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mariantonietta
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muoversi, giocare, entrare nello spazio
Che dire quando si entra in un mondo mai vissuto, mai sperimentato prima?
All'inizio ti stupisce, poi ti prende e cominci a fare, a gustare.
E' stato ed è difficile sciogliersi, rompere gli schemi che ci appartengono, perché siamo noi gli "schemi"; è difficile non essere più quello che si è
sempre stati, "come" si è sempre stati e, quindi, muoversi, giocare, entrare nello spazio e con esso ed in esso "sentirsi".
Riuscirò a ripetere ciò, a trasferirlo nel mio lavoro, con i miei alunni?
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dino
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partecipo al progetto....
Partecipo al progetto perché è coinvolta la mia classe, per un senso di dovere. Mi era stato detto che in fondo l’unica condizione era di mettersi in
gioco. In effetti, è così: trovo difficoltà ma mi diverto. Chissà poi se riuscirò ad essere utile ai ragazzi. Anche in questo ci proverò.
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pulli
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uscire dalla paralisi della quotidianità
Lo spazio, il ritmo e il tempo, quello dei corpi e dei luoghi, escono dalla paralisi della quotidianità rompendo ritmi personali e istituzionali.
Leggiamo” in quale teatro? un tentativo di riappropriazione dell’esser/ci diversamente nello spazio (istituzionale) con nuovi ritmi e intenti nella
dialettica tra gioco e regola.
Pinuccia Farilla e Consilia Pulli
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giuliano
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Il disagio visibile
Uei! siete traboccanti ragazzi! Per me è la prima volta che partecipo a un Forum e devo dire che è un’esperienza coinvolgente. Ho la possibilità di
leggervi tutti, dire la mia e conservare i vostri vibranti pensieri. Da quelli di Paola (non avevamo avuto più occasione di parlarne dell’esperienza
di Otranto) agli altri che si sono accostati da poco alle attività teatrali. Mi sembra stia uscendo fuori un concetto che ho sempre pensato: PER
INTEGRARE BISOGNA PRIMA INTEGRARSI. Ci rendiamo conto che i ritmi della nostra vita ci portano a dividere, separare, analizzare scindendo, e noi? Dove
siamo? Di qui, di li? Dentro? Fuori? Meno male che ogni tanto c’è qualche occasione per sentirci (dico sentirci dal di dentro vivi e vitali).
Cos’è questa? Toh! la mia mano, si, la conosco bene, quante volte l’ho usata per scrivere, per farmi la barba, per guidare, per carezzare, … ma
guarda, può diventare leggera come una piuma e posso agitarla nell’aria, ma anche l’altra. Ehi, mi sono spuntate le ali!! Sto volando!!!
Questo incontro con Antonio è stato vivificante un po’ per tutti visto quello che scrivete. Ora dobbiamo vivere capendo, probabilmente portare
maggiormente a coscienza i nostri comportamenti e quello che essi possono provocare.
Ma un altro elemento mi sembra molto interessante per me: prende sempre più corpo l’idea del “DISAGIO INVISIBILE” che poi è quello più diffuso.
Accettare la diversità allora può diventare riconoscere la propria individualità ed aprirsi con essa al mondo dell’alterità. Nelle mie esperienze nel
“DISAGIO VISIBILE” ho sempre pensato di trovarmi di fronte a persone che vivono in uno stato meno fortunato del mio dal punto di vista funzionale ma i
loro comportamenti e il mio erano su un terreno di parità: del dire e fare qualcosa insieme superando il concetto di aiutare ma instaurando quello del
cooperare ognuno con le cose che sapeva fare. Forse il terreno del fare si presta di più all’incontro tra le persone. E ho visto che di cose ne stiamo
facendo!!!
[Per gli insegnanti partecipanti al Corso] Ho sempre dimenticato di dirvi che con la mia telecamera vi ho ripresi nelle vostre azioni ed anche nelle
vostre riflessioni senza neanche chiedervi il permesso. Non ho trovato il momento per dirvi quello che sto facendo:
La mia scommessa è: Come trasformare (attraverso il film) un’esperienza personale in un’esperienza partecipata!
Alla prossima
Giuliano
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alstaja
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Giù la maschera! Riflessioni sull'incontro del 09-10
La mia avventura in questo progetto è iniziata solo oggi, ma mi sono accorto da subito che il livello di coinvolgimento generale è già abbastanza
alto. Io stesso non ho potuto fare a meno di restare colpito dalla sincerità e dalla genuinità della testimonianza della Prof. di Taurisano. Del resto
stiamo parlando di mettersi in gioco (non in mostra), di "insegnare insegnandoci" e quello di oggi mi è sembrato un valido esempio. Teatro, per me, è
spesso stato sinonimo di tutt'altro. Qualcosa di connesso all'ambizione, all'esibizionismo, alla voglia di apparire ciò che non si ha il coraggio di
essere. Parlo dell'esperienza professionale in senso stretto, ma ho dovuto ricredermi in fretta, scoprendo l'altra "faccia" del teatro: quella che
dovrebbe stare dietro la maschera dell'attore. A volte basta uno sguardo fugace nella vetrina di un negozio perchè un mondo intero ti crolli addosso.
