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Autore: Oggetto: Drammaturgia dell’interattività_ Uni.LECCE, STAMMS_III anno
Tambouriner
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[*] Inviato il 19-4-2004 at 18:44
Drammaturgie


[…] Il termine “drammaturgia”, ha sempre creato problemi. È una parola non ben
definita. È di origine ambigua. Il primo ad usarla in tempi moderni (non ad inventarla,
perché deriva da un esistente, anche se poco usato, termine greco) pare sia stato
l’erudito Leone Allacci, di origine greca ma romano di adozione, che nel 1666 ne fece
il titolo del suo catalogo della produzione letteraria per il teatro in Italia. Il termine
entra però nell’uso corrente essenzialmente con la Drammaturgia d’Amburgo di
Gotthold Ephraim Lessing, del 1767, cioè la sua raccolta delle cronache degli spettacoli
del primo teatro nazionale tedesco, quello di Amburgo, dov’egli esercitava la
funzione di “Dramaturg”. Nelle sue cronache, pur occupandosi moltissimo di questioni
letterarie, Lessing non si occupa però affatto solo di esse [...]. È evidente che quel che a lui interessa sono in primo luogo i testi
e la discussione sui testi. Però il suo tentativo iniziale era stato un altro, quello di lavorare contemporaneamente intorno ai due pilastri che secondo lui reggono il teatro,
recitazione (e non solo “interpretazione”) e letteratura drammatica, “i poeti e gli attori”.
Cioè il rapporto tra l’arte dell’attore e quello che costituisce il più visibile ostacolo
o costrizione con cui porsi in relazione per creare un’opera nuova: il testo,
l’opera d’arte letteraria che l’attore “interpreta” o travalica, o di cui si serve.
“Drammaturgia”, nel caso di Lessing, non vuol dire, come è stato spesso affermato,
“tecnica della composizione letteraria”, esaminata attraverso una discussione
sui testi teatrali messi in scena ad Amburgo. Si inaugura invece con lui un concetto
più sfumato, foriero di problemi, e che potremmo così tradurre: il punto di vista del
Dramaturg sugli spettacoli.
La parola drammaturgia aveva dunque, in partenza, un senso diffuso limitato e
consolidato, ma come abbiamo visto neppure esso chiarissimo: drammaturgia era
tutto ciò che ha a che fare con i testi teatrali. Indicava, allora, l’insieme dei testi teatrali,
però designava anche il lavoro di scrittura per il teatro, e al tempo stesso si riferiva
alla normativa che lo concerneva, se ve n’è una. Inoltre, proprio per le sue origini
legate a Lessing, la parola “drammaturgia” sembrava indicare, anche in questa sua
accezione ristretta precedente al Novecento, un carattere non solo letterario, ma
“letterario-teatrale”, senza che però sia chiaro cosa con “teatrale” si intenda (usato in
teatro? nato per il teatro, con caratteri che ne facilitano o addirittura ne rendono possibile
il suo uso nel teatro?). Agli inizi del XX secolo, la parola “drammaturgia”
prende del resto ad allargare esplicitamente i confini del suo campo semantico.
Oltre al significato primario, anche se confuso, di “genere letterario specificamente
teatrale”, e a quello più discusso ma importante di “insieme di normative per
dar vita ad un testo teatrale”, tende ad assumerne altri. Entra in una fase di espansione,
difficile da ricostruire, probabilmente iniziata con il nascere delle “performances”,
e di spettacoli che non mettono in scena un testo letterario precostituito. Spuntano
fuori quindi termini come “performative text”, e la parola drammaturgia passa ad indicare
anche un lavoro di composizione sempre riguardante la parte verbale, ma non
letterariamente autonomo, vivo solo sulla scena.
Questo primo piccolo slabbramento del significato originario determina una
crepa irreparabile nella sicurezza di sapere di cosa si stia parlando. Il senso del termine
esplode in più direzioni, aumentando una confusione già esistente, ed ampliando
sempre di più il ventaglio di usi possibili. Si parla di “drammaturgia del regista”, o di
“drammaturgia dell’attore”. Si moltiplicano le drammaturgie presenti nello spettacolo.

