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Autore: Oggetto: PopWar. I conflitti nell’era del web
carlo
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[*] Inviato il 9-1-2004 at 17:45
PopWar. I conflitti nell’era del web


Il 13 gennaio 2004, alle ore 17.30, nell’aula video dell’Istituto Tecnico “Avogadro” di Torino
si svolge un incontro promosso dal Centro studi di ACMOS in relazione alla presentazione del libro edito da Apogeo
“PopWar. Le visioni libertarie dell’uso delle nuove tecnologie”
di Stefano Gulmanelli, con la collaborazione di Arianna Dagnino,
due giornalisti e studiosi dei cambiamenti e dei conflitti indotti dalla rivoluzione digitale.

L’incontro, condotto da Carlo Infante (docente di Performing Media e Cultura Digitale all’Università di Lecce, Accademia di Belle Arti di Macerata e Istituto Europeo del Design di Torino)
affronterà i diversi aspetti dei conflitti che tendono ad emergere con la diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione stanno provocando.
Dai sistemi del controllo totale alla violazione della privacy iniziano a rivelarsi dei pericoli che solo una consapevolezza diffusa dell’uso sociale dei media interattivi può affrontare.

In questo senso il cosiddetto “net-attivismo”, attraverso l’azione culturale all’interno delle reti, potrà creare opportunità emblematiche di libertà e partecipazione.

Nell’incontro, a cui parteciperanno gli autori, Stefano Gulmanelli e Arianna Dagnino, saranno rilevate le diverse espressioni di questa creatività connettiva, dalle “smartmob” ( le azioni ludiche basate sull’uso dell’info-mobilità) al “file-sharing” (la condivisione dei file, come quelli musicali, che il caso Napster ha reso noto), dalla “sousveillance” (l’azione dal “basso” che gioca con la sorveglianza video e telematica) alla “street television” (le televisioni di comunità che fanno intuire come si possa reagire al dominio TV).

L’incontro apre una serie di riflessioni che il Centro studi di ACMOS sta progettando con il compito di educazione alla cittadinanza, ponendosi come primo obiettivo la necessità di promuovere un’attenzione verso la cittadinanza digitale da sperimentare nel web.

Introducono l’incontro Marco Tabbia, vicepresidente di ACMOS e MariaChiara Giorda responsabile Centro Studi Streben di Acmos.
ACMOS è un’associazione apartitica e aconfessionale che si occupa di educazione alla cittadinanza soprattutto nelle scuole superiori. Il Centro Studi Streben, che è il centro studi dell’Associazione, ha cominciato ad interrogarsi sulle potenzialità implicite nei nuovi media, domandandosi come questi possano diventare una risorsa nella costruzione di orizzonti culturali e nuove pratiche di democrazia.
Non si può pensare oggi di creare e trasmettere sapere e cultura, senza essere al passo con le risorse che le nuove tecnologie offrono: i media ricoprono un ruolo cruciale nella caratterizzazione dell'immaginario collettivo e individuale, nella costruzione di valori personali, culturali, sociali, politici.
Non ultima si pone una domanda, rivolta fondamentalmente alle nuove generazioni e alle istituzioni che se ne occupano: se la scuola è palestra di cittadinanza, può esserlo, a buon diritto, anche di cittadinanza digitale?

Per informazioni:
Associazione Acmos
Via Leoncavallo 27 Torino
Tel. 011/2386330
info@acmos.net
http://www.acmos.net
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carlo
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[*] Inviato il 9-1-2004 at 18:11
qualcuno ha già letto il libro?


se si
ecco un'ottima occasione x rilanciare un po' delle domande che inesorabilmente un libro come questo scatena...

ne ho una
tanto x iniziare

è possibile rilanciare quello slogan

fatto proprio da Indymedia
http://www.indymedia.org
con il suo BE THE MEDIA


"non odiate i media
diventate i media"

affermando che la soggettività interconnessa e vitale
può rappresentare
un'indicazione politica strategica?


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info
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[*] Inviato il 9-1-2004 at 18:15
scrittura mutante a Settimo Torinese


il giorno dopo
siete invitati tutti alla Biblioteca Multimediale di Settimo
qui trovi tutte le info

http://www.trovarsinrete.org/Scrittureconnettive.htm


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mk
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mad.gif Inviato il 12-1-2004 at 13:24
recensione PopWar


ehmm, buongiorno a tutti.

