Shoppen&Ficken

LA PASTA CON LE SARDE E LA PATATA BOLLITA
Perchè dopo un'ora di spettacolo della compagnia tedesca sono andato via addirittura arrabbiato?
Perchè non basta riprodurre una realtà drammatica per essere drammatici.
Perchè non basta essere dei bravissimi attori per "recitare".
(...)
E infine forse perchè il passaggio percettivo in un solo giorno dallo spettacolo di Del Bono a quello lì è stato troppo negativo: come passare da un piacevolissimo piatto di Pasta con le Sarde alla siciliana ad una patata bollita male, fredda, scondita e di cattiva qualità. (Gianguido P.)

UN' IMPRESSIONE BIANCA
Due muri per appartamento, una squallida moquette blu che presto si sporca di vomito e di briciole, il ronzio di due luci al neon, una passerella-corridoio che distanzia la scomposta struttura della platea dallo zona-teatro.
Più del resto mi sono rimasti impressi i colori e i rumori: una sensazione di freddo e un'impressione bianca.
Parole e gesti che sembrano raggiungere con difficoltà il destinatario, e poi lentezza e violenza (...)
Posso anche ipotizzare che tutto questo sia calcolato, che il regista volesse ricordare la falsità e l'assurdità delle relazioni umane e di una certa sfiga che spesso può intervenire a peggiorare le cose, ed in tal caso l'obbiettivo sarebbe in parte raggiunto. (Marianita P.)

"...Più del resto mi sono rimasti impressi i colori e i rumori..."
DE VIOLENTIA SOCIETATIS
Se sapete la trama di "Shopping & Fucking" di Mark Ravenhill, avrete già colto la crudezza della storia, se avete anche visto lo spettacolo di Ostermeier, avrete colto la violenza con cui la crudezza viene messa in scena.
Tuttavia, a mio parere, il potere della rappresentazione sta nel continuo alternarsi di momenti violenti e momenti quasi comici.
Come detto da Ostermeier, egli si propone e propone ad una generazione di pubblico che, per la prima volta, è cresciuta con la televisione e va a teatro dopo aver sviluppato una coscienza televisiva, e per questo da una parte ha bisogno di velocità e dinamismo in ciò che le viene proposto e dall'altra è in grado di recepire messaggi più complessi (come potete leggere anche voi sul catalogo "DMT-testro").Perciò la violenza che viene così acerbamente messa sul palco non mi scandalizza neanche minimamente e mi chiedo come possa scandalizzare se tutti, al giorno d'oggi, siamo veramente abituati ad un "rumore di fondo" di violenza. (...)