Il protagonista della notissima vicenda pirandelliana inizia a scoprirsi e a scoprire il mondo proprio così: con una rapida occhiata al riflesso di
una vetrina. Quanti di noi sarebbero disposti a farlo in un mondo così anestetizzato dalle consuetudini, dai formalismi, dall'esasperazione
dell'immagine e degli status-simbols?! Beh, questo è un vero e proprio campo minato e la cosa curiosa e che le mine le abbiamo piazzate noi stessi e
ce ne siamo dimenticati. Sono convinto della validità del laboratorio teatrale, non tanto per la sua valenza sul piano socio-culturale (che è assai
concreta), ma per l'opportunità che offre a ciascuno di noi di porsi su un piano completamente nuovo, con un nuovo punto di vista: non quello
dell'attore ma, questa volta, quello della maschera. "Perchè non dello spettatore?" vi potreste domandare. La mia risposta contempla, in effetti,
proprio quel nuovo punto di vista: penso che porsi nei confronti degli altri non significhi indossare una maschera per apparire come vorremmo che "gli
altri" ci vedano. Piuttosto fare una scelta coraggiosa e costosissima: svelare la nostra identità, guardandoci allo specchio ed, in primo luogo,
(ri)conoscendoci; amandoci nuovamente e prendendone coscienza aprendoci al mondo così come siamo. Qual'è il rischio? Lo sappiamo benissimo! Le
critiche altrui ci potrebbero distruggere. Ma gli "altri" non siamo noi?!
Forse è questo il motivo per cui la nostra immagine riflessa ci piace sempre di meno. Credo che sia il presupposto che conduce alla proliferazione di
programmi spazzatura (evito di fare nomi, ma li trovate su tutte le reti televisive) nei quali i nostri figli si identificano con una velocità e
totalità allarmanti. Che fare allora?
Questo progetto è una risposta plausibile a tutte queste domande e, probabilmente, a tante che ne scaturiranno. Partire da noi per donare agli altri,
donarsi agli altri. Forse è questo il teatro che ho scoperto; forse è questo teatro che ha scoperto l'identità dietro la mia maschera.
Alessandro Stajano
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nessuno
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OISTROS è SOLO UNA COMBRICCOLA DI AMICI
Vorrei sottolinare che oistros è stato creato come un'associazione rivolta alla partecipazione libera di tutti gli studenti ma alla fine grazie a
solite pagliacciate è stato occultato tutto! è diventato il circolo privato di una ristrettissima cerchia di studenti che hanno il privilegio di
lavorare e di fare esperienza, mentre il 90% degli studenti è allo scuro di tutto!!FORSE CHI STA PORTANDO AVANTI LA CROCIATA DELL'UGUAGLIANZA IN
REALTà COMBATTE SE STESSO..XKè DISCRIMINARE STUDENTI A RISPETTO DI ALTRI?
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gino santoro
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precisazioni per nessuno
Non è bello rispondere a "nessuno", anche perché è difficile capire l'utilità di quanto scrive "nessuno" nel forum sull'integrazione partecipata:
quale teatro? Forse "nessuno" non era ancora nato quando, era 1969, è stato creato l'OISTROS, ma questo non giustifica affermazioni apodittiche.
Si è chiesto "nessuno" se chi è all'oscuro vuole entrare nella zona illuminata? Quanti studenti ( il 90%?) sono disposti a sottoscrivere quel
messaggio?Quanti sono disposti a mettersi in gioco, magari imparando ad usare bene la lingua italiana?
Sarebbe, forse, più utile prendere atto che le crociate sono fuori moda e chiedersi con un pizzico di umiltà: quale contributo posso dare al progetto
che si sta realizzando? "nessuno" vuole entrare nel gioco? Come primo passo deve uscire da "nessuno" e diventare persona.
Gino Santoro
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carlo
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Risposte: 2024
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Le visioni convergenti. Dopo il caos, l'ordine (ma ludico-partecipativo)
Per quanto io possa amare l'idea del "pensiero divergente",
ovvero quel modo di agire e pensare che spiazza e rilancia i ragionamenti,
credo che in un forum di questo tipo sia importante trovare il modo per far convergere gli elementi del discorso che ci sta + a cuore.
Ovvero il progetto sul rapporto tra integrazione partecipata e teatro, in vista del prodotto multimediale, e del web in particolare, attraverso cui
dare una forma compiuta a questa esperienza.
Detto ciò è affascinante come molti insegnanti abbiano scoperto che, accanto al mettersi in gioco proprio del teatro ( e del particolare, intenso,
laboratorio di Antonio Viganò) ce ne sia un altro (un diverso mettersi in gioco) che consiste nell'entrare in un forum on line con la propria impronta
soggettiva dei pensieri in libertà.
A questo punto abbiamo visto emergere le prime contraddizioni,
ossia quelle che indicano approcci, sensibilità, velocità diverse nel ragionare in rete. Anche con diversificati stili, più o meno aggressivi o
ambigui.
Si sta creando un vero labirinto di motivazioni e proiezioni diverse, una condizioine che rivela la realtà delle nostre intenzioni: far incontrare su
queste problematiche sia gli insegnanti che gli studenti universitari interessati al rapporto tra il teatro sociale e la multimedialità.