Visto che domani c'è la presentazione a Torino del libro Popwar, volevo sottoporre alla vostra attenzione la mia recenzione per WMT del libro stesso, che ho letto e che vi consiglio caldamente di leggere

vi invio qui un rtf e in un secondo intervento un pdf

saluti
mk

Allegato: rece.rtf (6kB)
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mk
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cool.gif Inviato il 12-1-2004 at 13:27
recensione PopWar 2


e questa è la versione cool in pdf

buonagiornata a tutti
mk

Allegato: rece.pdf (144kB)
Questo file è stato scaricato 753 volte

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carlo
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[*] Inviato il 12-1-2004 at 14:30
ipertinenza


popwar
è una guerra da giocare
per non essere giocati

è emblematico in questo senso
girare intorno alla parola : POP
che come ci suggerisce il libro
è bene intendere
come nuovo stato d'animo

ecco è qui il punto

è una guerra in cui alle tecnocrazie e al liberismo efferato che sottraggono spazi di libertà e di autonomia
c'è da contrapporre nuove pratiche d'interconnessione sociale

promuovere cioè
quell'intelligenza connettiva
quell'ipertinenza (dove le pertinenze e le affinità elettive si trovano e si potenziano in rete)
di cui tratta Derrick De Kerckhove

quell'interdipendenza positiva di cui si parla nel cooperative learning

e certamente l'Hacktivism...

empaty.gif - 5kB
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Senzafine
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[*] Inviato il 12-1-2004 at 20:39


Ho trovato particolarmente interessante il discorso sul copyright e sulla proprietà intellettuale e sulla loro evoluzione. Il copyright, grazie all'avvento del web, sta subendo dei cambiamenti che porteranno, se non alla sua scomparsa, a nuove forme e nuovi modi di intendere la proprietà intellettuale. E' possibile che questo contribuisca a una rivoluzione anche al di fuori della rete, che abolisca o ridimensioni la proprietà intellettuale in ambiti più importanti per l'umanità che non la libertà di scaricarsi un mp3, come per esempio per i farmaci coperti da brevetto?
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luca
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[*] Inviato il 12-1-2004 at 22:18
Hacktivism: nuova aristocrazia?


certo
gli hacker aprono la pista
sperimentano in prima persona
le opportunità che la rete esprime

prendono ciò che non viene dato e predeterminato
ma delle volte si arroccano nella loro qualità di ultracompetenti

non c'è il rischio di una nuova aristocrazia
anche se libertaria?
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Stegul
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[*] Inviato il 14-1-2004 at 14:51


Quota:
delle volte si arroccano nella loro qualità di ultracompetenti

non c'è il rischio di una nuova aristocrazia
anche se libertaria?


Mah forse meglio un'aristocrazia libertaria di una liberticida... a parte gli scherzi, competenza e conoscenza tendono - da sempre - a stratificare... ma poche volte ho trovato preclusione, quando chiedevo di capire... a patto di voler capire davvero
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ek
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wink.gif Inviato il 15-1-2004 at 17:55
mapuche


Ci siamo conosciuti alla presentazione del libro Popwar mi avevi promesso una risposta su artificiale vs naturale.
A presto
Erika
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carlo
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[*] Inviato il 16-1-2004 at 12:42
rilanciala


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Originariamente scritto da ek
Ci siamo conosciuti alla presentazione del libro Popwar mi avevi promesso una risposta su artificiale vs naturale.
A presto
Erika


certo


rilanciala!!
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Stegul
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[*] Inviato il 18-1-2004 at 07:57


Quota:
Originariamente scritto da ek
Ci siamo conosciuti alla presentazione del libro Popwar mi avevi promesso una risposta su artificiale vs naturale.
A presto
Erika

Sì, ricordo di aver detto di che avrei risposto sul forum ma non ricordo la domanda (scusa, ma l'età che avanza sa essere impietosa)... se me la rilanci sarò felice di dibatterla. Ciao
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tabbia
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biggrin.gif Inviato il 18-1-2004 at 12:09


scusate la latitanza...
mi inserisco rilanciando in modo provocatorio un tema su cui mi sto interrogando questa settimana: il copyright per le opere d'ingegno è auspicabile che venga superato?... come mai il libro popwar ne ha uno?!?...
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Andrea Zummo
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[*] Inviato il 18-1-2004 at 13:27