L'analisi fatta da Ravenhill viene così amplificata da Ostermeier e perciò non mi sembra corretto sostenere che alcune "tematiche" dovrebbero rimanere fuori dal teatro, anzi qui il teatro diviene veramente qualcosa di propositivi e interessante. Insomma "Shopping & Fucking" come un DE VIOLENTIA SOCIETATIS, che mi fa riflettere più che indignare. (Michele D.)
LA DISPERATA INERZIA
Forse perché ho visto lo spettacolo tedesco dopo aver vissuto nel viaggio di Delbono; forse perché dopo la censura britannica questo spettacolo è annunciato come l'evento rivelazione dell'anno; forse perché, entrata nel capannone, la scenografia e l'utilizzo dello spazio per la disposizione del pubblico mi fanno presagire un lavoro mozzafiato; forse perché sbaglio, ma dopo pochi minuti la linea dello spettacolo è tracciata: un linguaggio crudo e volgare ,scene che nulla lasciano all'immaginazione, pessime e deprimenti gags, ammiccamenti scontati al pubblico (gli attori, molto bravi e convincenti quasi sempre, imparano 6 parole nella lingua di ogni paese dove recitano oppure è una "fortuna" capitata a noi soli ?!) sono accompagnati ad una sceneggiatura incapace di dire che non permette all'unico messaggio presente "il denaro è civiltà e la civiltà è denaro" di denunciare e di scuotere, lasciando invece tutto e tutti in una sorta di disperata inerzia priva di qualsiasi speranza. forse perche' non ho visto altri spettacoli di questo regista ma, uscita dal capannone, smaltito il distacco cresciuto in me lungo i due lunghi atti mi sono sentita arrabbiata: arrabbiata per le due bambine presenti tra il pubblico, arrabbiata per il naturalismo violento che ha il suo culmine nell'interminabile scena finale di sodomia che mi trascina nella convinzione che la crudezza cosi' esplicita e priva di stilizzazione debba appartenere al video e non al teatro. (Anna B.)
"...il denaro è civiltà e la civiltà è denaro"
"...una sorta di disperata inerzia priva di qualsiasi speranza"
QUEL MURO SPORCO: DIZIONARIO INFAME
Vorrei far notare uno di quei piccoli particolari che rendono grande una esperienza,a proposito di "Shopping & Fucking".
Fin dall'inizio della storia si intuisce che Mark deve essere il "protagonista" della vicenda: egli è quello che compie la prima vera azione, cioè decidere di lasciare l'appartamento, smettere di drogarsi e abbandonare le solite persone. Tuttavia durante lo svolgimento il suo personaggio sfuma nei vari eventi che si intrecciano. Ciò che mi fa però pensare che Mark rimanga per tutta la storia il protagonista è che lui, unico, gioca il ruolo di quello che mette tutto se stesso nel tentativo di liberarsi dalle condizioni imposte dalla società-civiltà. E nel tentativo di fare questo e di esprimere un'idea, un pensiero autonomo, incredibilmente non gli vengono mai in bocca le parole giuste e (è questo il particolare:) per trovare l'ispirazione guarda sempre il muro sporco del suo appartamento, come a dire che il tema in classe sulla vita va scritto con un dizionario infame, quale può essere un muro sporco, simbolo di un contesto degradato.
E' uno di quei gesti talmente piccoli e insignificanti che non possono essere stati buttati lì a caso, che devono essere stati pensati e che per la loro finezza caratterizzano meglio di tante altre cose, un'esperienza. Anzi, oserei dire che la grandezza delle cose a cui assistiamo, sta nei particolari. (Michele D.)
"... non gli vengono mai in bocca le parole giuste"
COME MI VUOI RICORDARE?
Tante, tantissime cose in questo spettacolo, forse troppe. Non so da quale cominciare e non riesco a decidermi se non per un generico giudizio molto positivo. Questo spettacolo è uno scandalo.(...) Voglio inoltre ricordare la bellezza e basta, senza altre spiegazioni, di un particolare momento: la ragazza, Lulù, spezza le scene più pesanti con la leggerezza di una canzone....sullo sfondo sta accadendo qualcosa di drammatico....Comunque coscienti. Comunque partecipi. Si sceglie di ascoltare Lulù come di cambiare canale. Si riprende respiro da un ritmo che lascia spazio solo all'emozione immediata, riso, scandalo. (Rosa D.S.)
COME I TAKE THAT
Altro piccolo particolare : come si 1chiamano i tre giovani protagonisti della storia ?
Mark, Robbie e Gary. Provate ora a pensare come si chiamavano i Take That. Ve lo dico io : Mark, Robbie , Gary e gli altri due! Niente male tre su cinque ! (Michele D.)
IL DITO IN BOCCA
Vorrei far vedere come lungo lo svolgersi della vicenda si sia presentano il tema del ruolo del padre. (...)
Diventa questo un aspetto terribile del racconto: l'incapacità dei padri di inserire i propri figli nel mondo degli adulti, e l'incapacità dei figli di farcela da soli (come Mark tenta) in un mondo violento al quale non si può che reagire con la violenza. (Michele D.)
COMPARARE GLI SGUARDI
Ok, lo spettacolo di Ostermeier lo avevo trattato come la cottura di una cosa cruda. Sembra ovvio.
E lo è. E poi è giusto, e buono, cuocere le cose. Ma dietro questo gioco di parole ci sono le cose. Dei pensieri precisi. Ovvero: la grande aspettativa che era lievitata nell'attesa dell'avvento italiano dello astro teatrale tedesco (dal marginale Baracke all'istituzionale Schaubuhne) lo annunciava come Roba Forte, dura e cruda. Con un finale di allucinante sodomia sin troppo svelato. E' probabilmente questo plusvalore dell'aspettativa associato poi al fatto di aver visto il giorno prima un evento veramente crudo come quello di Del Bono ad aver creato la contraddizione.
Ora rifletto però sulle peculiarità che alcuni ragazzi hanno rilevato, riconoscendo il valore di un teatro che sa giocare, flirtando con intelligenza, con lo standard rappresentativo della Grande Commedia Televisiva Quotidiana. E penso a come Ostermeier sia riuscito a intercettare bene le loro sensibilità. Bene, benissimo, tanto, tantissimo rispetto. Ma penso anche che questo è accaduto a quelli che purtroppo non avevano visto "la via crucis civile" all'Arsenale. E quindi metto a fuoco, per tutti, questa considerazione: quanto è importante comparare gli sguardi teatrali, le emozioni e le informazioni, per cogliere la qualità delle differenze in campo. (Carlo I.)
"...dal marginale Baracke all'istituzionale Schaubuhne"
Ostermeier l'"astro teatrale tedesco"
LO SPECCHIO DEFORMATO
Sono uscita da questo spettacolo fra lo sconvolto, l'eccitato e il disperato.
E devo dire che in una società nella quale si viene costantemente bombardati da immagini, in cui tutto fa spettacolo e tutto deve fare scandalo è raro venire veramente colpiti da qualcosa. Questo mi è successo quella sera. E' stata un'esperienza che, scavalcando il piano della conoscenza, mi ha coinvolto direttamente sul piano della coscienza.
Sebbene qui si parli di realismo raramente credo gli spettatori di questa rappresentazione avranno potuto vivere esperienze analoghe; e tuttavia a me è sembrato che questa estremizzazione ci mostrasse la nostra vita, la nostra società seppure attraverso uno specchio deformato. Ricordo che da piccola sono rimasta folgorata da una scena del film "la Storia Infinita" quando il protagonista deve affrontare la prova più dura che la Sfinge gli impone: deve guardarsi allo specchio. E il lettore vede nello specchio che riflette il protagonista se stesso. Perdonatemi la bassa citazione, ma spero di aver reso l'idea in qualche modo della carica emotiva di questa rappresentazione, soprattutto per il grado di accusa nei confronti della società e in definitiva di noi spettatori tutti.
Non sempre io apprezzo questo bisogno continuo dell'arte oggi di sconvolgere, dare scandalo e disgustare, perché ritengo che ormai sia divenuto una sorta di obbligo, di cliché, non so. Però nonostante questo dubbio che mi rimane aperto sulla possibilità di un'alternativa nella comunicazione, ritengo che in questo spettacolo avessero un loro carattere necessario anche le scene estreme, poiché imprimevano una svolta e aiutavano quel salto tra conoscenza e coscienza di cui dicevo. Tuttavia mi chiedo se a livello personale questa presa di coscienza auspicata dall'autore non rischi di venire rimossa dalla nostra psiche a causa di una violenza eccessiva a cui essa verrebbe sottoposta. (Irene T.)