tratto da:
Mirella Schino, “Drammaturgia dell’elusione” In Teatro e Storia, n. 22, anno XV, 2000, Roma, Bulzoni, 2001
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Tambouriner
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[*] Inviato il 19-4-2004 at 18:50
Drammaturgia


Che cos’è la drammaturgia? Come si riconosce una drammaturgia? Comunque la si voglia intendere o definire (ideologia scenica, struttura polisemica, poetica dell’atto teatrale, etc. etc.), la drammaturgia (di un autore, principalmente, ma anche quella di un progetto registico) sfugge a qualsiasi schematizzazione che abbia la presunzione, come tutte le nomenclature, di essere esaustiva.
La drammaturgia tiene conto e talvolta privilegia la personale costruzione di atti e dialoghi che un autore conferisce alle sue opere ma può capitare, anche, che quello stile singolare e riconoscibile venga sollecitato solo in parte dall’esigenza di strutturare atti e dialoghi.
Non a caso, a un commediografo esordiente gli si chiede se sappia “scrivere i dialoghi” e tale competenza è da ritenersi coessenziale per un progetto teatrale degno di questo nome. E tuttavia i dialoghi non bastano, come non bastano le battute più o meno incisive: quello che serve (e diamo per scontato che ci sia il talento originario di un autore) è l’idea generale che un drammaturgo elabora e rielabora, sperimenta e arricchisce intorno ai temi suoi propri (il suo io ideologico, il suo messaggio) e ai tempi propri del pubblico (tempi storici ed esistenziali) cui si rivolge.
In questo senso si comprende come la drammaturgia sia qualcosa in più e qualcosa in meno per il contesto culturale che promuove tra autore e pubblico: si fa notare per la sua presenza o necessità allorché sovraccarica delle sue regole, dei suoi modi e delle sue formule espressive quella che è la fabula, il fatto da raccontare e da rappresentare (il plot). Se ne sente invece l’assenza (il play) quando i fatti vengono rappresentati con linearità cronologica e causativa, quando i dialoghi arieggiano un “parlato” non metaforico, quando infine lo scopo dell’intera operazione teatrale è quello di essere più prossimo all’evasione che al godimento, ad una rilassante partecipazione piuttosto che ad una fruizione interattiva.
Nell’una e nell’altra fattispecie, la drammaturgia sconta i suoi vizi originali, i suoi limiti teorici e le sue novità più o meno trasgressive. Tanti scrivono di teatro, molti fanno teatro, pochi inventano drammaturgie ma tutti, poi, sanno riconoscere le atmosfere alla Harold Pinter, i dialoghi alla Ionesco, i tempi lenti e lunghi alla Beckett, le implicazioni ideologiche di Heiner Müller o di Edward Bond, o quelle esistenziali di David Mamet.
Qual è, allora, il futuro o il destino di una drammaturgia? Obbedire alle regole di un’epoca culturale o crearne delle nuove seguendo l’evoluzione della società?
Difficile rispondere oppure è facile: basterebbe ritenere (o aspettarsi da una drammaturgia) che dialoghi, atmosfere, moduli e quant’altro un autore inventa (e un regista rielabora, un attore vivifica, uno scenografo decodifica, un impresario razionalizza) siano modi e formule che la società seduta in platea inconsapevolmente produce, tacitamente alimenta e misteriosamente nasconde.
Questo lavoro incessante e spesso ingrato, che gli autori compiono sulla propria drammaturgia, non contempla di solito un futuro ma solo un divenire incerto e tuttavia ineludibile, un destino che non si prefigge una fine.

tratto da:
sezione "Alfabeto" del sito di Antonio Scavone
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Tambouriner
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[*] Inviato il 19-4-2004 at 18:54
La Drammaturgia dei Media


"Drammaturgia dei media" è il desiderio di costruire un approfondimento nella relazione tra questi i nuovi media e i media tradizionali. Così Roberto Paci Dalò, regista e musicista, che crea i propri lavori facendo interagire, musica, cinema e Internet, ci spiega lo spirito delle sue performance

Per dare una definizione al tuo modo di far interagire tra loro le nuove tecnologie digitali hai inventato una nuova espressione "drammaturgia dei nuovi media". Cosa significa?