La mia è forse più una considerazione, che una domanda. Durante l'incontro di martedì scorso riflettevo sul tema "privacy contro sicurezza"... forse non era tanto la questione dell'arbitrio e la limitazione di libertà che i governi si prendono (ha ragione Stefano: la cosa è naturale)... penso al "protocollo" , citato nel libro, con i setti poteri che il governo americano può esercitare in caso di contaminazione da antrace o simili. Se da una parte una cosa del genere è abbastanza comprensibile, dall'altra si potrebbe pensare che, ragionando in questi termini, anche limitazioni più pesanti delle libertà e vere e proprie prevaricazioni coercitive siano tollerate e accettate (penso al caso della tortura di prigionieri per scoprire piani terroristici o alla stessa guerra preventiva)...
Capisco che il discorso sia delicato, ma la consapevolezza esiste? Quanto, in una simile situazione, la rete e le nuove tecnologie sono l'ago della bilancia? E se anche lo fossero, allo stato attuale delle cose mi sembrano ancora un mezzo elitario e un po' bistrattato. Se la partita si gioca su questo campo, occorre preocccuparsene...
Spero di non essere stato troppo contorto.

a presto

Andrea Zummo
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carlo
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[*] Inviato il 18-1-2004 at 15:32
sarebbe bello se riformulassi qui la domanda


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Originariamente scritto da ek
Ci siamo conosciuti alla presentazione del libro Popwar mi avevi promesso una risposta su artificiale vs naturale.
A presto
Erika


te l'avevo promessa io
la risposta

ma aspetto che tu rilanci la questione

a quel punto si potrebbe articolare un bel fronte di discussione
in cui spero possano entrare anche altri

a te
l'input!
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mc
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thumbup.gif Inviato il 18-1-2004 at 18:24


aggiungo altra carne al fuoco...
la domanda che avrei voluto porre ad arianna e stefano:


Il nodo centrale del nostro ragionamento, che perfettamente si incrocia con uno dei passaggi di Popwar è proprio l’accesso alle infrastrutture comunicative, che determina chi e in quale modo può partecipare alla società dell’informazione attuale. Il diritto ai media, più o meno nuovi, diventa diritto alla comunicazione e all’informazione, e diventa, fondamentale per il discorso politico che ci interessa, un importante e necessario diritto/dovere del nuovo cittadino che è , anche, cittadino digitalequali spazi di cittadinanza potrà aprire e quali invece potrebbe e chi potrebbe escludere le la creazione di nuovi spazi di cittadinanza, attraverso le nuove tecnologie, significa davvero creazione di spazi pubblici e democratici.
.

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Stegul
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[*] Inviato il 19-1-2004 at 09:36
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Originariamente scritto da tabbia
scusate la latitanza...
mi inserisco rilanciando in modo provocatorio un tema su cui mi sto interrogando questa settimana: il copyright per le opere d'ingegno è auspicabile che venga superato?... come mai il libro popwar ne ha uno?!?...


Domanda 1: se è retorica e provocatoria in quanto propedeutica alla seconda domanda, è inutile che risponda... se è invece domanda in cerca di risposta, ecco la risposta
quella del libro è (riassumo per chi vuole commentare senza leggerlo): ci sono varie modulazioni di copyright (che arrivano fino al copyleft) - dal Founding Father al Creative Commons fino al no Copyright - che possono fornire strumenti di controllo della distribuzione (attenzione, anche licenze 'aperte' come GNU attuano un controllo delle modalità di distribuzione, per quanto 'liberali') senza gli obbrobri del Mickey Mouse Act... nel caso non si sappia cos'è ...è quello che negli USA ha portato il copyright a 95 anni post mortem per il ‘work on hire’.
Risposta a domanda due: perchè l'editore - che garantisce una distribuzione discreta che per quest'opera volevo e necessitavo - lo richiede... quando possiamo e ne abbiamo voglia arriviamo anche a applicare il copyleft.. ad esempio il libro precedente - Jesus Christ Cyberstar (http://www.jcconline.it) - firmato Arianna Dagnino, edito da Edra su progetto Nomads (la società di consulenza editoriale di cui sono amministratore) è copyleft
Comunque è meglio fare una precisazione, prima che mi ritrovi a dover 'difendere' le posizione NetAttiviste: il libro è una fotografia ragionata (qualcuno particolarmente buono l'ha chiamato ‘studio’) di un fenomeno non particolarmente visibile ma - secondo me che ci ho voluto scrivere un libretto - piuttosto importante... ma i 'fotografi' registrano, non necessariamente approvano/condividono ciò che hanno davanti agli occhi.... chi legge il libro (scusate l'insistenza ma non avrei intenzione di parlare di PopWar senza che questo sia stato almeno sfogliato) non avrà difficoltà a intuire quali sono i passaggi del ragionamento NetAttivista che guardo con una certa simpatia... ma questo non significa che io abbia 'sposato' in toto la causa...
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carlo
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[*] Inviato il 19-1-2004 at 09:50
link all'editore Apogeo