Quando si comporrà il diario di bordo si farà un lavoro di selezione, facendo un pò d'ordine, sistematizzando le varie opininioni.
ma prima dell'ordine è necessario un pò di caos, l'espressione libera della partecipazione attiva a questo progetto, un gioco.
Si, un gioco che espanda la coscienza ludico-partecipativa: un elemento decisivo per fare di questo progetto qualcosa di vero ed originale, per farne
uno strumento didattico di nuova sensibilità.
Perchè accada dobbiamo, dopo questa prima fase di slancio, cercare di lavorare sulla convergenza delle visioni e se vi sono contraddizioni e punti di
crisi rilevarle, estrarle ed esaminarle, isolandole.
Questo forum è il nostro zibaldone, il campo delle libere espressioni, d'accordo.
ma allo stesso tempo dobbiamo concepirlo come l'ambiente in cui iniziare ad edificare il progetto.
Essere costruttivi e convergenti quindi è l'indicazione che vi lancio.
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carlo
Amministratore
Risposte: 2024
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il tocco di scrittura-pensante
Quota: | Originariamente scritto da alstaja
La mia avventura in questo progetto è iniziata solo oggi, ma mi sono accorto da subito che il livello di coinvolgimento generale è già abbastanza
alto. Io stesso non ho potuto fare a meno di restare colpito dalla sincerità e dalla genuinità della testimonianza della Prof. di Taurisano.
>>> anch'io
e noi tutti,credo.
Anche perchè quell'insegnante ha centrato la prima delle contraddizioni in campo:
il fatto di mettere in relazione
studenti universitari, in buona parte disillusi dopo anni di scuole superiori poco stimolanti
e insegnanti che vivono quotidianamente nella trincea faticosa di un sistema educativo troppo poco flessibile<<<
Del resto stiamo parlando di mettersi in gioco (non in mostra), di "insegnare insegnandoci" e quello di oggi mi è sembrato un valido esempio.
(...)
Questo progetto è una risposta plausibile a tutte queste domande e, probabilmente, a tante che ne scaturiranno. Partire da noi per donare agli altri,
donarsi agli altri. Forse è questo il teatro che ho scoperto; forse è questo teatro che ha scoperto l'identità dietro la mia maschera.
Alessandro Stajano
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>>>al
tocchi i tasti giusti
il laboratorio teatrale è servito
per gli insegnanti principalmente
proprio x sondare la propria disponibilità
è qui che va trovata la prima risposta didattica a tutte le domande intorno al senso di questo progetto
il fatto poi che si confronti così intensamente anche nel forum è un buon segno.
ma attenti a non inciampare nei pietroni delle contraddizioni (salutari, ma non devono viziare la serenità della partecipazione)
il tono del tuo intervento può aiutare non poco a procedere nella discussione
contiamo sul tuo tocco di scrittura-pensante, al!
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giuliano
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Quota: | Originariamente scritto da gabriele
La discussione svaria e diventa piccante a quanto vedo...
Io non sono molto vicino al teatro e tantomeno credo di poter essere d\'aiuto,
>>>secondo me sei molto più vicino di quanto pensi<<<
mi piace partecipare e vedere forse perchè nella mia vita ho sempre osservato dall\'elementari alle superiori chiedevo ai professori di poter essere
messo in un banco in disparte, poichè non riuscivo a sentire i miei compagni vicini...e tutt\'ora non m\'importerebbe granchè ricevere comprensione,
mi piace guardare
>>>forse è per questo che ti dedichi al video<<<
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Tonia
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Sono sempre stata diffidente,a volte impaurita,da questo modo di "rapportarsi"con gli alti,ma come tutto ciò che poco si conosce,mi affascina e mi
incuriosisce.Nei due incontri qulcuno mi ha fatto cadere un pò di (pre)giudizi...non tutti...
-L'alfabeto non è stato creato per scrivere poesie-
Questa frase mi ha aperto una porta...staremo a vedere.
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carlo
Amministratore
Risposte: 2024
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l'alterità come risorsa
gli interventi di antonio viganò,
in particolare quello nella mattinata del 9 ottobre con gli studenti del corso di laurea in scienze e tecnologie dello spettacolo,
mi hanno fatto riflettere e ripescando alcuni appunti presi con il mio palmare, rilascio qualche traccia qui nel forum.
La prima considerazione riguarda le definizioni come "teatro sociale", in cui possiamo far rientrare questo progetto sull'integrazione partecipata.
Antonio dice "la parola teatro basta da sola" per intendere, credo, che il teatro è teatro e basta
e gli aggettivi a volte non servono
ma c'è un ma
ha ragione anche se delle volte le parole ci aiutano a centrare alcune sfumature, importanti, almeno per noi, qui
il teatro sociale,
lui stesso l'ha suggerito, sulla base di un'esperienza consolidata in anni di lavoro con gli Oiseaux Mouche, il gruppo di danza francese composta in
parte da portatori di handicap,
accade quando sovrapponiamo questa parola ad un intervento di carattere sociale, come quando si opera con persone soggette ad handicap.
A questo punto il suo ragionamento fa un salto di qualità,
quando afferma di lavorare "sul corpo poetico", quando cioè il lavoro fisico interviene sullo sguardo spiazzandolo , rivelando "altre prospettive."
E dice che il disequilibrio vale sia per l'attore normodotato che per quello che ha problemi di mobilità.