Nella maggior parte dei progetti, che ho visto negli ultimi anni non solo in Italia ma anche sparsi per l'Europa, c'è spesso una grande carica di innovazione tecnologica, ossia la tecnologia funziona molto bene, ma spesso mancano i contenuti. Questo è un problema non soltanto del mondo dell'arte, ma in generale del mondo della comunicazione. Dal mio punto di vista, quindi, "drammaturgia dei media" è il desiderio di costruire un approfondimento nella relazione proprio tra questi media diversi che possono essere cosiddetti nuovi media o old media, indifferentemente.

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Francesco
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[*] Inviato il 19-4-2004 at 19:05
Convegno con Michele Sambin


Invio di seguito un pò di foto e qualche piccolo commento per chi non c'era al convegno nel pomeriggio.
Se qualcuno vuole la videocassettina me lo faccia sapere che gliela passo.
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Francesco
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[*] Inviato il 19-4-2004 at 19:07
Il tempo consuma


Il tempo consuma le immagini

Il tempo consuma i suoni

Il tempo consuma le immagini

Il tempo consuma i suoni

IL TEMPO CONSUMA....




Il tempo consuma le immagini.jpg - 12kB
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Francesco
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[*] Inviato il 19-4-2004 at 19:26
TRADUZIONE


L'attività di Michele Sambin si è svolta nella costante ricerca di una traduzione tra linguaggi tendenzialmente differenti l'uno dall'altro: immagini e musica; due linguaggi che non solo sono diversi dal punto di vista dei sensi che le percepiscono ma anche in relazione al tempo. Le immagini, le pitture rappresentano quello che è un momento, un solo istante, almeno generalmente; viceversa la musica ha bisogno del tempo per esistere. Ne consegue che solo adeguando l'immagine al tempo, solo allora si può creare il connubio tra i due linguaggi senza sminuire nè l'uno nè l'altro. Sambin si definisce così come un pittore di musica, o un musicista di immagini.
I frammenti che abbiamo visto non consentono di esprimere un giudizio sul suo lavoro, ma mi chiedevo (non so se lo avete già scritto prima...) se conoscete delle esperienze di altri artisti o innovatori o, come dice Carlo, avanguardisti nel campo di cui sia reperibile qualche lavoro in giro. Per oggi mi fermo e continuo domani a pubblicare.


Michele.jpg - 12kB
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[*] Inviato il 20-4-2004 at 07:56
Percezione audio-video


La pellicola permette di modificare la percezione della realtà. Comunemente essa avviene, per ciò che riguarda i sensi della vista e dell'udito, quasi in tempo reale ( e dico quasi perchè velocità della luce e velocità del suono sono decisamente differenti, cosa di cui ci si rende conto solo per fenomeni visibili a grande distanza come fulmini e tuoni). La pellicola invece ci permette di ottenere risultati in cui un gesto, un movimento o comunque un evento che dovrebbero comportare l'emissione di un suono, ne risultino privi e viceversa. E' una delle possibilità che la tecnologia oggi offre, ma mi chiedo fino a che punto tale sperimentazione possa essere utilizzata per realizzare un intero spettacolo, oppure solo per alcuni momenti dello stesso per enfatizzare un momento e catturare maggiormente l'attenzione di uno spettatore.


Nell'immagine di cui sotto:
un violoncellista sfrega con l'arco le corde del violoncello e, tuttavia, non si ode alcun genere di suono.

Suono senza movimento.jpg - 14kB
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[*] Inviato il 20-4-2004 at 08:39
La partitura di un video


Al di là dei singoli esperimenti di video e audio, dal vivo preregistrato o post-registrato, è interessante la creazione di quella che Sambin chiama Paritura del video. Una partitura è "una rappresentazione grafica di una composizione vocale o strumentale a più parti simultanee, tracciata su una serie di righi musicali sovrapposti e riuniti da una graffa, che permette di vedere contemporaneamente e separatamente tutte le sue parti" (da vocabolario). In altre parole si basa su segni convenzionali che rimandano a determinati suoni. Modificando tali segni, o meglio, utilizzando dei volti come segni che rimandano ad un suono, Sambin segue la strada di coloro che hanno voluto non rompere, ma prospettare alternative ad una tradizione, utilizzando quanto la tecnologia poteva offrire in quegli anni. La modifica dei segni di partitura non comporta ovviamente sostanziali cambiamenti in ambito musicale, eppure secondo me assume connotati molto interessanti nel momento in cui si afferma che "ogni volto ha un suono". Per estensione, aggiungo io, ogni uomo ha un suono e, vado oltre, ogni volto ha più suoni. Mi domando se sia possibile per i partecipanti al forum ricercare un suono, oppure più suoni in cui si sentano in parte rappresentati. Io comincio a pensarci e a cercare...
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Francesco
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[*] Inviato il 20-4-2004 at 09:06
San Sebastiano