x chi volesse avere qualche info in + sul libro
http://www.apogeonline.com/webzine/2004/01/09/10/200401091001

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Stegul
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[*] Inviato il 19-1-2004 at 10:01
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Originariamente scritto da Andrea Zummo
La mia è forse più una considerazione, che una domanda. Durante l'incontro di martedì scorso riflettevo sul tema "privacy contro sicurezza"... forse non era tanto la questione dell'arbitrio e la limitazione di libertà che i governi si prendono (ha ragione Stefano: la cosa è naturale)... penso al "protocollo" , citato nel libro, con i setti poteri che il governo americano può esercitare in caso di contaminazione da antrace o simili. Se da una parte una cosa del genere è abbastanza comprensibile, dall'altra si potrebbe pensare che, ragionando in questi termini, anche limitazioni più pesanti delle libertà e vere e proprie prevaricazioni coercitive siano tollerate e accettate (penso al caso della tortura di prigionieri per scoprire piani terroristici o alla stessa guerra preventiva)...
Capisco che il discorso sia delicato, ma la consapevolezza esiste? Quanto, in una simile situazione, la rete e le nuove tecnologie sono l'ago della bilancia? E se anche lo fossero, allo stato attuale delle cose mi sembrano ancora un mezzo elitario e un po' bistrattato. Se la partita si gioca su questo campo, occorre preocccuparsene...
Spero di non essere stato troppo contorto.

a presto

Andrea Zummo



Andrea, credo tu abbia centrato il punto: la consapevolezza (e, aggiungerei, un minimo di onestà intellettuale). Dire in astratto: "io non ho niente da nascondere quindi facciano pure (posizione 100% pro-sicurezza)" è superficiale e fuorviante: le raccolte dei dati e le procedure di controllo della popolazione (COMPRESE QUELLE PER LA "DECON", cui fai riferimento tu) per natura si prestano a forzature e distorsioni... soprattutto alla luce delle possibilità di incrocio fra i dati che le tecnologie (che in questo caso sembrerebbero 'nemiche') consentono in misura crescente... dire in astratto: "cosa c***o vuole il sistema da me, lasciatemi in pace" (posizione 100% privacy) è ipocrita a meno che tu non sia oggettivamente e soggettivamente disposto a correre la massima probabilità (non altissima ma di questi tempi tutt'altro che teorica) di rischio di saltare in aria quando prendi una metro o un aereo...
Ribadisco quanto detto nel ns incontro..questo è un campo in cui la negoziazione sarà fondamentale... il trade off (quanto di uno devo sacrificare per avere un pò più dell'altro) è oggettivo, quindi ogni volta che lasci qualcosa (di privacy o sicurezza, indifferentemente) devi essere consapevole di ciò che stai lasciando e di ciò che potresti ottenere in cambio ... solo così la negoziazione ha un senso... aspettare che i governi si auto-limitino non mi sembra saggio... anche perchè aldilà delle innate pulsioni al controllo, i governi hanno fra i loro compiti quello di garantire sicurezza a coloro che sono governati, ci sono ampie fasce sociali che chiedono questo in primis..
Perciò la strada è consapevolezza (da acquisire informandosi, interessandosi, acquisendo in altre parole cognizione di causa, attraverso la Rete e non... lo so costa fatica, è più sempice 'delegare') e poi negoziazione, serrata, dura (ma NON ipocrita) con la controparte (ovvero il governo... considerando che facciamo parte di quel ristretto numero di posti nel mondo dove si esercita la democrazia, tutto sommato è una controparte su cui abbiamo un qualche controllo, no?)
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Andrea Zummo
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[*] Inviato il 19-1-2004 at 15:15


