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          vivo" :il teatro di percezione di Laurie Anderson - Evasione virtuale 
          - Esclamando 
          "...ma è un'evasione virtuale!" Santino Stefanini, condannato 
          a trent'anni di carcere, sollevò Laurie Anderson da un dilemma che la 
          stava inquietando: dov'è il limite tra collaborazione e sfruttamento 
          ?Come fare di un radicale gesto d'arte contemporanea in un'istituzione 
          culturale di lusso come la Fondazione Prada di Milano una performance 
          condivisa e corretta? Come trovare una misura comune di condivisione 
          vitale e culturale, lei e Stefanini, i due protagonisti della performance-installazione?
 Diversi incontri a San Vittore con il detenuto, i volontari e assistenti 
          sociali della casa circondariale e Germano Celant, curatore dell'operazione, 
          hanno così prodotto una tale intensità da rendere plausibile il fatto 
          che un atto pubblico e artistico come "Dal vivo" potesse produrre 
          una profonda riflessione sull'essere dentro o fuori dal mondo, sul corpo 
          e la percezione alterata del tempo.
 Laurie Anderson forte della sua umiltà ingegnosa ed ironica ha trovato 
          la chiave per concepire un ambiente in quanto luogo di meditazione, 
          denso di un'aura da tomba egizia eppure tecnolologico come una possibile 
          macchina del tempo.
 Si entra nel buio, subito s'intravede proiettata dall'alto la pianta 
          architettonica del carcere di San Vittore, come un'introduzione didascalica.
 Camminando sulla sabbia ci s'introduce poi in un grande ambiente con 
          tante figurine vocianti, due decine almeno di cloni della "story-teller" 
          che in simultanea, con un gran vocìo, raccontano storie strampalate 
          che nell'oralità poetica ed incantata di Laurie Anderson ci narrano 
          teneri apologhi minimali.
 Sono delle micro videoproiezioni su statuine di gesso, tridimensionali 
          quindi, piccoli simulacri rituali che svolgono una funzione di "coro", 
          come nelle tragedie greche.
 Da qui, attraversato un corridoio, si accede nella stanza dello spettro 
          telematico: Stefanini viene qui proiettato su una statua a grandezza 
          naturale, è silenzioso, ma si nota il suo respiro. E' un paradossale 
          monumento dal "soffio vitale" che in alcuni momenti viene 
          addirittura proiettato in diretta, attraverso una buona soluzione di 
          teletrasmissione in fibra ottica, una linea dedicata tra San Vittore 
          e la Fondazione Prada. Una telepresenza che altera quindi la percezione 
          del tempo e del corpo in una sorta di "transunstanziazione" 
          che attraverso la virtualità ci interroga sul valore della presenza 
          fisica.
 Quel "corpo magico disincarnato" come lo definisce Laurie 
          Anderson non vive se non nella nostra percezione sollecitata in un'interzona 
          sacrale e laica al contempo. Quel "doppio luminoso" diventa 
          così protagonista di un raffinato teatro di percezione che s'impone 
          come esempio mirabile di performatività umana e tecnologica insieme. 
          Carlo Infante
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