Qui chiama in aiuto un libro importante: "Il corpo" di Galimberti.
L'inquietudine o il dolore che si evoca con il corpo può arrivare a riscattarsi in un atto poetico.
Emblematico in tal senso il lavoro di Pippo Delbono (reduce di un successo notevole al Festival teatrale di Avignone), un regista (ma non solo) che ha
trovato in Bobo (un microcefalo che ha incontrato al al manicomio di biscieglie e che da allora è in compagnia a tutti gli effetti).
E' diventato un attore che
quando entra in scena produce un campo d'attrazione inesorabile.
Antonio parla poi dell'alfabeto coreografico che come i principi basilari dell'arte ha bisogno di togliere.
E qui cita Carriére, il drammaturgo di Peter Brook, che descrive un bambino che di fronte ad uno scultore che sta creando un cavallo gli dice:
"ma tu come facevi a sapere che li dentro c'era un cavallo?"
Per concludere rilevo un altro bel concetto lanciato da Antonio:
"l'attore deve essere portatore non solo di luce ma anche dell'ombra"
Per intendere quanto sia importante destabilizzare piuttosto che rassicurare con le belle forme compiute lo spettatore.
Pensate solo a quanto sia importante operare sul principio dell'alterità, del pensiero divergente, sulle inquieteudini
e pensate ad alcuni grandi artisti, sottovalutati in vita e morti in manicomio o in abbandono...
Maestri capaci di fare dell'alterità una risorsa:
artaud
van gogh
campana
Sarebbe utile se alcuni dei ragazzi presenti a quell'incontro mettessero in campop un pò delle loro riflessioni.
Per confrontarci.
In questo forum è evidente che viaggiano diverse linee, Questa sulla riflessione su teatro ed alterità è certamente una di queste.
Un altro ottimo spunto è poi il video "Tessitore di nuvole" che abbiamo visto tutti, studenti universitari ed insegnanti, ci sono elementi da
sviluppare.
Il forum li attende.
Poi più avanti, a novembre (il 4 e 5) quando ci reincontreremo si farà un pò di selezione tra le diverse linee del discorso
per comporle nel diario di bordo.
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carlo
Amministratore
Risposte: 2024
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coniugare informazioni ed emozioni
Quota: | Originariamente scritto da gabriele
non sono pienamente concorde con te tonia
>>> gabriele, scusami se ti scelgo come occasione x chiarire meglio l'uso del forum (ma + avanti commenterò le tue, stimolanti, riflessioni)
Quando si risponde a qualcuno in particolare
Cliccate su QUOTE!
permette di fare come in questo mio intervento,
si cita l'intervento e vi si può intervenire tra le righe!
A questo punto sarà chiaro a tutti l'oggetto della discussione...
potrebbero esserci state decine d'interventi in mezzo e sarebbe quindi difficile collegare tra loro i termini del dibattito.<<<
sai l'alfabeto è "un'arma" credo...Benedetto croce diceva che le poesie le scrivono i ragazzi fino a diciotto anni dopo solo due categorie continuano
a scriverle: i poeti e l'idioti....
>>> era un riferimento ad una mia affermazione: l'alfabeto non è nato x scrivere poesie.
l'ho definito altresì :tecnologia della memoria
ma ciò non toglie che una delle prerogative dell'evoluzione umana passi attraverso la capacità di coniugare le informazioni con le emozioni<<<
per rispondere a giuliano, si forse hai ragione ma per me c'è qualcosa di più...nel video cerdco di inserire cose nascoste, il video rappresenta una
forza che ti scuote ti prende ti fa suo e poi quando ci sei hai quasi timore...è come un mare in tempesta...non so quanti di voi l'hanno
visto..intendo visto veramente, da dentro...prima di arrivare al molo lo intravedi e ti sa di vernice e di nuvole, e non vedi l'ora di salirci di
essere suo, senti perfino il profumo della salsedine dentro, lo vuoi, poi quando ci sei sopra ecco che in un lampo in un secondo tutto cambia, ti
rendi conto che non era come credevi e non è più un amico, lo senti che ti vuole che cerca di strapparti con se ed hai paura..ma quando sei a riva
crepi dalla voglia di tornarci e l'attesa diventa una sfida.....forse quello che ho detto per molti non ha senso ma per me......non saprei dirlo.....
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ha senso e come
anche a partire dalla differenza
io ad esempio metto in moto il mio immaginario a partire dal piacere per le altezze alpine (ho una casa in valle d'aosta, sotto il Cervino)
credo infatti che una delle condizioni ideali per l'agire umano sia camminare in altitudine (sopra i 2000 metri)
perdonatemi l'insert personale...
ma quando sento parlare di mare come condizione privilegiata del desiderio ci tengo a metterci in mezzo questa considerazione...