Quota:
Originariamente scritto da francy_s
"SE SAN SEBASTIANO SAPESSE"
(binomio vittima_carnefice)

http://www.play.radiopaz.it


E' interessante in questo senso notare, come il prof. ha fatto nel convegno, la somiglianza tra il corpo umano (e più propriamente quello femminile) e il violoncello. Nella mattinata, di cui purtroppo non ho immagini, avevamo visto un'immagine analoga: si proiettava lo stumento su un corpo creando, maggiormente che in "ogni volto ha un suono", l'impressione che si fosse davanti ad un corpo umano suonato per mezzo di un arco. Scelta casuale? Credo proprio di no.
Tornando al San Sebastiano è significativo anche quello che un musicista, cui ho fatto vedere i due fotogrammi qui sotto, ha definito un "uso improprio" dello strumento. Ha aggiunto poi che trattasi quasi di un assassinio, ma su questo sorvoliamo. Credo che l'idea di utilizzare un mezzo in maniera differente rispetto a quella cui convenzionalmente è legato sia alla base di quelli che definiamo come NEW MEDIA.Un esempio banale è quello dei computer che, nati per fare essenzialmente calcoli, oggi ci permettono di comunicare a grande distanza e di realizzare una quantià incalcolabile di prodotti testuali, audio, video solo per citatne alcuni.

San Sebastiano.jpg - 12kB
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[*] Inviato il 20-4-2004 at 09:38
UNA SVOLTA DI CUORE NEL TEATRO MUSICALE


"L’opera lirica è una forma rimasta congelata per secoli, non è riuscita a trovare altri modi di esprimersi, questo connubio tra voce canto musica narrazione..." (Sambin)
Se lo avessero sentito Debussy, Webern, Schomberg, Berg, Stravinskji, si sarebbero come minimo rivoltati nella tomba: novità ne hanno portata per i prossimi duecento anni a guardare bene. Forse sarebbe meglio correggere il tiro perchè è indubbio che, come dice il prof., sia necessaria una svolta (di testa e di cuore come da immagine) nei confronti di una tradizione consolidata, precedentemente a quella novecentesca e che ad oggi è comunque la più rappresentata, ma temo che essa non possa prescindere dal rapporto con il pubblico che non va costretto al cambiamento, ma accompagnato lungo il percorso senza eccessivi smottamenti. Naturalmente gli scossoni sono i benvenuti, di qualsiasi natura essi siano, ma quanto possono incidere realmente sull'attività spettacolistica in circolazione, senza una adeguata attività di formazione?
Forse la svolta di cuore necessaria non deve essere solo nell'ottica dell'abbandono di un "caro" passato, ma, da parte dell'artista, soprattutto di un non considerare MAI il proprio lavoro come un prodotto di straordinaria importanza nella consapevolezza che, in relazione ad una società, solo il rapporto con l'alterità può definire correttamente il valore di qualsiasi cosa. Da parte del pubblico il non porre MAI un veto a priori su qualsiasi attività proposta.



Carlo 2.jpg - 16kB
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Francesco
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[*] Inviato il 20-4-2004 at 09:44
A PROPOSITO DI SVOLTA


A proposito di svolta, vogliamo parlare dello stravolgimento della storia di BARBABLU'? Nella storia originale Barbablù uccide la sua sposa. Indovinate, invece chi muore nella versione Sambin?



Barbablu - la vendetta delle donne.jpg - 10kB
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Tambouriner
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[*] Inviato il 22-4-2004 at 17:39
Frammenti di lezione di Mercoledì 21 Aprile 2004


Interattività: scambio biunivoco di energia; energia intesa in senso lato: dall’energia di uno sguardo fino al semplice click del mouse.