Pienamente d'accordo, Stefano. Qualche perplessità mi resta, comunque; sarà che non ho mai avuto questo gran feeling con i computer e le nuove tecnologie... ma al di là di questo mio problema personale, permangono in me alcuni dubbi. Siamo sicuri che la controparte sia soltanto il governo o i governi? Mi spiego: ammettendo di essere disposti a informarsi, conoscere e poi negoziare e controllare, quanto sono destabilizzanti e fuorvianti alcuni episodi? Del tipo: oggi apro la posta elettronica e trovo due messaggi, uno con mittente sconosciuto, contenuto vuoto e allegato misterioso (e ieri un'altro da un fantomatico mittente olandese!); l'altro che mi metteva in guardia dai rischi della clonazione del cellulare, in caso di chiamate o messaggi da un particolare numero. Ora, io ho l'impressione che tutto ciò non aiuti una coscientizzazione generale, anzi il timore di beccarsi un virus nel computer, per aver abbandonato carta e calamaio, scrivendo le più funzionali e-mail, rischia di essere un deterrente per chiunque voglia spingersi un po' più in là; sono solo buontemponi (o criminali in erba) di risibile importanza, o, più o meno implicitamente, concorrono a peggiorare il clima? Io non sono di quelli che prenderebbero a martellate i pc, ma non mi stupisco di certe forme di scetticismo o totale rifiuto, di fronte a episodi del genere. Magari è solo una mia paranoia, ma qua si parla di cittadinanze digitali, la questione è delicata. D'altra parte la fiducia e l'uso gigantesco di internet (leggevo della campagna elettorale di Howard Dean, probabile candidato democratico alle presidenziali, impostata dando grande importanza al web e lasciando la possibilità ai suoi elettori di sostenerlo finanziariamente attraverso il suo sito; pare che la cosa abbia molto successo, soprattutto, inutile dirlo, tra i più giovani) e delle nuove tecnologie in fatto di comunicazioni (durante l'incontro si parlava della precettazione degli scioperanti a Milano avvenuta attraverso messaggio sul cellulare... a quando l'avviso di garanzia via sms?) farebbero pensare che episodi a cui alludevo prima siano marginali o poco rilevanti. Nel bene o nel male, io me ne preoccupo poco, ma è davvero questa la percezione generale? Se mi dite che sbaglio, smetterò di assilare con queste elucubrazioni (ancora una volta piuttosto contorte) e dormirò più tranquillo.

a presto

Andrea Zummo (Centro Studi Acmos)
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biggrin.gif Inviato il 19-1-2004 at 17:07


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Originariamente scritto da Stegul
Domanda 1: se è retorica e provocatoria in quanto propedeutica alla seconda domanda, è inutile che risponda... se è invece domanda in cerca di risposta, ecco la risposta
quella del libro è (riassumo per chi vuole commentare senza leggerlo): ci sono varie modulazioni di copyright (che arrivano fino al copyleft) - dal Founding Father al Creative Commons fino al no Copyright - che possono fornire strumenti di controllo della distribuzione (attenzione, anche licenze 'aperte' come GNU attuano un controllo delle modalità di distribuzione, per quanto 'liberali') senza gli obbrobri del Mickey Mouse Act... nel caso non si sappia cos'è ...è quello che negli USA ha portato il copyright a 95 anni post mortem per il ‘work on hire’.
Risposta a domanda due: perchè l'editore - che garantisce una distribuzione discreta che per quest'opera volevo e necessitavo - lo richiede... quando possiamo e ne abbiamo voglia arriviamo anche a applicare il copyleft.. ad esempio il libro precedente - Jesus Christ Cyberstar (http://www.jcconline.it) - firmato Arianna Dagnino, edito da Edra su progetto Nomads (la società di consulenza editoriale di cui sono amministratore) è copyleft
Comunque è meglio fare una precisazione, prima che mi ritrovi a dover 'difendere' le posizione NetAttiviste: il libro è una fotografia ragionata (qualcuno particolarmente buono l'ha chiamato ‘studio’) di un fenomeno non particolarmente visibile ma - secondo me che ci ho voluto scrivere un libretto - piuttosto importante... ma i 'fotografi' registrano, non necessariamente approvano/condividono ciò che hanno davanti agli occhi.... chi legge il libro (scusate l'insistenza ma non avrei intenzione di parlare di PopWar senza che questo sia stato almeno sfogliato) non avrà difficoltà a intuire quali sono i passaggi del ragionamento NetAttivista che guardo con una certa simpatia... ma questo non significa che io abbia 'sposato' in toto la causa...