e poi conosco molti salentini che adorano le montagne
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giuliano
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Risposte: 9
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Quota: | Gabriele ha scritto:
per rispondere a giuliano, si forse hai ragione ma per me c'è qualcosa di più...nel video cerdco di inserire cose nascoste, il video rappresenta una
forza che ti scuote ti prende ti fa suo e poi quando ci sei hai quasi timore...è come un mare in tempesta...non so quanti di voi l'hanno
visto..intendo visto veramente, da dentro...prima di arrivare al molo lo intravedi e ti sa di vernice e di nuvole, e non vedi l'ora di salirci di
essere suo, senti perfino il profumo della salsedine dentro, lo vuoi, poi quando ci sei sopra ecco che in un lampo in un secondo tutto cambia, ti
rendi conto che non era come credevi e non è più un amico,
>>> E' proprio qui il punto! Noi ci facciamo delle immagini di quelloche vorremmo trovare, creiamo delle aspettative, ma quando ci si mette in gioco
bisogna accettare l'imprevisto. Il non prevedibile spesso va in conflitto con le aspettative. Allora quello è il momento più difficile: accettare
quello che non credevi accedesse (come dici tu Gabriele) In altre parole essere più flessibili, ma questa abilità si conquista con molta fatica e
soprattutto umiltà. Non vedere la diversità o tutto ciò che non va secondo le tue aspettative come un nemico, ma soltanto come "diverso" dal tuo modo
di percepire. Questo "diverso" ti permetterà forse di confrontarti e di autodefinirti non credi? <<<
lo senti che ti vuole che cerca di strapparti con se ed hai paura..ma quando sei a riva crepi dalla voglia di tornarci e l'attesa diventa una
sfida.....forse quello che ho detto per molti non ha senso ma per me......non saprei dirlo.....
>>> Se lo hai scritto sicuramente avrà senso per te. Per gli altri vedremo <<<
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ritabortone
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La libera espressione
Ci sono anche io (Mi ha dato Carlo il permesso di iscrivermi al forum!).
Vi sto leggendo e mi piace leggervi. E mi vengono in mente molte cose da dirvi, e molte cose da chiedervi, ma secondo voi, una "libera espressione"
è consentita anche a me?
In parole povere, secondo voi io posso partecipare al forum e dirvi o chiedervi quello che mi suggerite voi stessi con i vostri interventi? o vi
sentite in qualche modo inibiti nella "libera espressione" vostra?
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alstaja
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Il Teatro: uno scrigno colmo di tesori
Anche una normalissima riunione con tanto di “ordine del giorno” può trasformarsi in qualcosa di emozionante. Certamente non avrei potuto immaginare
gli sviluppi, durante l’incontro con i ragazzi della Oistros, di quella che credevo una partecipazione da semplice “osservatore”. Pensavo che si
sarebbe discusso circa l’opportunità di proseguire il progetto, avviato la scorsa estate presso una scuola di Taurisano, secondo nuove e meglio
definite modalità: resoconto del lavoro già sviluppato; analisi dei risultati; commenti; nuove proposte e via discorrendo. Beh, in linea di massima è
ciò che è avvenuto. Soltanto, non avevo fatto i conti con ciò che realmente si stava realizzando dinanzi ai miei occhi e, soprattutto, dentro di me.
Tra le nuove presenze, oltre la mia, quelle di un ragazzo e una ragazza che, devo ammettere, hanno attratto in modo speciale la mia attenzione. Il
loro rispettivo intervento, lucido e motivato, ha fatto calare nella sterile “sala audiovisivi” un alone di magia che, penso, abbia coinvolto tutti
quanti. L’esperienza raccontata dal ragazzo, oltre a richiamarne in pieno la figura, descriveva con dovizia di particolari l’attività del Cantastorie
che, egli stesso, ha avuto modo di praticare durante una permanenza di due anni nella bellissima città di Granada. Le atmosfere calde e fumose dei
locali, forse un po’ spartani, ma assai accoglienti; la diffidenza degli astanti, meravigliati da un personaggio in parte mimo, in parte musico,
alcune volte giocoliere, altre narratore. Comico? No! Ironico e scanzonato, mesto e gioioso, travolgente e disarmante nella sua semplicità. Così,
mentre le sue parole sfioravano la mia mente, scorgevo quei ragazzi coraggiosi alla ricerca di una tradizione orale che si sta pian piano allontanando
dalla memoria collettiva per far spazio ad iperbolici effetti speciali e mirabolanti scenografie che, purtroppo, non raccontano altro che se stesse.
Li “Cunta Cunti” si chiamavano dalle nostre parti. Ma chi erano questi fiabeschi personaggi, mi chiedevo nel contempo, se non già i nostri nonni, e i
loro nonni e via così fino ad arrivare in una fredda e scomoda caverna dove, alla rosseggiante luce d’un fuoco di legna, preistorici individui
“cuntavano”, con concitate espressioni del corpo e del viso, la caccia a quella creatura con le corna che, adesso, li stava sfamando e che avrebbe
sfamato tutte le generazioni a venire perché sulla parete di quella caverna, d’ora in avanti, assieme al disegno del cervo si sarebbe accompagnato il
significato “commestibile”. Potrà apparire arduo richiamarsi a quei lontani parenti vestiti di pelliccia, ma in fin dei conti è questo il bello di un
racconto: la capacità di scatenare la fantasia di chi ascolta, di suscitarne i ricordi, di costruire nuovi mondi o riproporne di passati; soprattutto
la possibilità di essere tramandati e di tramandare con essi il luogo della memoria. In altre parole ciò che accomuna il teatro alla letteratura e
queste al cinema, alla televisione, alla radio, alla pittura, alla fotografia o a qualsivoglia espressione dell’umana esigenza di comunicare, altro
non è che la narratività: ossia la peculiare valenza insita nel significante che, mi perdoni Mc Luhan, questa volta sì, è il messaggio! Ma tornando a
quanto si diceva in quella sala dell’edificio universitario, mi rendevo conto, tra una storia e l’altra, che avrei avuto ben poco da raccontare al mio
turno. Avrei potuto evitare, ma qualcosa di nuovo e di bellissimo si stava facendo strada dentro di me: il desiderio irrefrenabile di raccogliere, per
un istante solamente, quelle stille di vita e farle mie per sempre esclamando: mi rendo conto, per la prima volta, di non avere nulla da raccontare;
le esperienze che avete vissuto valgono più di un tesoro e ora una parte di quel bottino prezioso è anche mia, per il semplice fatto di essere stato
qui ad ascoltarvi in quella che poco tempo prima credevo fosse un’aula e che ora, come per magia, era un magnifico teatro.