Drammaturgia: scrivere e contemplare l’interazione.
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Tambouriner
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biggrin.gif Inviato il 22-4-2004 at 17:45
Frammenti vari ed eventuali lezione di Mercoledì 21 Aprile 2004


Stereotipi Infant-ili

“Oh là!”
“Bon…”


Indimenticabili decontestualizzati

“Lo tiro fuori solo se c’è qualcuno a cui interessa!”
“Scusate il c***o!”


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carlo
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[*] Inviato il 26-4-2004 at 00:19
citazioni al galoppo


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Originariamente scritto da Tambouriner
"Drammaturgia dei media" è il desiderio di costruire un approfondimento nella relazione tra questi i nuovi media e i media tradizionali. Così Roberto Paci Dalò
...


bene tamb
galoppi con citazioni che possono essere utili a molti

conosco bene Paci Dalò
ho prodotto una delle sue prime operazioni
proprio per il ciclo radiofonico de La Scena Invisibile
e so bene com'è arrivato a quella definizione...
ne trattammo insieme all'interno di un workshop che ho condotto all'Università di Siena (Scienze della Comunicazione)
sette anni fa circa

la sua poetica è interessante ma non ha mai sondato veramente la potenzialità matrice dei nuovi media

opera su una sorta d'intermedialità basata sulla ricerca sonora, i cross-over e un buon tasso di concettualità visiva

pesco dal mio libro un passo in cui enuncio la mia tesi sulla Drammaturgia dell'Interattività
magari partiamo da questo x ragionare in modo + sensato

(...)
E’ necessario, per me almeno, contestualizzare l’attenzione verso l’avanzamento tecnologico con il desiderio di trovare una misura di nuova sensibilità capace di tradurlo in opportunità di crescita culturale.
Per questo voglio delineare l’arco di un’esperienza d’osservazione che dalla radicalità estrema del virtuale possa arrivare alla pratica teatrale di autori capaci di creare situazioni di percezione condivisa.
Comprendere, dicevo all’inizio, significa fare esperienza insieme. E il teatro può far accadere questo.
Nel 1991 provai per la prima volta un sistema di Realtà Virtuale immersiva e da allora mi sono reso conto che sarebbe cambiato qualcosa non solo nel mio modo di concepire la rappresentazione ma nell’assetto generale del rapporto tra uomo e tecnologie. Non era più solo una questione di macchine da usare per ottimizzare alcune funzioni ma di ambienti in cui riconfigurare il nostro rapporto con l’idea di mondo possibile.
Mi spiego: nella simulazione virtuale la mia percezione non era più quella su cui avevo fondato i criteri del punto di vista, la coscienza critica e analitica che valutava e misurava. Ero dentro ciò che stavo vedendo.
Uno stato d’animo paradossalmente simile a quello che sentivo in ambito teatrale.
Ecco perché un critico teatrale come me è rimasto folgorato sulla “via di Damasco” del virtuale.
Gran parte del mio lavoro pubblicistico da allora si è concentrato sull’osservazione di questo fenomeno, scrivendo (per La Stampa, per La Repubblica, dove uscì un mio ampio servizio su Il Venerdì nella primavera del 1992, e per L’Unità), organizzando eventi (il primo a Villa Medici per “Mondi Riflessi”, la rassegna video che curavo per il festival RomaEuropa, dove presentai, per la prima volta in un contesto culturale, un sistema di realtà virtuale) e convegni (come quello di Torino, nel novembre 1992). Il problema delle realtà virtuali era (oltre ai costi per lo sviluppo, allora decisamente alti) quel casco stereoscopico che bloccava tutto in un’esperienza di assoluto isolamento. Quando provai ad Ars Electronica di Linz il sistema Cave che permetteva di esplorare ambienti immersivi, permettendo un azione libera nello spazio, iniziai ad interrogarmi sull’evoluzione teatrale di queste tecnologie.
Il Cave evoca, non a caso, la caverna di Platone, dove viene posta in essere la contraddizione tra realtà e illusione, un ambiente in cui lo spettatore si fa attore della propria esperienza sensoriale e cognitiva al contempo. Altri sistemi virtuali come il Mandala System hanno, con altre procedure meno immersive, reso possibile lo sviluppo dell’interazione tra il corpo e l’ambiente infografico, evolvendo quella condizione che riguarda l’interattività, l’aspetto principale che intendo sottolineare. Una condizione che riguarda la complessità degli assetti che può andare sotto la definizione di interaction design, una linea di ricerca che affronta le diverse forme d’interazione tra il corpo e gli schermi, in una sorta di nuova ergonomia tra la dimensione fisica e quella immateriale. Emergono continuamente nuove tecnologie hardware come l’ Everywhere Display della IBM che proietta immagini su qualsiasi superficie, trasformando oggetti di uso quotidiano in uno schermo interattivo, senza dover interagire direttamente con un personal computer. Questa nuova concezione di display è basata su soluzioni wireless che permettono di usare le dita come cursori anche sul muro o sulla scrivania. Ciò è possibile perché Everywhere Display attraverso un sensore ottico rileva i movimenti dell’utente determinando l’interazione.
Ma il nodo della questione non risiede degli hardware e software ma nell’invenzione umana di nuove relazioni. Ed è qui che il mondo della performance è determinante.
In questo ambito a raggiungere i risultati più interessanti c’è il lavoro di Marcel li Antunez Roca
( http://www.marceliantunez.com )
di cui illustro dettagliatamente la performance Afasia nell’ultimo capitolo. Antunez ha coniato il termine sistematurgia, intesa come complessità delle relazioni elettroniche agite da un performer in un nuovo contesto scenico, una drammaturgia basato sull’integrazione dei sistemi digitali.
Tra il fattore umano e i software di un computer cerca, e trova, una simbiosi che va oltre l’uso multimediale per dare espansione fisica alle interfacce da indossare, come esoscheletri, capaci di pilotare la scenografia visiva, l’impianto sonoro e fondamentalmente dei robot che diventano protagonisti della performance (come in Afasia e Pol).
Questa linea di ricerca, per quanto affascinante ( e inquietante, non c’è dubbio) comporta una radicalizzazione del gioco performativo che, per quanto mi riguarda, ha segnato una fase e che, nonostante la consideri importante, credo sia meno incisiva rispetto alla necessità di agire per rendere comprensibile le possibilità della comunicazione interattiva.
(...)
continua...