La mia era una riflessione seria e non una provocazione fine a se stessa...
Vogliamo fare un progetto in un istituto superiore sul tema dei nuovi linguaggi e sull'uso delle reti... sarà una community musicale (come pretesto)... stavamo meditando di dare in omaggio ai frequentatori della community cd realizzati attraverso il file sharing... da lì è nata la discussione sulla proprietà intellettuale... quesito che pure avendo letto il libro non trova a nostro avviso una risposta convincente... Possono (ad esempio) le canzonette pop considerarsi patrimonio pubblico e come tali non moralmente vincolabili da proprietà intellettuale... L'entertainment deve essere "di tutti" come le informazioni, le medicine, l'acqua (panem et circenses insomma)... o è giusto che l'artista (o saltimbanco) in questione si veda riconosciuto il suo sforzo secondo leggi di mercato???
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Stegul
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[*] Inviato il 19-1-2004 at 17:45
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Se mi dite che sbaglio, smetterò di assilare con queste elucubrazioni (ancora una volta piuttosto contorte) e dormirò più tranquillo.

Onestamente nessuno può dirti che sbagli... le tecnologie sono comunque foriere di cambiamento e il cambiamento - come insegnano i giapponesi e il loro 'mono-ideogramma' - può essere sia rischio che opportunità....
Certo, si può sempre decidere di non abbracciare il cambiamento..:-(
Ciao
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Stegul
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[*] Inviato il 19-1-2004 at 17:54


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da lì è nata la discussione sulla proprietà intellettuale... quesito che pure avendo letto il libro non trova a nostro avviso una risposta convincente... Possono (ad esempio) le canzonette pop considerarsi patrimonio pubblico e come tali non moralmente vincolabili da proprietà intellettuale... L'entertainment deve essere "di tutti" come le informazioni, le medicine, l'acqua (panem et circenses insomma)... o è giusto che l'artista (o saltimbanco) in questione si veda riconosciuto il suo sforzo secondo leggi di mercato???


Quello che posso dire sull'argomento è scritto da pag 124 a 129 di PopWar... se non convince temo di non poter fare di meglio (altrimenti lo avrei fatto nel libro :-)
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carlo
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[*] Inviato il 22-1-2004 at 18:25
i margini del no-profit


Quota:
[quote
La mia era una riflessione seria e non una provocazione fine a se stessa...
Vogliamo fare un progetto in un istituto superiore sul tema dei nuovi linguaggi e sull'uso delle reti... sarà una community musicale (come pretesto)... stavamo meditando di dare in omaggio ai frequentatori della community cd realizzati attraverso il file sharing... da lì è nata la discussione sulla proprietà intellettuale... quesito che pure avendo letto il libro non trova a nostro avviso una risposta convincente... Possono (ad esempio) le canzonette pop considerarsi patrimonio pubblico e come tali non moralmente vincolabili da proprietà intellettuale... L'entertainment deve essere "di tutti" come le informazioni, le medicine, l'acqua (panem et circenses insomma)... o è giusto che l'artista (o saltimbanco) in questione si veda riconosciuto il suo sforzo secondo leggi di mercato???


<<<
x capire meglio la questione
ti rilancio 2 domande:

i materiali che vuoi utilizzare verranno manipolati-reinventati-campionati?

il cd da produrre sarà in vendita?

esistono ancora dei margini x il no-profit e l'educational entro cui ci si può muovere


<<<
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brisaisa
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[*] Inviato il 26-1-2004 at 15:14


Ciao a tutti!
Trovo che il dibattito e le questioni sollevate nel forum e nell'assemblea di presentazione siano molto interessanti. Io però continuo a essere un po' scettica rigardo alla questione sul copyright...
Non riesco a capire qual è il limite tra libertà e sicurezza... Credo di essere poco abituata a pensare in questi termini...
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