Alessandro Stajano
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carlo
Amministratore
Risposte: 2024
Registrato il: 10-3-2002
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il non luogo del forum
Quota: | Originariamente scritto da ritabortone
Ci sono anche io (Mi ha dato Carlo il permesso di iscrivermi al forum!).
>>>è permesso a tutti!
e poi una tua presenza, rita, in quanto figura di riferimento per il progetto può essere molto utile x raggiungere quella "convergenza" di cui parlavo
in un mio intervento precedente<<<
Vi sto leggendo e mi piace leggervi. E mi vengono in mente molte cose da dirvi, e molte cose da chiedervi, ma secondo voi, una "libera espressione"
è consentita anche a me?
>>> certo, in particolare ora che siamo in questa prima fase in cui è importante scendere in campo con più libertà possbile,
perchè sia fluida la partecipazione.
L'importante sarà poi, quando apriremo la seconda fase (dal 4 novembre) cercare di individuare i nodi di sviluppo tematico del progetto.<<<
In parole povere, secondo voi io posso partecipare al forum e dirvi o chiedervi quello che mi suggerite voi stessi con i vostri interventi? o vi
sentite in qualche modo inibiti nella "libera espressione" vostra?
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>>>no, bisogna andare oltre le inibizioni.
Sarebbe opportuno che le insegnanti ritornino in pista x confrontarci magari sul video "tessitore di nuvole", procedere ancora sul piano delle libere
espressioni.
Ci troviamo qui, nel "non luogo" del forum... "non luogo" già sentita questa paroletta...
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Vinicio Antonio Attanasi
Junior Member
Risposte: 8
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Quota: | Originariamente scritto da ritabortone
Ci sono anche io (Mi ha dato Carlo il permesso di iscrivermi al forum!).
Vi sto leggendo e mi piace leggervi. E mi vengono in mente molte cose da dirvi, e molte cose da chiedervi, ma secondo voi, una "libera espressione"
è consentita anche a me?
In parole povere, secondo voi io posso partecipare al forum e dirvi o chiedervi quello che mi suggerite voi stessi con i vostri interventi? o vi
sentite in qualche modo inibiti nella "libera espressione" vostra?
>>>Certo che può intervenire nella discussione del forum e rivolgerci delle domande!Anzi chi meglio di una persona che non ci conosce (infondo tra di
noi bene o male ci conosciamo tutti, e a volte ci si risponde basandoci anche in parte ai pregiudizzi che abbiamo l'uno nei confronti
dell'altro!!!)può farci riflettere ancora di più su noi stessi, le nostre esperienze e i nostri sentimenti!Infondo siamo su un forum "una piazza" dove
tutti dicono la propria su di un argomento e se giunge qualcuno dall'esterno è il ben venuto!Perchè se non ci aiutiamo tra di noi a superare i nostri
ostacoli ed integrarci gli uni agli altri non potremo mai uscire fuori ed aiutare gli altri ad integrarsi, poichè prima di conoscere gli altri
dobbiamo conoscere noi stessi,solo così potremo essere veramente d'aiuto a qualcuno!Quindi lei è libera di chiederci (almeno per quel che mi
riguarda!)tutto quello che vuole e soprattutto farci notare tutti gli errori, le contraddizioni ed i dubbi che involontariamente e "volontariamente"
esprimiamo sul forum!!!!!!!!!!Grazie!!!!!!!!!!!<<<
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Tonia
Junior Member
Risposte: 4
Registrato il: 10-10-2002
Provenienza: Guagnano(LE)
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...il mare,prima ti culla e poi..ti vuole ingoiare...ogni cosa ha le sue facce sinistre che a volte è bene rimangano tali.ogni essere ha i suoi
terreni di sfogo,il mio sono le parole,quasi sempre inespresse e soffocate in qualche "contenitore"credo ormai colmo,in attesa che qualcosa o qualcuno
lo smuova facendone uscire il contenuto,misero,stupido e "in"significante che sia.ma,la miseria è bella e i significati soggetivi.
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gino santoro
Member
Risposte: 22
Registrato il: 10-10-2002
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intorno al teatro di partecipazione
Interrogativi, ovvero capriole nel passato futuro
E’ bello che in un ‘forum’ ci siano voci diverse. Ma quanto diverse? Anche fino al punto da poter stare in un forum con un altro titolo?
Il titolo non è il risultato di una serie di scelte?
