Originariamente scritto da mariateresarogani
MIGRAZIONE : migrare da unospazio fisico ad uno spazio virtuale.
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MIGRAZIONE
come passaggio verso il virtuale...
ecco un passaggio dal mio libro (Performing media 1.1. PRENDETELO AL * PRESTO!)
"Simulare il possibile al di là del reale può servire a capire il reale,
perché creando il possibile si allarga il campo di fenomeni con i quali
mettere alla prova le nostre ipotesi e le nostre teorie sul reale"
Domenico Parisi
La drammaturgia dell'interattività
E' necessario, per me almeno, contestualizzare l'attenzione verso l'avanzamento tecnologico con il desiderio di trovare una misura di nuova
sensibilità capace di tradurlo in opportunità di crescita, politica e poetica.
Per questo voglio delineare l'arco di un'esperienza d'osservazione che dalla radicalità estrema del virtuale possa arrivare alla pratica teatrale di
autori capaci di creare situazioni di percezione condivisa.
Comprendere, dicevo all'inizio, significa fare esperienza insieme. E il teatro può far accadere questo.
Ma di quale teatro sto parlando?
Un teatro che è più dentro che fuori: che riguarda cioè la mia domanda di mondo (della sua trasformazione attraverso l’alterità) spinta da un
desiderio di ricerca interno e alimentata da esperienze esterne che ne sollecitino la percezione.
Forse può essere utile sapere come un critico teatrale come me abbia rilanciato la propria domanda di mondo, migrando dal teatro al virtuale.
Nel 1991 provai per la prima volta un sistema di realtà virtuale immersiva e da allora mi sono reso conto che sarebbe cambiato qualcosa, non solo nel
mio modo di concepire la rappresentazione ma nell'assetto generale del rapporto tra uomo e tecnologie. Non era più solo una questione di macchine da
usare per ottimizzare alcune funzioni ma di ambienti in cui riconfigurare il nostro rapporto con l'idea di mondo possibile. Mi spiego: nella
simulazione virtuale la mia percezione non era più quella su cui avevo fondato i criteri del punto di vista, la coscienza critica e analitica che
valuta e misura.
Non ero più li a osservare. Ero dentro ciò che stavo vedendo.
Uno stato d'animo paradossalmente simile a quello che vivevo nel teatro migliore, quello che cerca, quello che spinge a cercare, che spinge verso
l’alterità: verso l’altro, verso altro.
Ecco perché un critico teatrale come me è rimasto folgorato sulla via di Damasco del virtuale.
Gran parte del mio lavoro pubblicistico, da allora, si concentrò sull'osservazione di questo fenomeno, scrivendo (per La Stampa, per La Repubblica,
dove uscì un mio ampio servizio su Il Venerdì nella primavera del 1992, e per L'Unità), organizzando eventi (il primo a Villa Medici per Mondi
Riflessi, la rassegna video che curavo in quegli anni per il Festival RomaEuropa, dove presentai, per la prima volta in un contesto culturale, un
sistema di realtà virtuale) e convegni (come quello di Torino, nel novembre 1992). Il problema delle realtà virtuali era (oltre ai costi per lo
sviluppo, allora decisamente alti) quel casco stereoscopico che bloccava tutto in un'esperienza di assoluto isolamento solipsistico. Quando provai ad
Ars Electronica di Linz il sistema Cave che permetteva di esplorare ambienti immersivi, permettendo un’azione libera nello spazio, iniziai ad
interrogarmi sull'evoluzione teatrale di queste tecnologie. Il Cave evoca, non a caso, la Caverna di Platone, dove viene posta in essere la
contraddizione tra realtà e illusione, un ambiente in cui lo spettatore si fa attore della propria esperienza sensoriale e cognitiva al contempo.
Altri sistemi virtuali come il Mandala System hanno, con altre procedure meno immersive (sviluppando le intuizioni di Myron Krueger sulla realtà
artificiale >FORUM), reso possibile lo sviluppo dell'interazione tra il corpo e l'ambiente infografico, evolvendo quella condizione che riguarda
l'interattività.
Mentre scrivo nel soggiorno della casa toscana dove si riunisce la famiglia per le vacanze natalizie vedo i miei nipoti (quelli “da zio”, non quelli
“da nonno” a cui dedico il libro, ancora troppo piccoli) giocare con la Playstation, ma questa volta non è la solita partita di calcio: è Eyetoy,, un
vero gioco interattivo in cui la telecamera (collegata via USB alla Playstation 2) ti riprende e ti porta nello schermo, dove puoi interagire con i
vari elementi info-grafici, proprio come il Mandala System.
(...)
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