altra cosa
sbirciate ( senza intervenire, magari... se no si fa troppo casino...)
nel forum del II anno...
stanno emergendo cose interessanti
(lo dico anche a loro di fare altrettanto)
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De Paolis Livia
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[*] Inviato il 26-4-2004 at 11:58
PROGETTO GALATINA


Eccomi di nuovo qui!Quest'anno concluderemo i nostri 3anni dello STAMMS!Che traguardo!E forse ci si propone un progetto davvero interessante!Dico forse perché ancora ci sono molti dubbi e perplessità circa il lavoro che si vuole fare a Galatina per la fine di giugno...Volevo dire:"Perché non sfruttare questo forum per chiarirci le idee?Perché non avanzare le proposte e capire quali saranno i nostri compiti?" Volevo capire che intenzione c'é per lavorare nell'ambito della "drammaturgia dell'interattività"...Giugno é vicino!!!!!!!Incominciamo a lavorarci!!!!fatevi vivi!!!!!
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Martha
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[*] Inviato il 26-4-2004 at 19:59


Mi ha colpita la riflessione di Ronconi sul suono dellle cattedrali paragonato al suono del teatro nell'ultimo incontro.
Mi ha fatto riflettere sull'amplificazione normalmente usata oggi nelle chiese e non prevista originariamente, accettata da tutti come normale nonostante le distorsioni ,non solo acustiche, prodotte.
Nella mia parrocchia sono stati da poco installati dei teleschermi collegati a videocamere per permettere a tutti i fedeli di vedere la funzione religiosa. Come non paragonare la situazione al rito ortodosso in cui l'azione sacra avviene al riparo dagli sguardi? Come non ricordare le antiche chiese semibuie in cui si celebrava in latino mentre le vecchiette sgranavano il rosario immerse in una comunicazione intima e personale con la divinità! Il collegamento tra religiosità e teatro è sempre esistito e la spettacolarizzazione della fede è un fatto scontato come pure l'utilizzazione di tutte la tecnologie per enfatizzarlo.
Mi domando però se sia utile allo scopo una maggiore visibilità dell'invisibile, l'amplificazione dell'ineffabile, in altre parole se non sia controproducente seguire in video ciò che avviene dal vivo, esteriorizzare l'esperienza che dovrebbe essere interiore.
Ciao Martha
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Martha
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[*] Inviato il 27-4-2004 at 20:59
Pellegrinaggio a Galatina