Condivise da chi interviene nel forum?
I nuclei semantici del titolo sono “Integrazione” e “Teatro”. L’una è specificata da “partecipata”, l’altro è dissolto da un interrogativo.
Semplificando con l’accetta la risposta potrebbe essere: la vera integrazione si può ottenere non attraverso il teatro della rappresentazione, ma
della partecipazione. Facile a dirsi. Ma, come, quando e con chi si può fare?
Sappiamo (?) come la capacità e la voglia di rappresentare (rifare qualcosa davanti a qualcuno) si sia condensata in "teatro". Ma la capacità e la
voglia di partecipare ha mai assunto forma teatrale, oppure il teatro è stato esclusivamente una galleria di forme della rappresentazione?
L’uomo si è fatto attore per attrarre tutta l’energia della partecipazione sottraendola all’uomo che si fa spettatore?
E qual è la natura di quell’energia? E’ forse collegata alla capacità di costruire e impersonare personaggi?
Perché il titolo del progetto e del forum ci proietta nella preistoria del teatro? Solamente del teatro o anche agli albori della convivenza umana?
La pratica di collocare il diverso fuori dal discorso dei normali (o dentro un discorso speciale), fuori dalle relazioni normali (o dentro relazioni
speciali) è più vicina al comportamento del ‘branco’ o a quello della comunità, o a quello della società?
Qualche passo nel labirinto degli specialismi
Se il disabile psicofisico nel rapporto terapeutico con i professionisti della riabilitazione viene inscritto e circoscritto all'interno di un sistema
di pratiche e di discorsi incentrati sui suoi deficit psicofisici, nel rapporto didattico, proprio del mondo della scuola, dovrebbe essere inserito in
pratiche e discorsi inerenti le sue abilità e il suo vissuto fatto di esperienze e relazioni.
Ma spesso la scuola non riesce a trovare un terreno che prescinda dalle etichette - diagnosi elaborate dagli specialisti e finisce col fondare ogni
progetto educativo proprio su quelle diagnosi. I risultati, nella maggior parte dei casi (potrebbe essere diversamente?), non vanno mai oltre la
conferma della diagnosi medica.
La medicalizzazione della didattica è un processo subdolo e pervasivo perché si espande attraverso i luoghi comuni dello scientismo e dello
specialismo. E’ attraverso questi ‘luoghi comuni’, indiscussi e perciò indiscutibili, che qualunque ‘progetto di vita’ collassa nelle tecniche di
acquisizione (o non acquisizione) di abilità e saperi disciplinari e nelle defatiganti strategie di controllo dei comportamenti ‘anomali’ nella
normale vita scolastica. Per cui, un insegnante (normale o di sostegno) che non riesce ad insegnare ad un ragazzino a leggere e scrivere, le capitali
europee o la formula dell’area del triangolo, è un fallito; a meno che non possa contare su una diagnosi che ha escluso ogni possibilità di apprendere
per il paziente/alunno.
Per finire, due passi nel non luogo
Qualche volta è accaduto che nel non luogo dell’arte, e in particolare del teatro, è stato possibile sospendere il potere del discorso medico e
progettare un percorso di conoscenza in grado di ristrutturare le relazioni fra il soggetto diverso, disabile, folle e il mondo, dopo aver incorporato
le relazioni fra il soggetto e il piccolo gruppo coinvolto in tale percorso. Questo non è accaduto nel teatro di rappresentazione. Ma contro. Contro
il testo, contro i ruoli, contro i personaggi, contro il sipario, la scenografia, il regista, gli attori. Teatro come la peste, teatro della crudeltà,
teatro vivente, teatro di Odino, teatro del pungiglione o del morso…Artaud, Benjamin, Pirandello, Grotowski, Scabia, Bene, Barba… una galleria
d’irregolari, questa volta?
Chi ci garantisce che siamo sulla via che porta al teatro della partecipazione?
Riflettiamo, gente, riflettiamo.
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carlo
Amministratore
Risposte: 2024
Registrato il: 10-3-2002
Provenienza: roma
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partecipazione: tra identità e alterità
l'intervento di gino traccia il solco in cui far convergere questo nostro lavoro-gioco del forum nella direzione giusta.
Riflettiamo sul senso del teatro come rito di partecipazione ed insieme a questo su come l'ambiente educativo possa trovare il modo per attuare dei
processi virtuosi per riqualificare i rapporti di scambio culturale ed umano capaci di "tirar fuori risorsa".
E' da qui che si può procedere verso il concetto d'integrazione partecipata: trovando la misura per coniugare l'identità (sia quella soggettiva ed
emozionale che quella culturale di cui si è parte, per impegno e connotazione)
con l'alterità (che riguarda la ricerca dell'altro, a partire da chi è ai margini dei sistemi istituiti).
Sarà importante da questo punto fare uno sforzo per fare confluire il dibattito su questo piano.
Magari cerchiamo di farlo attraverso l'analisi di ciò che è già accaduto in questo primo tratto di laboratorio, sia quello teatrale che quello che
riguarda la mappatura degli indizi (i ragionamenti fatti, il video, le esperienze correlate al progetto).
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Emanuela g.
