conti con la drammaturgia
visto che l'azione teatrale che mi si presenta
è in fondo una commedia vagamente naturalistica,
vagamente s'intende.

 

 

Il gioco è tra personaggi molto precisi: la bella ragazza centroamericana e un turista arrapato, circondati da polli. Al di là della buona idea d'ambientare l'azione dentro un pollaio il gioco non si evolve.
Rimane lì rendendo quel giovane turista milanese il più pollo di tutti. (Carlo)


Sporco come il turismo sessuale

-La pollera = sporcizia, sia per le scene, sia per la scarsa capacità
attoriale degli interpreti (soprattutto lui).Confuso perchè mischia più
temi in uno senza approfondirne nessuno, alcune scene però mi sono
rimaste impresse per la violenza (che io avrei preferito più violente
ancora). Premesso che il cesio è un metallo solido molto simile
all'alluminio e non verde e liquido, e il pollo ormai stereotipo
piuttosto retorico, per il resto la scenografia mi è piaciuta per quel
senso di precarietà dovuta ai secchi ed alle carrucole, e la voce di
lei squillante come quella della sua famiglia (le galline). Tutto
sommato sporco come il pollaio ed il turismo sessuale, lo considero
passabile. ( Madame Sosostrist)


Lontano dall'Ikea

Ma i veri polli sono quelli che razzolavano nella gabbia della pollera, o siamo noi, che per tutta la vita ci diciamo voglio andar via lontano da qui, senza neanche sapere dove siamo?
Lontano da qui Terzomondo e lontano da qui Ikea, lontano da qui per morte da contaminazione da cesio e lontani da qui per morte dei sensi.
In fondo sognare la pollera è abbastanza rassicurante. E' un pò il ritorno nel grembo materno, un ritorno verso la grande madre, anche se una grande madre avvelenata da figli empi.
Perché non essere un pò più turisti della propria vita? (Cirano)


Il paradiso perduto

Vorrei provare a dare in questa comoda sede di corrispondenza elettronica una mia prima impressione sulla rappresentazione a cui ho assistito Lunedì sera presso i locali dell'"Hiroshima".
Tralasciando di esprimere un commento sulla buona o cattiva riuscita di ciò che si voleva rappresentare, direi che l'argomento trattato, sebbene non del tutto originale, è piuttosto delicato e interessante. La prima impressione è che sia stato presentato in modo un pò confuso e stereotipato, però, riflettendoci un attimo, forse questo è il modo migliore per presentare un simile argomento ad un pubblico vario come può essere quello della platea di un teatro, a volte un pò assente o distratto, che magari si aspetta effetti speciali staordinari, fantasmagorici giochi di luce ed una recitazione altisonante.
Il tema della rappresentazione è il costume e la "contaminazione" della nostra società globale: quale migliore scenografia di un pollaio pieno di galline con due attori che si comportano anch'essi da galline e si rivolgono ad un pubblico che si riconosce in loro come davanti ad uno specchio? E' sicuramente uno spettacolo che per l'argomento, la scenografia, i dialoghi ed alcune scene non prive di violenza, lascia lo spettatore piuttosto turbato.
Il turismo sessuale, la contrapposizione di due mondi, quello di un paese sviluppato ed industrializzato e quello rurale del centroamerica, diametralmente opposti ma ugualmente poveri, il primo vittima della caoticità delle città industriali, del consumismo e del dio denaro, il secondo vittima inconsapevole della prepotenza occidentale e ridotto a pattumiera di rifiuti radioattivi, entrambi sottomessi da qualcosa di incontrollabile e desiderosi di evadere lontano in un paradiso terrestre ormai perduto, sono vissuti dallo spettatore con autentica partecipazione. (Velvet)

Libera e selvaggia

Mi ha colpito il fatto che lei abbia architettato di “risuscitare” i propri parenti per dar loro una seconda morte, ma questa volta con le sue mani: uccisi, cucinati e mangiati. Non ho trovato molto pertinente il tema ecologico, non molto approfondito, non necessario. La Pollera è una donna selvaggia e libera. Mi è piaciuta la battuta finale di lui: “Cosa sono venuto a fare qua? Belle foto” (DiTi)

Reve d’or o Revolution d’Octobre?

La prima parola è fuga. La ricerca e l'impossibilità della fuga. La chiusura nel pollaio interiore e la possibilità che la fuga si realizzi paradossalmente soltanto nella sua rappresentazione, nella finzione teatrale. La seconda parola è leggerezza. Henri Michaux ha scritto: "per capire, l'intelligenza deve sporcarsi. Ma, prima ancora, deve essere ferita". Perchè esplicitare che l'azzurro che sporca il volto, che ferisce, è il cesio radioattivo ? Perchè dar voce così ingenuamente all'ideologia, ad una banale contrapposizione tra buoni e cattivi, e non lasciare che i fatti descrivano il Male, la Ferita ? A volte si rischia di dire troppo e troppo poco nello stesso tempo. Mi viene in mente un racconto di Lacan. Uno trova per strada una bandiera arrotolata e vi legge "reve d'or". Poi scioglie il drappo e scopre "revolution d'octobre". Forse, a volte, i nodi non andrebbero sciolti. (Francesco)