L'idea del pellegrinaggio su carri mi preoccupa : io avevo pensato ad un comune un pò distante. E' vero che in passato si viaggiava per giorni attraverso le campagne ma oggi è proponibile?
Il tema della memoria proposto da Santoro mi suggeriva l'immagine di una ragnatela che può essere vista come una trappola , un freno all'evoluzione , ma anche come un legame con il passato e tra le persone. Con un piccolo ritocco la ragnatela si trasforma in una rete e ci porta su internet . Il morso della tarantola è l'oistros , il pungolo che ci spinge a cercare nuove forme di comunicazione.C'è qualcuno interessato a questa idea?
Ciao , Martha
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carlo
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[*] Inviato il 28-4-2004 at 10:07
cercate il webmaster!


Massimo Ciccolini è ad Arnesano in questi giorni

trovatelo
(avete lezione con lui)
chiedetegli di assistervi nella definizione ipermediale dei vostri progetti possibili:

- ipertesto on line sull'esperienza di Teatri d'Ascolto con Sambin

- DVD con il filmato dell'inco0ntro a Melpignano

- progetti x galatina

...
prima di attivarli confrontiamoci
qui
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Martha
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[*] Inviato il 28-4-2004 at 20:02
Lezioni con Ciccolini


Il lavoro con Ciccolini procede su percorsi diversificati. Ogni gruppo lavora su argomenti diversi e a livelli diversi. Il problema è che non sappiamo esattamente cosa vuole da noi e non c'è un testo di riferimento . Esercita un'azione maieutica individualizzata per fare emergere la parte più creativa di ognuno ma cosa verrà fuori concretamente non è dato di sapere.
Ciao, Martha.
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Francesco
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[*] Inviato il 1-5-2004 at 15:05


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Originariamente scritto da Martha
Il lavoro con Ciccolini procede su percorsi diversificati. Ogni gruppo lavora su argomenti diversi e a livelli diversi. Il problema è che non sappiamo esattamente cosa vuole da noi e non c'è un testo di riferimento . Esercita un'azione maieutica individualizzata per fare emergere la parte più creativa di ognuno ma cosa verrà fuori concretamente non è dato di sapere.
Ciao, Martha.


Credo che un'attività laboratoriale, quale quella che insegna Ciccolini, presupponga necessariamente più che un testo di riferimento la "volontà di volere". Di fatto non è necessario avere delle competenze specifiche in campo informatico, cosa che presupporrebbe non un corso di 20 ore ma un lavoro molto più lungo e possibilmente condotto a stretto contatto col PC, ma semplicemente delle idee. Cosa verrà fuori dipende strettamente da quello che ognuno vuole venga fuori. Certo non sarà possibile che ognuno di noi realizzi un cd multimediale o un sito internet, però almeno qualche sezione per ogni lavoro sarà possibile buttarla giù.
Certo sono fra quelli che avrebbero preferito un apporto più informatico e forse un testo per imparare dei rudimenti di qualche linguaggio sarebbe servito, ma d'altronde il nostro corso non presuppone grandi competenze in campo informatico, ma tutt'altro, quindi mi adeguo. Se però anche altri vogliono imparare qualcosa di più, mi permetto di consigliare un sito:
http://www.html.it
ci sono dei manuali carini per Html, Php, Asp e dei codici già pronti per essere utilizzati.