Junior Member
Risposte: 2
Registrato il: 14-10-2002
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Il teatro, luogo e mezzo di evasione dalla realtà. Un unico luogo dove sentirsi liberi, uguali, per dare voce alle proprie tensioni, uscire dal ghetto
e confrontarsi.
Mezzo d'integrazione per tutti "normali" e "non", se così vogliamo definirci, un terreno su cui puoi neutralizzarti ed essere altro.
Coltivare l'ascolto, ascoltarsi ma soprattutto saper ascoltare..........
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lindam
Junior Member
Risposte: 4
Registrato il: 15-10-2002
Utente offline
Modalità: Not Set
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Entra nella storia!
Mi dicevano:"Un'esperienza forte, questa! Un'esperienza che ti farà entrare in crisi, ti metterà in discussione!"
Mi incuriosiva, perchè mi piace mettermi in discussione: sono ancora alla ricerca di me stessa, dei miei lati forti, dei miei punti deboli.
Mi credevo inibita; mi dicevo: non ce la farò mai!
Ma tutto è stato semplice, forse più del previsto.
Quei gesti strani! Cosa vorranno dire? Avranno un significato per lui (Viganò), rappresentano la sua storia, ma non la mia.
Mi sentivo un cagnolino ammaestrato!
Ma poi le parole chiave: entra nella storia!mettiti in gioco!
E ho giocato.
Ha giocato la mia immaginazione, la mia emotività, la mia fantasia, ed ho iniziato il viaggio.
Un viaggio dentro me stessa, alla scoperta di ciò che era mio, ma che sembrava non appartenermi più: la corporeità, la potenza della corporeità e
della sua espressività nello spazio.
Lo spazio, il tempo!
Concetti codificati nella mia mente, da me, insegnante di storia e di italiano, ma non posseduti veramente, hanno iniziato a prendere forma.
Non è facile costruire geometrie nello spazio e ritrovarsi subito dopo.
E' facile perdersi, non sai dove andare, cosa fare. Ti chiedi chi sei.
E intanto continuo a cercarmi, continuo a trovarmi, continuo a perdermi...
Incomincio a capirmi di più?
Non lo so.
Ma come capire gli altri
quando si è ancora alla ricerca di se stessi?
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giuliano
Junior Member
Risposte: 9
Registrato il: 9-10-2002
Provenienza: Lecce
Utente offline
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sei sulla buona strada
Quota: | Originariamente scritto da lindam
...
..... Non è facile costruire geometrie nello spazio e ritrovarsi subito dopo.
E' facile perdersi, non sai dove andare, cosa fare. Ti chiedi chi sei.
E intanto continuo a cercarmi, continuo a trovarmi, continuo a perdermi...
Incomincio a capirmi di più?
Non lo so.
Ma come capire gli altri
quando si è ancora alla ricerca di se stessi? |
<<< lindam secondo me sei sulla strada giusta. Io credo che non si può cercare se stessi in astratto, ma insieme agli altri. Non esiste un prima e un
dopo. Non ci si può preparare e poi sciorinare quello che si è pensato o le conclusioni a cui si è arrivati. Tutto ciò avviene insieme agli altri:
l'alterità allora diventa una occasione di autodefinizione e di crescita collettiva!
mi è difficile concepire un prima e un dopo nell'autoformazione in attività di gruppo ad approccio socio-educativo. Probabilmente si tratta di
osservarsi, aprirsi al nuovo e al diverso e vedere se i nostri comportamenti cambiati provocano nuove conoscenze. Ogni nuova conoscenza, infatti,
comporta un cambiamento. E' un'interazione continua!
Ma non sarete soli. Presto verremo nelle classi e lavoreremo insieme. Stiamo organizzando, ma siete voi in prima persona i protagonisti di questo
nuovo modo di fare apprendimento attraverso l'esperienza.
A presto
Giuliano Capani>>>
P.S. C'è un sito interessante che potete visitare: l'URL è:
http://www.educare.it
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carlo
Amministratore
Risposte: 2024
Registrato il: 10-3-2002
Provenienza: roma
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Modalità: Not Set
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come la panna
evviva!
il dibattito sta montando
come la panna
ottima cosa
appena ho un pò di tempo (sono appena tornato da una delle mie solite missioni...)
voglio intervenire su 2-3 sfumature:
c'è qualcosa che non mi torna sul cinismo del "io spero che..."
nel frattempo voglio sottolineare l'ottimo spunto di giuliano nell'indicare un link nel web
è un modo eccellente per far procedere la discussione facendo riferimenti che apportino conoscenze, link mentali
mi raccomando però prima del www
va inserito http:// e poi date uno spazio
in questo modo cliccando lì si va direttamente sul sito
e poi sarebbe saggio indicare delle pagine specifiche (in questo caso la cosa migliore da fare è il CopiaIncolla dalla barra degli indirizzi e poi
dentro lo spazio del forum)
in questo modo sie entra nello specifico del discorso e dei link correlati
io ho fatto così
ho seguito l'indicazione di giuliano e ho cercato qualcosa d'interessante
l'ho trovata:
http://www.educare.it/Handicap/articoli/integrazione_scolastica_eur...
e poi ho trovato nella nota sull'autore di quel testo una bibliografia da iniziare a prendere in considerazione nel nostra lavoro di ricerca
http://www.educare.it/Handicap/articoli/integrazione_scolastica_eur...
ciao
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