Il
grande poeta genovese parla della raccolta delle sue opere
appena pubblicata e del rapporto con le nuove tecnologie Sanguineti: "Sms e
chat non distruggono la
poesia" Tra i componimenti anche
uno "contaminato" con gli emoticon DI
ANDREA BEGNINI
GENOVA - "Sono un gatto
lupesco e laido e lieto", così Edoardo Sanguineti si presenta
ai lettori nella nuova raccolta di poesie, appena pubblicata
per Feltrinelli e di fresco premiata con il Premio Bagutta a
Milano. "È un'espressione che deriva da un componimento del
Duecento italiano", racconta il poeta genovese tra lo
scrosciare di tazzine da caffè di un bar sotto i portici del
Carlo Felice e l'insistenza della pioggia che chiude la vista
oltre le vetrine. "Ho scelto 'gatto lupesco' come titolo
del libro perché questo animale di fanta-zoologia di
tradizione medioevale mi rappresenta bene, in modo
divertente". Settantadue anni da compiere nei prossimi giorni,
una carriera accademica conclusa da poco, una produzione
poetica che si può inscrivere tra Laborintus del 1956 e
questa ultima fatica, Sanguineti amplia i suoi gesti con una
sigaretta che non fuma stretta tra le dita: "Il libro è un
contenitore che mette insieme i lavori degli ultimi vent'anni
con in più circa cento pagine di inediti. Le raccolte
precedenti erano esaurite e questa si è rivelata anche
un'ottima occasione per rimetterle in circolazione tutte
insieme".
Il
libro racchiude i meccanismi più intimi della produzione di
Sanguineti, dai travestimenti di poesie celebri di Pascoli e
Catullo alle cartoline, dai componimenti occasionali nella
sezione 'Poesie fuggitive' ai lavori contaminati dagli
emoticon e dei linguaggi delle nuove tecnologie: "Ho adottato
questa soluzione soprattutto nell'ultima poesia del libro, un
modo per fare appello al silenzio. Con gli emoticon ho inteso
concludere un discorso, utilizzando questa scrittura come un
geroglifico che viene a surrogare la parola e a bruciarla, a
consumarla".
Il linguaggio evolve tenendo conto
anche delle nuove tecnologie, ma forse non in modo così
dirompente come potrebbe apparire. "È naturale, una
scrittura che intenda rispecchiare nelle modalità quelli che
sono i processi del tempo, anche in maniera ironica e
polemica, deve essere ricettiva; non dimentichiamoci però che
quando si inventò il telegramma Marinetti disse che sarebbe
morta la sintassi e tale sventura non si è verificata. Il
telegramma è un prodotto utile com'è utile oggi il telefonino,
ma non per questo finiremo tutti a scrivere soltanto con il
linguaggio degli sms".
Lei lavora le sue poesie a
penna e poi con la macchina da scrivere. Forse lo strumento
attraverso il quale ci si esprime è in grado di influenzare il
modo in cui si scrive? "Io penso di sì, prima di tutto
a livello inconscio perché certamente la diversa percezione
fisica dell'oggetto di scrittura è già di per sé una
differenza importante. Dagli occhi l'influenza passa poi a
livello conscio, intervenendo nel lessico, nella sintassi:
adottiamo tutti forme verbali che magari all'inizio ci
infastidiscono, ma poi diventano ovvie e allora entrano nel
nostro consumo. D'altra parte il mio rapporto con la
tecnologia è un po' primitivo, uso i vantaggi della modernità
con una certa pigrizia. Preferisco la macchina da scrivere che
è anche un modo per rielaborare il testo: non sono veloce e,
mentre digito, ho tempo di ripensare a quello che scrivo. È
una mia mitologia quella di arrivare a una scrittura a
macchina che a un certo punto si presenti priva di errori,
quasi un segnale che non ci sono più resistenze interiori alla
forma che intendo imprimere. A volte mi impongo di
ricominciare a scrivere ogni volta che sbaglio, costringendomi
così a una riflessione prolungata, a una disciplina che nella
scrittura poetica si rivela molto utile".
Con
l'e-mail, gli sms e le chat la scrittura sembra avere
riconquistato un ruolo importante nella comunicazione di tutti
i giorni. "Certo questi sono modi efficaci per
relazionarsi, di sicuro però non toglieranno posto alla
lettera e a una scrittura più intima come il diario personale.
I rapporti sono differenti soprattutto perché l'evoluzione
tecnologica impone ritmi frenetici e io avverto i rischi di un
eccesso di rapidità: al telefono che squilla in ogni momento e
a una e-mail cui bisogna rispondere immediatamente; questo è
angosciante e determina un abbassamento nella qualità della
comunicazione".
Non prevede quindi alcuna apocalisse
tecnologica che ci possa fare parlare tutti con il linguaggio
frammentato delle chat e perdere la ricchezza delle idee?
"Dobbiamo considerare i grandi vantaggi che la tecnologia
produce, è inutile avere nostalgie malriposte di un mondo
incontaminato. Cenare a lume di candela sarà anche romantico,
ma non perché non esiste la luce. Anche la cosiddetta
schiavitù della televisione prima era schiavitù del silenzio
per chi era costretto a stare in casa e poteva ascoltare solo
una radiolina sgangherata. Continueremo a comunicare come
siamo abituati, la tecnologia avanza spesso in modo anche
violento ma ha dei limiti interiori. Una volta Brecht ha detto
che un elefante cresce molto, ma non più che un elefante;
voleva fare riferimento al fatto che ci sono dei limiti
naturali intimi alla forma e ai suoi possibili sviluppi.
Certamente ci saranno nuove modalità di estensione del
pensiero tecnologico ma queste devono ancora essere scoperte e
rese sicure. Per quello che vedo ora se avessi un figlio molto
giovane gli concederei di usare i tefonini con videocamere e
tutte le più moderne tecnologie, consigliandogli allo stesso
tempo una certa saggezza. Se fossi io molto giovane userei
tutto questo, probabilmente senza saggezza".
Edoardo
Sanguineti Il gatto lupesco Poesie
(1982-2001) Collana Le Comete Pagine
416 Prezzo: Euro 25
(3 dicembre 2002)
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