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Francesco
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[*] Inviato il 1-5-2004 at 15:08
Teatro e videogiochi


in riferimento al discorso dell'ultima lezione affrontato dal prof., qualcuno mi saprebbe indicare qualche game in cui è forte l'apporto di regia e di interattività, magari scaricabili qua e là?
Io ho apprezzato molto la trilogia di Exile, di cui però non esiste la traduzione in italiano.
Altri titoli?
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Sabry
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[*] Inviato il 1-5-2004 at 15:46


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Originariamente scritto da Martha
Il lavoro con Ciccolini procede su percorsi diversificati. Ogni gruppo lavora su argomenti diversi e a livelli diversi. Il problema è che non sappiamo esattamente cosa vuole da noi e non c'è un testo di riferimento . Esercita un'azione maieutica individualizzata per fare emergere la parte più creativa di ognuno ma cosa verrà fuori concretamente non è dato di sapere.
Ciao, Martha.


per il prof. ciccolini non è importante leggere un libro
o stare a guardare chi lavora e ha maggiori competenze
informatiche, la cosa più interessante che può scaturire
nel nostro lavoro, per quanto diversificato sia,
è una nostra spinta registica con la quale siamo in grado di
porci attraverso due dimensioni paradossali e
al tempo stesso complementari: " imporre" in qualche
modo la nostra volontà liberando lo spettatore nei viaggi
della mente e interagendo con ambienti nuovi, fatti d' arte,
di passati da rivivere, di emergenti artisti salentini, di sapori della
nostra terra, di orchestre da realizzare, di un teatrando di
sensazioni, di lavori e produzioni degli studenti STAMMS!
è dato sapere cosa verrà fuori, perchè si è detto sin dalla
prima lezione che probabilmente questi oggetti informatici
multimediali non si realizzeranno o saranno pochissimi
quelli che verranno costruiti.
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Sabry
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shocked.gif Inviato il 1-5-2004 at 16:00
GALATINA


per quanto riguarda Galatina,
nessuno ha chiare le idee,
perciò sollecito
chiunque a farci capire meglio il nostro ruolo, in modo
da riunirci, mettere in chiaro la
questione pellegrinaggi,
la questione
comuni ( ma quali???), la
questione
performance ed esibizioni di gruppi
locali ( appartengono al
comune che rappresentano o possono essere di
altri paesi salentini?),
la questione
carri ( li dobbiamo trovare
e allestire noi,
quelli del secondo o del primo?
li deve allestire il comune che rappresenteranno?),
chi parlerà con i comuni?
abbiamo abbastanza fondi
per pagare
gli artisti, i carri, le varie risorse
relative
al pellegrinaggio ecc...?
sta arrivando il periodo più
pesante, pieno
di esami ( uno alla settimana
quasi!), di lezioni che ancora devono iniziare o devono essere
recuperate e poi c' è Galatina, se non ci attiviamo da adesso
quando realizzeremo tutto?
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carlo
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[*] Inviato il 1-5-2004 at 16:57
ipermedia basati sul percorso didattico


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Originariamente scritto da Sabry
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Originariamente scritto da Martha
Il lavoro con Ciccolini procede su percorsi diversificati. ...

informerò Massimo della discussione in corso
invitandolo ad intervenire

sarebbe opportuno convergere sulle intenzioni di realizzare ipermedia basati sul percorso didattico che abbiamo intrapreso
...
ne parleremo

x quanto riguarda Galatina ho alcune idee
ma le inserisco nel forum appena mi confronto con Santoro...
a presto
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raffaele
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[*] Inviato il 7-5-2004 at 16:47


Ciao Sabri, scusa ho letto solo adesso il tuo messaggio incoraggiante e stimolante anche circa l'uso della disarmonia nella mia ricerca sulla rappresentazione suoni colori.Purtroppo devo dirti che non so di cosa tratti la disarmonia.Anzi devo confessarti che sto cercando di armonizzare più che posso le teorie scientifiche tra lunghezze d'onda della luce e il parallelismo (...o pseudo parallelismo) con la rapidità delle vibrazioni musicali.per farti un esempio il rosso (lunghezza larga) è molto più vicino (rispetto ad altri suoni) al do (vibrazione sonora più larga: 262 hz)...Ma la difficoltà maggiore poi è sempre la rappresentazione di suono - immagine\concetto.
Ma cosa intendi per disarmonia?Credo che disarmonia sia un pò come andare a caso...forse mi sbaglio.
Grazie della risposta.Mi interesserò al concetto di disarmonia appena mi sarà possibile.Interessante e stimolante è anche la bassa vibrazione sonora ritmica sui 7 e 8 hz (per l'armonia collettiva:onde alfa).
Ciao.
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